Venerdì 25 luglio manifestazione di lavoratori e precari della conoscenza contro i tagli del Governo
Continua l’agitazione contro le disposizioni contenute nel Decreto 112/08. Si terrà venerdì 25 luglio, nell’aula Cannizzaro, al Rettorato, la manifestazione indetta dalla Flc Cgil contro i tagli al settore della conoscenza – università, scuola, ricerca – varati dal governo col decreto 112. La manifestazione che inizierà alle ore 9,30, è stata preparata da una serie di assemblee all’università e al Policlinico, organizzate da Flc insieme alla Nidil Cgil, la categoria dei precari che raggruppa i dottorandi e i ricercatori.
Saranno presenti all’iniziativa il segretario generale della Cgil di Messina, Franco Spanò, Graziamaria Pistorino e Franco Di Renzo della Flc Messina; Giusto Scozzaro, segretario generale Flc Sicilia; la responsabile del compartimento università della Flc nazionale Rita Guariniello e anche il rettore Francesco Tomasello.
«I provvedimenti del governo avviano lo smantellamento delle università pubbliche, quelli accessibili a tutti, figli di milionari e figli di lavoratori con stipendi da 1000 euro al mese – spiega Graziamaria Pistorino-. Inoltre il decreto 112 avrà ricadute pesantissime sul personale precario, cioè i ricercatori e i dottorandi, che invece dovrebbero essere il nostro investimento per il futuro del Paese Italia.»
Nel solo settore università, a detta della Flc, le conseguenze immediate del DDL 112 saranno: la limitazione al 20 % del turn over del personale docente e tecnico-amministrativo, dopo due anni di blocco dei concorsi, per gli anni 2009-2011; drastici tagli al finanziamento pubblico dell’Università; la prospettiva della privatizzazione degli Atenei attraverso la loro trasformazione in Fondazioni; il taglio delle retribuzioni dei docenti e del personale tecnico e amministrativo.
Ancora più gravi, sempre secondo il sindacato, le conseguenze per la scuola. In Sicilia è previsto un taglio di 1000 insegnanti nel solo settore del sostegno. A Messina in particolare si perderà il 10% dei posti con un taglio di 166 cattedre. «Cosa fa il presidente Lombardo per difenderci? -si chiede Pistorino-. Prima i tagli alle scuole e alle università, poi anche gli insulti di Bossi, che non vuole insegnanti meridionali. Venerdì manifesteremo per dire no al Ddl 112 e per difendere la scuola, l’università pubblica e il mondo della ricerca.»
Sulla stessa linea della Flc, il Consiglio del Dipartimento di Storia e Scienze umane della Facoltà di Lettere dell’Università ha comunicato oggi che «nel corso della sua ultima riunione, ha deciso di aderire allo stato di agitazione proclamato da diverse associazioni di docenti universitari a livello nazionale, non escludendo la possibilità di non partecipare agli esami a partire dalla prossima sessione». Si concretizza, almeno in parte, quindi, l’agitazione minacciata da Flc e Nidil in occasione dell’assemblea dei lavoratori della conoscenza di giovedì scorso.
«Il rischio più grave presente nel D.L. 112 – spiega il professore Giuseppe Restifo, portavoce del Dipartimento – non è solo nella decurtazione di stipendi e assunzioni e nei tagli alla ricerca; in realtà è anche, in prospettiva, il puro e semplice affossamento dell’università pubblica.»
Con questa presa di posizione il Dipartimento, diretto dalla professoressa Paola Ricci, ha inteso richiamare l’attenzione di tutti coloro ai quali è affidata la gestione delle istituzioni del nostro paese sui pericoli ai quali vanno incontro le nostre università e le condizioni stesse di quanti vi svolgono il loro lavoro. Nelle ultime settimane, stando alla nota del Dipartimento, per effetto della manovra finanziaria varata dal governo con il D.L. 112 del 25 giugno 2008, la situazione è stata ulteriormente compromessa. Le misure adottate sono gravissime e colpirebbero le università in modo irrimediabile se il decreto venisse convertito in legge.
Il Dipartimento fa anche una lista dei danni provocati dal Ddl 112, qualora fosse convertito in legge. Una lista che è molto più lunga di quella della Flc: «la dotazione del Fondo di finanziamento ordinario viene ulteriormente ridotta impedendo di destinare risorse alla ricerca; il contenimento del turn over del reclutamento viene fissato fino al 2012 nel limite del 20% delle cessazioni dal servizio attivo, impedendo quella programmazione funzionale agli equilibri didattici che lo stesso Ministero aveva richiesto alle facoltà; la possibilità concessa alle università di trasformarsi in fondazioni di diritto privato rischia, nello stato di degrado in cui le stesse università versano, di concretizzarsi in una vera e propria svendita dell’ampio patrimonio immobiliare e mobiliare delle università; il taglio degli scatti di anzianità, che da biennali passano a triennali, incide in modo determinante sul reddito, specie di coloro, come i ricercatori, che sono agli inizi della carriera.»
Misure applicate ad un sistema già abbondantemente sottofinanziato, quello della ricerca, cui viene destinato oggi, un misero 1,1% del Pil a fronte di una media Ocse del 2,6%. E che, a maggior ragione, affosseranno l’Università di Messina e qualsiasi tentativo di farle riguadagnare posizioni nella valutazione di livello nazionale.
«Le istituzioni accademiche e pubbliche, locali e nazionali – conclude la nota -, devono assumersi la responsabilità di una correzione sostanziale di queste misure.»
