A Torre Faro recuperati i “cannoni di Garibaldi”

A Torre Faro recuperati i “cannoni di Garibaldi”

A Torre Faro recuperati i “cannoni di Garibaldi”

giovedì 28 Gennaio 2010 - 15:13

Saranno sottoposti a restauro nelle officine dell’Arsenale in vista della creazione di un polo museale a Faro per il 2011

Sono stati recuperati stamani i cannoni interrati di Capo Peloro. I reperti sono stati trasportati nelle officine dell’Arsenale militare dove saranno sottoposti al restauro in vista di una moderna sistemazione in un polo museale a Faro per il 2011, centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia. Il recupero dei cannoni è stato curato da personale del Comune di Messina, con la supervisione della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali, presenti anche per il supporto specialistico unità della Capitaneria di Porto, dell’Arsenale Militare e della Brigata Meccanizzata “Aosta”. I tre cannoni sono comunemente conosciuti come i “cannoni di Garibaldi”, attribuendo la loro presenza al campo allestito a Faro dalle truppe garibaldine difeso con numerosi cannoni posti in batteria, per la testa di ponte per lo sbarco dei Mille in Calabria.

Lo Stretto durante la spedizione garibaldina era pattugliato dalla flotta borbonica ed erano presenti anche navi da guerra francesi, inglesi e sarde. Dal sopralluogo effettuato nel maggio del 2007, dalla Soprintendenza del Mare, è stato valutato che si tratta di cannoni ad avancarica, databili presumibilmente tra il XVIII e il XIX secolo, non ulteriormente identificabili sulla base delle porzioni visibili. In passato furono utilizzati come bitte d’ormeggio per imbarcazioni, secondo una pratica nautica che si avviò alla fine della pirateria sulle coste del Mediterraneo, quando un certo numero di cannoni in ferro, dismessi dalle navi mercantili armate, vennero interrati nei moli o in prossimità di aree di alaggio. Frequente anche l’otturazione della bocca con un proiettile inserito a forza.

La zona di Torre Faro, a Capo Peloro – cuspide nord – orientale della Sicilia – ha infatti sempre costituito un punto strategico per la navigazione, all’imbocco dello Stretto di Messina nel quale l’incontro delle due masse d’acqua, ionica e tirrenica, provocano correnti e peculiari fenomeni idrodinamici. Le correnti dello Stretto rendevano quindi necessaria la sosta delle navi, all’ancora, in funzione delle particolari condizioni meteo-marine, ed era utile per poter salpare in sicurezza, assicurarne le cime ad affidabili punti.

(su photogallery altri scatti sulle operazioni di recupero)

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