Parla il papà di Mirko: «Lo tenevo io per mano quando l'auto ci ha investito»

Parla il papà di Mirko: «Lo tenevo io per mano quando l’auto ci ha investito»

Parla il papà di Mirko: «Lo tenevo io per mano quando l’auto ci ha investito»

mercoledì 04 Novembre 2009 - 14:56

«Mirko era intelligente e vivace - dice il genitore - e non ha mai chiesto l'elemosina. Adesso vogliamo la verità sulla sua morte»

Per la prima volta parlano Vasle Vasile, 39 anni e Mia Liana Grigore, 38, i genitori di Mirko, il bimbo rumeno morto dopo essere stato investito da un’auto domenica mattina in via Santa Cecilia. Jeans, giubbotto e cappello di stoffa lui; pantofole, ampia gonna lunga, maglione nero e fazzoletto in testa lei. Aspettano notizie dalla Procura per poter riavere il corpo del bambino e celebrare il funerale. Sguardo perso nel vuoto e tanti parenti attorno, si aggirano smarriti per i corridoi di Palazzo di Giustizia. Mia Liana è silenziosa mentre Vasle di tanto in tanto scambia qualche parola con gli altri figli. Gliene sono rimasti tre di 19, 15 e 13 anni ma Mirko, il più piccolo di tutti, aveva qualcosa di speciale: «Era intelligente e sempre allegro – dice il padre – gli piaceva giocare con i coetanei ma era molto giudizioso e non mi ha mai dato pensieri. Noi siamo arrivati cinque anni fa da Alberita, un piccolo centro della Romania ma Mirko è nato qui a Messina. Era un cittadino italiano ed il 14 novembre avrebbe compiuto 5 anni. A lui piaceva molto vivere qua e del resto ormai questo era il suo Paese».

Cosa è successo domenica mattina?

«E’ successa la tragedia più grande che possa capitare ad un genitore. Io, mia moglie e Mirko eravamo stati al supermercato a fare un po’ di spesa. Stavamo tornando al campo di via Don Blasco dove viviamo ed arrivati all’incrocio con la via Natoli abbiamo visto arrivare l’auto proprio mentre stavamo attraversando la strada. La signora stava girando verso via Natoli ma ho capito subito che stava accadendo qualcosa. Ho dato una spinta a mia moglie ed ho evitato che venisse centrata. Invece per Mirko non c’è stato niente da fare. E’ stato colpito in pieno dalla macchina ed è stramazzato sull’asfalto. E non è vero che fosse da solo. Mirko lo tenevo io per mano come facevo ogni volta che attraversavamo la strada. E’ stata la macchina a venirci addosso».

E poi cos’è successo?

«Abbiamo trasportato Mirko al Piemonte e pensavamo che l’avrebbero ricoverato. Invece dopo un po’ un medico ha preso in disparte mio fratello e gli ha detto: “Guardi che il bambino non ce la fa. Lo portiamo al Papardo e poi da lì a Catania in elicottero”. E così è stato fatto ma forse Mirko andava operato subito, senza perdere tempo».

Vi hanno detto che lo portavano a Catania perché non c’erano posti negli ospedali cittadini?

«No, assolutamente. Nessuno ci ha detto niente di questa storia dei posti. Ci hanno solo detto che il bambino era grave e doveva essere trasportato a Catania. Abbiamo saputo solo dai giornali e dalla televisione che c’era un problema di posti in rianimazione».

Lei è più riuscito a parlare con Mirko?

«No, purtroppo. Al Piemonte non era in condizione di farlo e quando siamo arrivati in auto a Catania lui era già morto».

Molti vi hanno accusato di non curare molto i vostri figli e di utilizzarli per chiedere l’elemosina ai semafori. Lo faceva anche Mirko?

«Assolutamente, non ha mai fatto una cosa del genere. Mirko stava al campo con gli altri bambini e qualche volta usciva con me. Noi teniamo moltissimo ai nostri figli anche se siamo poveri e spesso non abbiamo di che vivere».

Allora come riuscite a mantenervi?

«Io raccolgo ferro vecchio e poi lo rivendo. Giro tutta la città in bicicletta dall’alba fino a sera e così riesco a racimolare qualcosa per mangiare. Guardi, ho le mani gonfie e piene di calli e tagli, per quanto lavoro. I miei figli più grandi mi danno una mano ma nessuno di noi ha mai chiesto l’elemosina. E Mirko era seguito e benvoluto proprio come fate voi italiani con i vostri figli».

Adesso cosa vi aspettate?

«Dopo la morte di un figlio cosa ci si può più aspettare! Vogliamo sapere se Mirko si poteva salvare, questo si,e poi vorremmo riavere il corpo per dargli una degna sepoltura».

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