-Ve l'ho raccontato con le immagini, adesso ci provo con le parole-. La testimonianza di Dino Sturiale

-Ve l’ho raccontato con le immagini, adesso ci provo con le parole-. La testimonianza di Dino Sturiale

-Ve l’ho raccontato con le immagini, adesso ci provo con le parole-. La testimonianza di Dino Sturiale

mercoledì 07 Ottobre 2009 - 09:00

Le prime frammentarie notizie giungono a Messina, non c’è da perdere tempo, e già alle prime ore del mattino giungo a Giampilieri. Ho dovuto parcheggiare a Santa Margherita, oltre tre Km a piedi; non li sento, la vista di quanto mi appare occupa tutti i mie sensi, la mia mente.

Percorro un Km passando dalla linea ferrata, il paesaggio che era nei ricordi della mia adolescenza ha lasciato il posto ad un letto di argilla, così naturalmente adagiata sul declivio che sembra esserci stata da sempre.

I segnali della stazione indicano “Giampilieri”, ma cos’è Giampilieri adesso?

Recupero un passaggio sistemandomi nella benna di una pala meccanica. Arrivo all’inizio del paese; ancora una volta un cartello: Giampilieri, ma in realtà vedo solo fango detriti, alberi che fuoriescono dal lato opposto delle case nelle quali sono entrati, spinti dall’onda di terra e fango.

Macchine accatastate una su l’altra, sul tettuccio di una panda un bastone da anziano.

Voglio vedere i luoghi che avevo già ripreso nel 2007; l’ascensore sulla palazzina dove vive un disabile; ancora peggio d’allora. il fango raggiunge il primo piano ed oltre, un elicottero della polizia lo sorvola in quel momento. La montagna alle spalle mostra solo segni di ulteriore violenza umana; come spessi muri di cemento che strozzano il naturale sbocco dei detriti.

Vado oltre, anche se il fango è ai polpacci e il mio abbigliamento inadeguato. Centinaia di abitanti con pale, picconi, secchi e attrezzi “inventati” scavano a ritmo sfrenato, non sanno ancora “quanto” è accaduto, ma sanno che è successo ancora, quel costone abbandonato da troppi anni dagli uomini è tornato ad invadere la vita, le case, gli affetti di chi sperava di poter convivere con l’angosciante visione della collina che apparentemente dormiente ma che di tanto in tanto mandava giù un po’ di sassi.

Proseguo, conosco i punti di maggior rischio.

Arrivo in quella che era “via” Puntale; una mulattiera prospiciente un “canalone” che d’inverno spesso si trasformava in fiumara.

Non la riconosco. Manca la via, mancano le case, mancano le voci di donna,manca la montagna.

Decine di persone scavano, cercano, sperano.

Un passaparola aiuta a fare la conta di quanti avrebbero dovuto trovarsi in casa in quei momenti.

Sanno di dover combattere col tempo, sperano di lavorare per “la vita”.

In tutto ciò non ci rendiamo conto nemmeno di calpestare un corpo di una donna; la mamma dei due bimbi trovati abbracciati, il suo corpo affiorava parzialmente dal fango, a tutti noi sembrava un cuscino.

Arrivano i vigili del fuoco e la protezione civile; il lavoro si fa organizzato.

Resto sino al primo pomeriggio, poi decido di rientrare per poter raccontare, attraverso le immagini, quanto ho visto.

L’indomani mattina sono di nuovo in via puntale, i volontari non hanno mai smesso di scavare, seppure sotto case pericolanti e letteralmente sospese in aria; ma ognuno vuole dare il suo contributo.

Anche un ragazzino scampato al fango è lì, e il suo è mestiere antico in Sicilia; portare l’acqua a chi lavora, anche se il suo “bumbulo” ha la forma di bottiglie di plastica.

Grazie ala testimonianza degli abitanti si identificano i punti dove possono trovarsi dei corpi, l’ulteriore conferma verrà data dai cani.

Da lì a poco verrà estratto il corpo di una 40enne, i volontari hanno scavato con le mani per non rischiare di procurare ulteriori violenze; nonostante che man mano che il corpo affiorava l’odore di morte allargava il suo raggio.

Di fronte, la dove c’era la casa si cercano i due fratellini, i cani sono disorientati, ed allora gli esperti affondano le mani nel fango per confrontare gli odori; non c’è dubbio il punto è stato individuato, l’altro era il freezer con le provviste andate a male.

Un particolarissimo personaggio si aggira fra le rovine, un signore di età imprecisata, porta un berretto con i copri orecchie, anomalo per questi luoghi.

Sembra attonito,sperduto. È qui da due giorni, finalmente parla, ci dice che sotto il palazzo sospeso nel vuoto ci sono due corpi; uno è di sua madre, che in quel momento era in visita dall’amica. Ci racconta ancora di come la notte del disastro ha estratto dalle macerie quattro persone, di cui una ustionata al 65% a causa dell’esplosione della tubatura del gas. Parla con discrezione e in tono sommesso, attento a non offendere la dignità delle persone di cui racconta.

Vengo attratto dal pianto sommesso di un uomo; stringe in mano una coccarda da prima comunione.

La gente qui piange in silenzio, con compostezza.

Non domanda.

Lavora.

Si chiede se mai potrà esserci ancora Giampilieri: un delizioso borgo medievale dal quale nessuno vorrebbe mai separarsi

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