A distanza di ventinove giorni Enzo Sindoni (nella foto) torna libero. Il sindaco di Capo d’Orlando era stato arrestato lo scorso 18 aprile in seguito agli sviluppi di un’inchiesta che lo avrebbe visto coinvolto in alcune truffe perpetrate ai danni della UE.
All’indomani della scarcerazione è lo stesso Sindoni a parlare della vicenda che lo ha visto protagonista.
“La produzione di due documenti in possesso della pubblica amministrazione dal gennaio 2007, l’audizione nelle scorse ore di un funzionario dell’Agea ed il conseguente interrogatorio di ieri, mi
permettono dopo ventinove giorni di custodia cautelare, di tornare ad essere un uomo libero. Ho immediatamente ripreso le mie funzioni di Sindaco di Capo d’Orlando per recuperare il tempo perduto dal momento nel quale sono stato strappato alla mia vita, ma il mio primo pensiero è per Antonio Librizzi al quale dedico la fine di questa vicenda. Poi i ringraziamenti che ho nel cuore: alla mia famiglia, agli avvocati Occhiuto, Americanelli e Randazzo, ai miei amici, a tutti coloro che con un gesto od un pensiero mi sono stati vicini ed a quei giornalisti che, dopo la gogna mediatica alla quale sono stato esposto, daranno spazio a questa notizia.
Il Presidente della Repubblica ha di recente invitato ad evitare protagonismi nell’attività giudiziaria. Credo che leggere il comunicato stampa che ha accompagnato il mio spettacolare arresto, alla luce dell’invito del Capo dello Stato, porterebbe a modificarne il nome datogli da -Operazione Orange- ad -Operazione Red- perché chi lo ha scritto, per quanto mi riguarda, dovrebbe arrossire.
Dico questo senza rancore, sentimento che non mi appartiene, e senza paura di ritorsioni (ulteriori?), ma la mia dignità non ha prezzo. Per questo ritengo mio diritto evidenziare alcuni fatti, a partire dal -sequestro di centinaia di fatture- indicato nel comunicato stampa: il numero delle fatture a me sequestrato è ZERO. Che dire poi dei milioni di euro di contributi derivanti dai terreni oggetto di indagine: la quantità di euro percepiti dalla mia azienda in relazione a detti terreni è ZERO, perché ZERO è l’entità delle somme richieste.
Quando a maggio dell’anno scorso mi venne chiesto dalla Guardia di Finanza di Siracusa se due soggetti avessero mai percepito tramite l’associazione che presiedevo, somme o contributi, risposi e documentai che ciò non era mai accaduto. Per essere chiari: nessun acquisto, nessun pagamento, nessun contributo: NIENTE DI NIENTE!
Nell’informativa che ne seguì però, l’inesistenza anche di un solo documento che potesse avvalorare l’ipotesi degli investigatori, invece di portare ad escludere il mio coinvolgimento, diventa fragile base per difendere una congettura che non sta in piedi. Nel documento trasmesso al magistrato si sommano falsità a strumentali posposizioni temporali di fatti e vengono omessi atti utili a dimostrare la mia estraneità ai fatti. Non sta a me dire perché questo sia accaduto, ma sono certo che ciò ha determinato il mio arresto. Altrettanto drammatico, sebbene inevitabile, è che i tempi necessari a convocare un funzionario e ad ottenere la documentazione che le indagini avrebbero potuto autonomamente rilevare, e che consente la mia scarcerazione, abbia richiesto alcune settimane.
Avere rinunziato a ricorrere al Tribunale della Libertà di Catania è stato determinato dalla volontà di contribuire ad un auspicato rapido e completo accertamento di fatti ai quali sono totalmente estraneo. La revoca del mio arresto firmata dal GIP che l’aveva disposto, col parere favorevole del PM, che l’aveva richiesto, dimostra la fondatezza di tale scelta.
Trovo comunque ingiusto che un uomo possa essere privato della libertà senza che ciò sia assolutamente necessario, considerato che gli elementi grazie ai quali mi è stata restituita la libertà, sarebbero stati disponibili da oltre un anno se solo qualcuno, prima di arrestarmi, li avesse richiesti-.
