Vara, Riccobono: «Le beghe non mi interessano, siamo solo devoti di Maria»

Vara, Riccobono: «Le beghe non mi interessano, siamo solo devoti di Maria»

Vara, Riccobono: «Le beghe non mi interessano, siamo solo devoti di Maria»

martedì 19 Agosto 2008 - 11:05

Lo storico messinese, protagonista dell'incidente con i fotoreporter durante la manifestazione di Ferragosto, difende l'operato del Comitato

«Noi seguiamo i dettami dell’arcivescovo: preferiamo guardare avanti e in alto e evitare le polemiche. E poi polemizzare non è nel mio stile.» Franz Riccobono, studioso della storia messinese e componente del Comitato Vara, replica così alle accuse rivolte al Comitato Vara da parte di due fotoreporter messinesi, cacciati in malo modo dalla postazione da dove stavano seguendo la processione. Accuse riprese, ieri, anche dai vertici dell’ordine dei Giornalisti di Sicilia, che hanno commentato con parole durissime quella che sembra a tutti gli effetti una violazione del diritto di cronaca.

Riccobono ha un altro punto di vista sull’accaduto: «Mi dispiace che ci siano state queste interpretazioni di episodi comunque marginali, che non offuscano la grandiosità dell’edizione 2008 della Vara».

Questo il racconto degli eventi del professore: «Al primo strappo ci siamo resi conto che c’era confusione all’interno delle corde. Quella è una zona molto delicata, da dove è escluso, per scongiurare incidenti, chiunque porti le scarpe (compresa polizia e carabinieri. L’ordine è mantenuto, per quanto è possibile, da 4 vigili urbani più il comandante e da alcuni componenti del comitato, tra cui io). Abbiamo, quindi, cercato di allontanare dal posto tutti quelli che non erano impegnati nel tiro, tra cui anche i fotografi. C’è da dire che già durante il primo strappo un tiratore era stato calpestato da qualcuno che aveva le scarpe, e gli usciva sangue. Io ho detto a un fotoreporter, che conosco personalmente, di uscire dalle corde, ma è intervenuto un altro, che ci ha accusato di voler censurare i giornalisti. Ne è nato un battibecco. A questo punto uno dei tiratori, che non avevo mai visto, si è inserito nella disputa in mia difesa e ha mimato uno schiaffo verso il fotoreporter a cui mi ero rivolto, che si è voltato e se n’è andato. La cosa è finita lì».

Un episodio di normale amministrazione, dunque, da cui sono estranei attriti tra il Comitato e alcune testate giornalistiche messinesi. Il sospetto è che nel Comitato si agitino più anime, non tutte in perfetto accordo tra di loro.

La difesa del Comitato da parte di Riccobono, comunque, è totale: «È un fatto che il Comitato Vara, a titolo gratuito, riesce ogni anno a organizzare la manifestazione con successo». E rispetto alle accuse di infiltrazioni criminose tra i tiratori: «Non ci fa piacere che la devozione a la Madonna venga interpretata in un modo che non ci appartiene – perché, fino a prova contraria, nessuno dei componenti del Comitato ha mai fatto parte di cosche mafiose o gruppi criminali -. Le persone che si avvicinano a questo genere di manifestazione fanno parte di una umanità complessa, ma se i tiratori, nell’ambito della loro vita compiono atti illegali, noi non possiamo per questo escluderli. Noi non siamo né giudici né poliziotti. A noi interessa solo che siano devoti, e la fatica del traino della Vara è un segno di questa devozione».

Ma perché sono soprattutto persone che vivono ai margini della società ad essere attratte da queste forme di devozione? «È una costante di tutte le manifestazioni religiose tradizionali. Lo stesso succede a Polsi, a Catania per Sant’Agata, a Palermo per Santa Rosalia. Noi del Comitato possiamo solo curare la manifestazione al meglio. Li facciamo vestire (contrariamente a quanto avveniva fino a vent’anni fa, che i tiratori erano in costume da bagno), li facciamo assistere alla messa prima dell’inizio. Il nostro sforzo è anche di tenere la manifestazione legata alle sue radici religiose. Sono stato a Palmi l’anno scorso, dove esiste una Vara detta Varia, che deriva da quella messinese. In quell’occasione i tiratori sono partiti non al grido di -Viva Maria-, ma hanno urlato -Per Michelina hip hip urrà-, perché Michelina era la bambina che impersonava la Madonna sulla macchina votiva. A Messina siamo riusciti a mantenere l’identità religiosa.»

«Il resto sono beghe da ragazzini – conclude Riccobono -: Viva Messina e Viva Maria»

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