Il rogo di Patti un anno dopo: nessun responsabile e tanto dolore

Il rogo di Patti un anno dopo: nessun responsabile e tanto dolore

Il rogo di Patti un anno dopo: nessun responsabile e tanto dolore

giovedì 21 Agosto 2008 - 20:48

Per i sei morti all'agriturismo -Il rifugio del falco- le indagini non hanno individuato alcuna responsabilità

Un anno è trascorso e sembra che il tempo si sia fermato. A pensarci oggi sembra di respirare ancora l’odore acre del fumo, di ascoltare le invocazioni di aiuto e i pianti dei sopravvissuti, di vedere la pioggia di cenere ed il fuoco assassino spargersi sulle colline. E i soccorritori che si muovevano in un’ atmosfera irreale, da apocalisse mentre i bollettini medici di ora in ora rendevano sempre più tremendo il bilancio della tragedia. Al “Rifugio del falco-, agriturismo adagiato sui monti di contrada Litto di Patti, sei persone morirono per le conseguenze di un incendio quasi certamente appiccato da una mano assassina.

Quel 22 agosto al “Rifugio- era un giorno particolare. Si festeggiava il cinquantaduesimo compleanno di Matteo Cucinotta, sindacalista della CGIL da sempre in prima linea nella difficile lotta per la sicurezza nei posti di lavoro. Proprio lui quel giorno vide bruciare sotto i suoi occhi alcuni dipendenti dell’agriturismo, oltre ai suoi familiari. Lui, che tante volte si era battuto perché gli ambienti di lavoro spesso ignorano la sicurezza di chi vi opera, certamente avrebbe avuto da ridire sulle vie di fuga del “Rifugio del falco- e sulle sterpaglie che circondavano l’agriturismo. Ma quel giorno c’era da festeggiare una data speciale e Matteo aveva tranquillizzato anche la moglie Lucia. Lei si era lamentata perché da giorni la Sicilia bruciava sotto i colpi di piromani senza scrupoli. Quella struttura circondata dai boschi non la convinceva. Ma Matteo era stato irremovibile: “Il posto è bellissimo e si mangia bene. Trascorreremo una splendida giornata-. Per l’occasione era giunto da Milano il fratello Costantino con la figlia quattordicenne Francesca ma l’intera famiglia si era stretta attorno a Matteo come per un presentimento. La giornata calda, resa ancor più afosa dal vento di scirocco, già dal mattino aveva dato il suo preavviso. Il fuoco aveva cominciato l’opera distruttiva su alcuni versanti dei Nebrodi. Poi nel primo pomeriggio la tragedia. Intorno alle 16 le fiamme cominciano a circondare il “Rifugio del falco-. La famiglia Cucinotta ha appena finito di pranzare e cerca di affrettare i tempi per raggiungere le auto. Matteo si attarda nel locale per saldare il conto ma il fuoco raggiunge l’agriturismo. La figlia Valeria lo chiama più volte, grida, lo invita a sbrigarsi perché ormai il fuoco ha raggiunto l’unica stradina sterrata che conduce all’uscita. Pochi secondi e scoppia il finimondo. Le fiamme, alimentate dal vento, inghiottiscono le colline a ridosso dell’agriturismo e la piccola strada d’uscita. Gli avventori si precipitano in macchina, cercano di fuggire ma finiscono con ostacolarsi l’un con l’altro. Le lingue di fuoco ghermiscono le auto, alcune finiscono nella scarpata. Matteo e la figlia Valeria riescono a fuggire a piedi e nella corsa scorgono per terra, fra i bagliori delle fiamme, alcuni corpi carbonizzati ma non possono riconoscerli. Uno, lo sapranno dopo, è quello di Costantino Cucinotta, 51 anni, diventato una torcia umana e morto mentre cercava una fuga impossibile. La moglie di Matteo, Lucia Natoli, rimane gravemente ustionata e morirà di lì a poco in ospedale. Matteo e Valeria sono i primi a dare l’allarme per quanto anche loro portino addosso i segni lasciati dalle fiamme.

Intanto nel “Rifugio “ è l’inferno. Alcuni dipendenti restano intrappolati nella struttura circondata dal fuoco. Muoiono una dipendente della segreteria, Pina Scafidi, 21 anni ed il cuoco Giuseppe Bonpensiero, 38 anni, spirato il 28 agosto dopo una settimana di agonia. Il 30 agosto muore al Policlinico anche la suocera di Matteo Cucinotta, la 88enne Barberina Maffolini che aveva riportato ustioni sul 27% del corpo. Le vittime salgono a cinque e sembra già un bilancio spaventoso. Valeria, dopo il ricovero al Policlinico, si riprende lentamente ed assiste il padre ricoverato al Cardarelli di Napoli. La ripresa del sindacalista è lenta ma costante. Si parla già delle dimissioni dall’ospedale e del ritorno a Messina. Poi improvvisamente il quadro clinico si complica. Matteo Cucinotta non supera l’ultima crisi e muore a fine ottobre. Le vittime del rogo di Patti salgono a sei, un bilancio che rende questa la più grande tragedia italiana dovuta ad un incendio doloso di boschi.

Il giorno del suo funerale in Cattedrale, davanti a poche autorità e molta gente comune, si invocano giustizia e verità in nome delle sei vittime.

Purtroppo l’inchiesta della magistratura di Patti, almeno fino a questo momento, non ha fornito le risposte sperate. Finora, per l’incendio dell’agriturismo di contrada Litto, non vi sono ancora dei responsabili. Una speranza si era accesa poche ore dopo la tragedia. La Procura di Patti aprì un fascicolo seguito in prima persona dal procuratore capo Roberto Saieva e dal pm Gaetano Scollo. Polizia e Carabinieri, dopo aver fermato alcuni sospettati, arrestarono due pastori del luogo, i fratelli Valerio e Mariano Lamancusa, rispettivamente di 31 e 32 anni, proprietari di alcuni appezzamenti di terreno nella vicina frazione San Cosimo. Secondo alcuni testimoni la loro auto transitò in contrada Litto pochi istanti prima che le fiamme divampassero attorno al “Rifugio del falco-. Sull’utilitaria gli investigatori trovarono delle bottiglie di plastica e dei fiammiferi che avrebbero rappresentato la prova della loro colpevolezza. I due fratelli si dichiarano innocenti e respingono l’etichetta di “piromani assassini- che gli viene affibbiata. Finiscono in carcere ma quasi subito il Tribunale della Libertà scarcera Mariano Lamancusa. Le prove a suo carico non convincono i giudici del riesame.

Ma i colpi di scena non sono finiti perché il 21 febbraio una perizia tecnica scagiona completamente i due principali indiziati e assolve i responsabili dei soccorsi stabilendo che non potevano fare di più. Dopo sei mesi di indagini la Corte di Cassazione ha dato ragione all’avvocato Tommaso Calderone, difensore dei fratelli Mariano e Valerio Lamancusa.

La Cassazione stabilisce che i due pastori non andavano arrestati. Stessa conclusione a cui era arrivato il Tribunale della Libertà di Patti, qualche giorno prima, scarcerando Valerio Lamancusa, rimasto dietro le sbarre per 5 mesi più altri 20 giorni ai domiciliari. Secondo i giudici del Riesame, non ci sono elementi per collegare direttamente il rogo sviluppatosi nel luogo dove sono stati avvistati i pastori e quello che, propagandosi, ha avviluppato l’agriturismo.

La perizia, affidata dal Gip Onofrio Laudadio al professor Giovanni Bovio dell’Università di Torino, ha inoltre scritto la parola fine sulle polemiche che hanno riguardato i soccorsi sostenendo che è stato fatto tutto ciò che era possibile fare sia prima che dopo che il fuoco raggiungesse il -Rifugio del Falco-. Da allora l’inchiesta sullo spaventoso rogo di Patti si è fermata. Per quei sei morti innocenti nessuno ha pagato e forse nessuno pagherà mai.

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