Quante anomalie nella disastrata Atm: ecco perché non quadrano i conti dell’azienda

Quante anomalie nella disastrata Atm: ecco perché non quadrano i conti dell’azienda

Quante anomalie nella disastrata Atm: ecco perché non quadrano i conti dell’azienda

martedì 15 Giugno 2010 - 22:23

Per anni è esistita una contabilità parallela a quella ufficiale, di natura “privatistica” e fuori dai vincoli previsti dalla legge. E Cavallotti e gratta e sosta, anziché fonti di reddito, hanno causato solo perdite. Le rivelazioni choc degli ex consulenti Saja e Cama: «Azienda gestita in modo “familiare”»

«I danni finanziari e le incertezze sono da attribuirsi ad una non regolare gestione finanziaria degli esercizi 2008 e precedenti». La “sentenza” sulla squinternata azienda trasporti di Messina è firmata dagli ex consulenti contabili del commissario Cristofaro La Corte, Gaetano Saja e Antonino Cama. I quali in una relazione fotografano alcune delle “stranezze” di un Atm dove l’unica regola, negli anni, è stata: non ci sono regole. O meglio, quelle che c’erano presentavano contorni fumosi e discutibili. Soprattutto dal punto di vista contabile. Un esempio: il bilancio previsionale 2009. Scrivono Saja e Cama: «Sebbene contenesse autorizzazioni per le entrate e limitazioni per le uscite, l’andamento gestionale delle attività contabili ha ritenuto di non adeguarsi a tali principi di contabilità pubblica, d’altra parte imposta dalla legge». Un assunto che viene confermato dal fatto che «molte fatture presentate all’azienda da ditte relative alla fornitura di beni risultano prive del relativo atto amministrativo che ne autorizza la fornitura e la necessaria attestazione di copertura finanziaria». Per questo, e non solo per questo, i due ex consulenti parlano di «conduzione finanziaria di tipo “familiare”, non conforme alle disposizioni legislative vigenti in materia di finanza pubblica».

Affermazioni pesanti, pesantissime. Alle quali se ne aggiungono altre, che lasciano di stucco. Da Saja e Cama, infatti, veniamo a sapere che «l’Atm per anni si è avvalsa di due sistemi contabili di cui il primo, legittimato da specifiche disposizioni legislative oltre che contabilmente corretto, gestito dalla Banca Nazionale del Lavoro, mentre il secondo, affidato alla Banca Antonello da Messina, che di fatto ha trattato fatti di gestione dell’azienda, “svincolandoli” dalle limitazioni o autorizzazioni imposte dalle vigenti leggi in materia di finanza locale e, quindi, improntato su principi di contabilità privatistica». Insomma, una contabilità parallela a quella ufficiale, «una forma gestionale che negli enti pubblici e nelle aziende speciali che gestiscono denaro prevalentemente pubblico è severamente vietata». Incredibile. Solo su disposizione del direttore generale Claudio Conte il conto alla Banca Antonello è stato chiuso nell’agosto 2009, ma per anni quello stesso conto, intestato all’Atm, «è stato alimentato dai versamenti effettuati dall’azienda stessa utilizzando gli introiti che, negli anni, si sono realizzati nella gestione relativa alla vendita dei “gratta e sosta” nonché dagli indebitamenti relativi ai debiti pagati, per conto dell’azienda stessa, con emissione di assegni bancari, senza che quest’ultima emettesse né le relative riversali per gli introiti, né i relativi mandati».

CAVALLOTTI E GRATTA E SOSTA: DA POTENZIALI RENDITE E FORTI PERDITE

Lo specchio di cosa poteva essere e cosa è stata l’Atm in questi anni è rappresentata da due potenziali fonti di reddito, trasformatesi in effettive cause di perdite. Si tratta del Cavallotti e della sosta a pagamento. Impressionano, in particolare, i dati sul parcheggio multipiano di via I Settembre. Che dal 2004 al 2008 ha provocato perdite per oltre 900 mila euro. In particolare nel 2005 e nel 2006 la gestione del Cavallotti ha generato un passivo rispettivamente di 220 mila e 223 mila euro. Il massimo incasso risale al 2005, quando nelle casse dell’Atm sono finiti quasi 119 mila euro, a fronte però di costi per 339 mila euro. Un disastro, insomma, anche se per il 2008 (quando i ricavi hanno raggiunto appena quota 14 mila euro) viene precisato che il parcheggio è rimasto inagibile per i primi otto mesi dell’anno a causa dei lavori di ristrutturazione.

Da pollice verso anche la sosta a pagamento, voce della quale stupisce in particolare il trend inesorabile che ha portato da un attivo di 329 mila euro nel 2005 ad un passivo di addirittura 513 mila euro nel 2008, quando a fronte di ricavi per 2 milioni 505 mila euro ci sono stati costi per 3 milioni 18 mila euro, il triplo di quanto il servizio costava nel 2005. Va detto che in quell’anno l’attività dei gratta e sosta partì con un periodo di addestramento del personale che abbatté i costi. Resta il fatto che con ben 131 ausiliari del traffico in pianta organica, coprire i costi del personale sarebbe già tanto. A questo va aggiunto che una delibera del Comune del 2006 stabiliva di trasferire all’azienda la quota correlata ai proventi effettivamente incassati relativi alle contravvenzioni per i gratta e sosta. Somme mai pervenute in via La Farina.

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