«Negli occhi abbiamo ancora la montagna»: parlano gli studenti di Giampilieri

«Negli occhi abbiamo ancora la montagna»: parlano gli studenti di Giampilieri

«Negli occhi abbiamo ancora la montagna»: parlano gli studenti di Giampilieri

martedì 24 Novembre 2009 - 13:57

Alessio, Marco ed Emanuele, studenti iscritti all’istituto Seguenza che questa mattina hanno partecipato al corteo, ci raccontano il “loro” 1 ottobre…

«Io vorrei fare l’ingegnere elettronico, io il medico, io ancora non lo so». Sono i sogni, i desideri, le speranze di Alessio, Marco ed Emanuele, 15 anni, studenti dell’istituto Seguenza iscritti al secondo anno. Anche loro oggi hanno partecipato al manifestazione organizzata per protestare contro la bocciatura dell’emendamento alla finanziaria. Ragazzi come tanti ma al tempo stesso “diversi”, perché loro negli occhi, nel cuore e nella mente hanno impressa un’immagine che non dimenticheranno mai e che segnerà per sempre il futuro: la montagna assassina che frana e che con sé trascina morte e distruzione. Loro sono tre ragazzi di Giampilieri.

Li incontriamo per caso fra i tanti presenti alla passeggiata, seduti l’uno vicino all’altro con ai piedi uno striscione con su scritto vergogna: un’indignazione, quella provata nei confronti di chi sta ai “piani alti” che per loro è più forte di quella dei compagni di classe. Hanno tanto da dire, da raccontare, da spiegare, decidiamo di sedergli accanto per parlare mentre gli altri ragazzi intonano i cori di protesta. «Quella di oggi secondo noi è una manifestazione importantissima – spiega Marco parlando a nome di tutti e tre – e non lo diciamo perché è stata un’occasione buona per non andare a scuola, ma perché noi che abbiamo vissuto sulla nostra pelle quella nottata, sappiamo bene cosa significa e soprattutto siamo consapevoli che da soli non ce la possiamo fare. E’ necessario che il governo ci aiuti».

Sono ancora dei ragazzi, è vero, ma le loro parole sono quelle di chi, aldilà dell’età anagrafica, porta sulle spalle un peso fin troppo grande. «Casa mia si trovava in una zona diversa da quella in cui c’è stata la frana – interviene Alessio – ma per il momento con la mia famiglia ci siamo spostati a Giampilieri Marina perché ci sentiamo più sicuri. I nostri genitori – afferma tornando a parlare a nome di tutti gli amici Marco – da soli non ce la possono fare, le loro attività sono ancora bloccate». Frasi che in questi giorni sono state pronunciate a più riprese fra le tante testimonianze raccolte a chi ancora soggiorna nelle strutture alberghiere, problemi di certo non nuovi ma che tuttavia assumono un significato diverso, più profondo, se a pronunciarle sono loro, i ragazzi di Giampilieri, che parlano e raccontano senza filtri; forse lo fanno anche “ripetendo” quando ascoltato nelle ultime settimane a casa, tra gli amici, nelle riunioni dei vai comitati, ma è lo sguardo di chi ha la forza di ricominciare a rendere diverse quelle frasi.

Spiegano la paura che ancora è presente negli sguardi dei compaesani, soprattutto dei nonni, dei vecchietti che ormai hanno persino paura della pioggia: «Tanti amici non sono più quelli di prima, hanno terrore di ogni cosa, appena inizia a piovere vogliono scappare via. Noi ragazzi siamo più forti ma per loro è tutto più complicato». La notte della tragedia i tre giovani, amici prima ancora che compagni di classe, si trovavano a casa ma affermano di aver capito subito che la situazione era più grave di quanto si potesse immaginare: «Ho cercato di mettermi immediatamente in contatto con Alessio – ci racconta Marco – ma la linea era in tilt, a quel punto ho capito tutto». Un “tutto” che racchiude la cronaca di oltre un mese di drammi, difficoltà, problemi diventati ormai per gli abitanti di Messina sud, giovani e meno giovani, quotidianità.

Una discussione informale, “tra ragazzi”, quella che ci ha permesso di raccontare altre storie, storie diverse ma al tempo stesso simili, storie di una vita normale che si spera di riconquistare. Ma sui volti di questi ragazzi il sorriso non manca, perché loro, a differenza di amici e parenti, sono sopravvissuti e basta questo a far vedere le cose sotto un’altra prospettiva, migliore. Stiamo per salutarci, uno di loro mi chiede dove potranno leggere l’intervista, gli rispondo: «Tempostretto.it, quotidiano on-line», annuiscono tutti, tranne uno che replica: «Io non ho internet perché non ho più il computer»…ma nel pronunciare queste parole sorride, perché lui ce l’ha fatta.

(foto Dino Sturiale)

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