Il Famedio del Grancamposanto...il “Tempio della In-Fam(i)a”

Il Famedio del Grancamposanto…il “Tempio della In-Fam(i)a”

Redazione

Il Famedio del Grancamposanto…il “Tempio della In-Fam(i)a”

mercoledì 25 Febbraio 2009 - 08:34

Fotografie che testimoniano l' “in-degna” sepoltura che Messina ha dato ai suoi uomini illustri. Dal Famedio al Cenobio, passando attraverso i viali alberati del cimitero monumentale, una realtà “spettrale”.

Famedio. Costruzione destinata alla sepoltura o alla memoria di personaggi illustri, un neologismo coniato nel 1889 dal latino “fama” e “aedes” ovvero “Tempio della Fama”. Anche il cimitero monumentale di Messina vanta il suo famedio dove gelosamente sono custodite le lapidi di celebri personaggi come, La Farina, Cannizzaro, Natoli, Bisazza. Ma così gelosamente che rivolgere il proprio saluto ed una preghiera ad alcuni dei personaggi che hanno fatto grande la storia della città, appare una vera e propria impresa. Badate bene però: la visita diventa complicata non per eccessivi controlli, autorizzazioni necessarie per poter accedere alla zona quasi “off-limits” bensì per motivi esattamente opposti: l’area abbandonata a sé stessa è infatti alla mercè di chiunque, la mancanza di sicurezza regna sovrana in ogni sua forma: strutture poco solide, pareti intrise di umidità, fango e detriti ovunque, lapidi fatte in pezzi dove a stento si riesce a leggere il nome di colui che lì riposa.

Il giro nei dintorni e all’interno del Famedio, guidati dall’obiettivo di Dino Sturiale è lungo e tortuoso, ma procediamo per gradi. Chi avrà voglia e curiosità di cliccare su photogallery e dare uno sguardo all’interno del “Tempio della Fama” o forse sarebbe meglio dire dell’Infamia, avrà davanti agli occhi uno spettacolo decisamente spettrale. Dato il luogo, si potrebbe obiettare, nulla di strano: strano tuttavia è che la soglia di una porta ricavata in una delle pareti (foto1 su photogallery) sia stata ottenuta attraverso il marmo di una lapide dove si intravede tra l’altro anche il nome del “proprietario”; né tantomeno appare normale la “decorazione” della tomba del barone Giuseppe Natoli: la struttura funeraria, infatti, è “arricchita” con fregi che lungi dall’essere frutto di un genio artistico sono invece il risultato di imbrattatori improvvisati che hanno ben pensato di lasciare un “saluto” al povero Natoli: non certo un personaggio qualunque ma uno dei primi ministri del neonato regno d’Italia, alla direzione prima del ministero all’agricoltura durante la presidenza di Cavour, all’istruzione e all’interno durante il governo La Marmora.

Non manca dunque qualche coraggioso “visitatore” che sembra non aver paura di varcare l’entrata dei bui antri del famedio, giusto però per personalizzare un po’ l’ambiente. A condividere il destino -grafico- di Natoli, infatti, anche Giuseppe La Farina “letterato storico politico, apostolo dell’indipendenza” così come inscritto sulla lapide, e il tanto celebrato poeta e letterato Felice Bisazza: per festeggiarne il bicentenario della morte (1809-2009), l’amministrazione che non ha certo dimenticato di organizzare manifestazioni ed eventi, ha però forse scordato, o ricordato di sfuggita, che la tomba dell’illustre uomo di cultura giace abbandonata nell’abbandonato Famedio, in attesa che qualcuno si occupi della sua riqualificazione. Un generale stato di degrado quello che caratterizza il Famedio, uno spazio lasciato alla mercè di chiunque, fuorché dei diretti interessati: cittadini o turisti che durante i loro “tour”, qualora le condizioni fossero diverse, potrebbero far scalo anche tra quei nomi e quei monumenti. Potrebbe, ma così non è. E non lo è perché riuscire a fare un giro tra le stanze in cui sono collocate le lapidi, ivi compresa quella in cui è posizionato l’altare, risulta una missione non da poco. L’acqua piovana che filtra nelle pareti, oltre che rendere l’aria insopportabile per l’inevitabile tanfo di umidità, finisce con il creare, a causa della mancanza di pavimentazione, una fanghiglia da campo da calcetto in terra battuta post-acquazzone. A ciò si aggiunge la presenza di scarti di materiale edile per l’inizio di lavori mai finiti e scarti di altro genere…per la precisione genere umano.

La situazione non va di certo meglio tra i viali alberati del Gran Camposanto, che in alcuni casi ricordano le dissestate strada della circonvallazione con alberi caduti e in questo caso accasciati non sulle macchine ma sulle tombe. Da non dimenticare poi che nei giorni scorsi del cimitero monumentale hanno abbondantemente parlato giornali e tv, a causa di atti vandalici e messe nere che sembrano essere stati consumati all’interno della Confraternita dei Catalani, date le tracce ritrovate da alcuni addetti ai lavori. Pratiche che, così come testimoniano le foto, riguardano gran parte degli spazi più isolati del cimitero, proprio come il “Tempio della fama”. Anche qui infatti le pareti portano i segni di macabre scritte e soprattutto numeri inneggianti a Satana: una scorcio che testimonia la parallela vita notturna che “anima” gli spazi del Cimitero Monumentale.

Proseguendo invece il nostro percorso all’esterno del Famedio, la spianata superiore è un tappeto di lapidi, purtroppo anch’esse maltenute, cui fa da sfondo il maestoso colonnato. Immancabile ovviamente proprio il giro tra le colonne, dove è impossibile non notare le “teste gloriose” di busti monumentali collocati nell’area del Tempio anch’esse abbandonate al loro solitario destino. Una situazione simile quella del Cenobio, struttura in stile gotico dove, secondo tradizione risiedeva il cappellano del Cimitero. Lo storico edificio non risulta al momento accessibile per lavori che dovrebbero mettere definitivamente in sicurezza la struttura: lo spazio circostante è costellato di prestigiosi monumenti funerari la maggior parte dei quali però malridotti ed in pessime condizioni.

Una situazione quella descritta con parole e soprattutto con immagini che forse solo in minima parte rende l’idea delle condizioni in cui, allo stato attuale, si trova ridotta una delle realtà storiche più prestigiose della città. E dunque dove sta la novità? Potrebbe legittimamente obiettare qualcuno, considerando che in più occasioni, storici ed esperti di settore, hanno illustrato pezzo per pezzo il degrado di un realtà che ha alle spalle secoli di storia. Il problema invece è proprio questo: nessuna novità, tutto esattamente come prima, anzi come sempre. E di fronte a tale immobilismo l’unica cosa che rimane da fare è “spolverare” quei celebre busti e quelle celebri lapidi su cui ormai purtroppo è persino difficile scorgere i nomi e cognomi degli illustri personaggi che, in alcuni casi, non hanno neanche più una tomba entro cui potersi rivoltare.

(per visualizzare il reportage completo di Dino Sturiale cliccare su photogallery)

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