A parlare una delle abitanti dell’edificio che lo scorso inverno, a causa di una frana, è stato invaso da terra e fango. A distanza di quasi un anno nessun intervento, ad eccezione di un “muretto” costruito a ridosso della parete franata. Tra i residenti paura e angoscia per il lungo inverno che li attende
Quello che vi raccontiamo, per iscritto e per immagini, non è di certo uno “scoop” ma, paradossalmente, la “notizia” è forse proprio questa. Sì perché a San Michele, al complesso residenziale Poggio dei Pini, lì dove lo scorso inverno, nel mese di febbraio, la parete rocciosa a ridosso del Lotto A è franata sotto gli occhi increduli e sgomenti dei residenti di quelle palazzine, la situazione non è cambiata di una virgola, anzi è peggiorata. L’eco degli eventi alluvionali di questo piovosissimo mese di ottobre, rimbomba con angoscia anche tra le colline di quella vallata, dove a poche decine di metri si trovano i cantieri, deserti, per la realizzazione degli svincoli autostradali di Giostra e Annunziata.
Si fiuta l’“odore” della paura tra gli edifici, alcuni dei quali abbandonati proprio a seguito dello smottamento; un odore che sa di quella terra ancora bagnata che a stento riesce a trattenersi alle pareti della collina semi-sbriciolata. In due differenti punti, visibili “sfogliando” le immagini di Dino Sturiale presenti su photogallery, si notano strisce di terra completamente prive di vegetazione: nei tratti di strada corrispondenti, quelli cioè della salita che conduce a ‘Poggio dei Pini’, si vedono chiaramente tracce di terra, detriti e fanghiglia “fresca” venuta giù con la pioggia di qualche giorno fa.
Dalla terrazza di uno condomini del Lotto A, in lontananza, si scorge la suggestiva “cartolina” della Falce su cui “veglia” la Madonnina del Porto; alle nostre spalle, invece, un muro di terra, alberi semi-spezzati, rocce che sembrano “brontolare” non appena qualcuno provi a scrutarle con più attenzione: un’immagine che inchioda dalla paura, che fa capire la “piccolezza” umana, in tutte le sue sfaccettature, di fronte alla forza incontrastata della natura. Una sensazione che conosce fin troppo bene la donna che ci apre la porta e che di quella terrazza da cui, contemporaneamente, è possibile vedere inferno e paradiso, è proprietaria. Si chiama Teresa Nava, abita all’ultimo piano, di una delle palazzine di quel lotto: un edificio semi-abbandonato il suo, perché colpito in pieno dalla frana dello scorso inverno che ha letteralmente sommerso le abitazioni di coloro che vivevano ai piani bassi: «Guardate – ci dice indicandoci ciò che rimane del pavimento di una casa che non esiste più (foto2) – quella era la cucina e qui accanto c’era un’altra stanza. L’ammasso di terra che vedete – continua sempre invitandoci a guardare in basso – è venuto giù proprio l’altra sera, perché lo spazio era stato ripulito».
Segni evidenti di come il movimento franoso della collina continui senza sosta, alimentato da piogge che non fanno che appesantire pericolosamente la terra: «L’altra notte – ci spiega ricordando il temporale abbattutosi su Messina nel week-end – non sono riuscita a prendere sonno neanche per un istante. Non potete immaginare cosa voglia dire vivere con l’angoscia che da un momento all’altro possa accadere il peggio, forse l’irrimediabile. Ci sentiamo abbandonati: a parte alcuni interventi effettuati quest’estate per la realizzazione di questo muro di contegno (photogallery) che non serve a nulla, non si è fatto vedere più nessuno, neanche in questi giorni di maltempo. Qui sopra siamo dimenticati da tutti, ma così non possiamo vivere».
Evidenti anche ad occhio nudo i danni che le strutture posizionate a ridosso della collina hanno subito a causa dello smottamento: come si vede chiaramente nelle immagini su photogallery e come ci fa osservare anche la signora Nava, uno dei due blocchi di cemento che compongono l’edificio si è distaccato dall’altro rimanendo fuori “asse”: un dislivello che si nota nello scatto che immortala il parapetto della terrazza dove una parte è più avanti rispetto all’altra. Nessuna sicurezza, nessuna stabilità dunque, solo l’angoscia che quella terra maledetta, all’arrivo del prossimo temporale, venga giù trascinando con sé morte e distruzione.«Il posto dove ci si dovrebbe sentire più al sicuro è la propria casa e invece – ci spiega disperata la signora Nava – ci sentiamo sempre minacciati. Ogni volta che apro la porta della terrazza e osservo quella collina mi sento morire. La gente si domanda come facciamo a stare ancora qui, ma d’altra parte dove dovremmo andare? Non abbiamo altro posto e, ironia della sorte, queste non sono più abitazioni di nostra proprietà perché a seguito del fallimento della ditta, sono state messe all’asta. Non abbiamo ancora finito di pagare il mutuo e dovremmo ricomprare la casa per esserne nuovamente proprietari a tutti gli effetti. E tuttavia, pur avendo i soldi, chi mai si sognerebbe di acquistare un’immobile come questo che oggi c’è e domani non si sa?». “Fatti”, quelli di cui racconta la signora Nava, che affondano le radici nella complessa vicenda giudiziaria riguardante Poggio dei Pini che si trascina ormai da una decina d’anni..
Quel conta però adesso è il presente, un presente difficile da vivere ed un futuro ancor più difficile da immaginare per persone avvilite dai giorni che passano senza che nulla accada. Nonostante le numerose sollecitazioni dei condomini, infatti, l’intera area non è di pertinenza comunale né demaniale e, dunque, l’unico a poter intervenire è il privato proprietario della porzione di terra su cui insistono gli edifici. A confermarcelo anche l’assessore alla protezione civile Fortunato Romano: «Sono stato contattato qualche giorno fa proprio perché ci è stato richiesto un sopralluogo in quella zona ma ho spiegato che i tecnici del comune, pur recandosi sul posto, non hanno margini e potere di intervento. Anzi – continua Romano – l’amministrazione ha il dovere di diffidare il privato che dovrebbe farsi carico dei lavori di messa in sicurezza per la realizzazione di muri di sostegno ed eventualmente segnalare il fatto alla Procura».
La vita dei residenti di ‘Poggio dei Pini’ procede dunque così: tra il silenzio di chi, pur avendo il dovere di intervenire, fa finta di niente, e la speranza che, nonostante tutto, qualcuno accolga le loro richieste d’aiuto prima che sia troppo tardi. Un “Sos” disperato quello che ci rivolge ancora una volta Teresa Nava accompagnandoci alla porta dopo averci fatto vedere in una delle stanze la sua mamma (foto 3): un’anziana donna costretta ormai da diversi anni sulla sedia a rotelle, che trascorre le sue giornate tra il letto e la carrozzina aiutata da un’infermiera: «Avete visto le condizioni di mia madre, se si dovesse verificare il peggio io per sopravvivere dovrei abbandonarla facendola morire soffocata dalla terra e dal fango. E’ una cosa impensabile e crudele». E poi ancora un ultimo appello, ma questa volta la signora non riesce a trattenere le lacrime: «Non ci abbandonate, vi prego, dateci una mano». Parole appena sussurrate che però rimbombano assordanti tra le pericolanti colline di quella vallata: «Non ci abbandonate, vi prego, dateci una mano».
Su photogallery tutti gli scatti di Dino Sturiale
(correlati in basso gli articoli sulla frana dello scorso inverno)
