Il paradosso: personale in eccesso, ma custodi insufficienti
«Se il presidente Lombardo e l’assessore Antinoro ritengono di non saper far diventare i nostri beni culturali moltiplicatore di sviluppo e che i privati farebbero certo meglio di loro, forse è il caso che pensino a cambiare mestiere». Così Lillo Oceano, segretario generale della Fp Messina e Clara Crocè, responsabile per il settore Beni culturali, commentano la proposta di privatizzazione dei principali siti archeologici siciliani lanciata in questi giorni dal governo.
La situazione del settore, pochi custodi di ruolo, ma una marea di ex LSU impiegati con mansioni generiche, è stata denunciata dal sindacato in diverse occasioni. Nella sola provincia di Messina gli ex LSU che lavorano nei beni archeologici sono 129, pagati per fare pochissimo, mentre i musei e i siti sono aperti solo mezza giornata per carenza di custodi. Nel luglio scorso, si ricorderà, la protesta portò anche al picchettamento dello spettacolo di Fiorello al teatro greco di Taormina. Ma in un anno non si sono registrati passi avanti nella riorganizzazione della pianta organica.
La proposta di affidare i siti ai privati, lanciata pochi giorni fa dal presidente Raffaele Lombardo, sembra ignorare questo problema ormai incancrenito: «Il personale ci sarebbe – sottolineano Oceano e Crocè -, le risorse pure ma da decenni tutto è immobile e in stato di abbandono, quasi si volesse preparare la strada ai privati. Adesso, si parla di grandi imprenditori, di cordate, ma la sensazione è che si vogliano solo fare affari a spese dei contribuenti. Chi pagherebbe il personale attuale? E la manutenzione dei siti, a chi spetterebbe? Come sempre finirà che alla Regione e quindi ai siciliani resteranno in carico i costi, e ai privati gli utili-».
La Fp Cgil di Messina chiede al governo regionale un confronto sulla situazione e sulla gestione dei siti della provincia e, in assenza di risposte e chiarimenti sull’ipotesi di affidamento a privati, preannuncia nuove iniziative di lotta e protesta.
