Dalla baraccopoli all'arresto. Ma oggi Loretta ha un lavoro, una casa e una nuova vita

Dalla baraccopoli all’arresto. Ma oggi Loretta ha un lavoro, una casa e una nuova vita

Alessandra Serio

Dalla baraccopoli all’arresto. Ma oggi Loretta ha un lavoro, una casa e una nuova vita

domenica 12 Gennaio 2025 - 07:43

Tre figli e un'esistenza precaria a Messina. Poi il coinvolgimento in una operazione antidroga. "Ma ce l'ho fatta e vi racconto come"

MESSINA – “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. A cercare un titolo alla storia di Loretta (nome di fantasia) viene in mente il significato del lavoro come fondamento della Repubblica democratica nella Costituzione. Perché la sua è una storia di coraggio e nuovi inizi. Ma anche e soprattutto di dignità, assicurata dal diritto al lavoro che rende liberi.

Nuovi inizi

Il “prima” di Loretta e del marito erano lavori sottopagati, precari, alla mercé del migliore offerente, fondamentali però a crescere tre figli. Il nuovo inizio è un’abitazione grande in un immobile ristrutturato, assegnato dal Commissario per il Risanamento dopo la demolizione della baraccopoli di rione Taormina. Un immobile appena ammobiliato grazie al lavoro regolare che oggi hanno sia lei che il marito. Ora i figli vivono l’adolescenza progettando il futuro. Non si vergognano a invitare gli amici nella casa dove sta crescendo anche il nipotino, nato da poco. Nel soggiorno illuminato da un albero di Natale acceso di rosso e oro, Loretta racconta la sua storia.

La svolta con un progetto di reinserimento sociale

Tra il prima e l’oggi di Loretta c’è l’arresto di lei e il marito e un progetto di reinserimento lavorativo autorizzato dall’Ufficio esecuzione penale esterna e organizzato dalla Green Life (leggi “Dal carcere al lavoro grazie a bambini ed ecologia“). Percorso che per lei è stata la svolta. “Oggi ho la mia professionalità, un curriculum, un lavoro che amo perché mi permette di stare all’aperto, a contatto con la gente, e che mi porta a prendermi cura di parti di città che sono di tutti. E che sono orgogliosa di contribuire a rendere belli e curati”, racconta. E, caso più unico che raro tra gli italiani dice, “ho il mio bel 730 da presentare ogni anno”.

Un incubo lungo 10 anni

L’incubo di Loretta comincia 11 anni fa : “Nel cuore della notte la polizia bussa forte alla nostra porta e ci porta in caserma. Mio marito va in carcere accusato di droga, io ai domiciliari con l’accusa di averlo coperto. So che tutti dicono in questi casi “sono innocente” ma io proprio non c’entravo nulla. Uscivo di casa all’alba per badare a una ultracentenaria e tornavo a sera fatta. I domiciliari sono stati bruttissimi, al rione Taormina, con i ragazzi da crescere e mio marito tra carcere e domiciliari. Quando l’avvocato mi ha telefonato per dirmi che ero libera dai domiciliari sono svenuta dalla gioia. Ma il dopo è stato anche peggio. Perché dovevo presentarmi ogni sera dai carabinieri ed era per me un supplizio. Seduta in sala d’attesa c’era gente di ogni genere che, nella mia testa, non faceva che scrutarmi e giudicarmi”.

La vergogna è un fardello che Loretta porta ancora addosso. “Racconto tutto sotto falso nome e senza foto perché non voglio che a lavoro conoscano la mia storia, il pregiudizio mi ferirebbe. Ho persino rifiutato l’impiego a tempo indeterminato in un’azienda pubblica, dopo aver superato la selezione, per non presentare i carichi pendenti”.

Il peso della vergogna, l’ansia che tutto possa di nuovo crollare

Anche per i suoi il passato brucia ancora. “Tempo fa sono andata all’incontro dei genitori con gli insegnanti di mio figlio, ai quali ho dovuto riferire che mio marito era assente perché era detenuto. Mio figlio è scoppiato in lacrime, lui non lo aveva mai rivelato”. Proprio l’eco nei suoi figli di queste vicende è però un altro grande motivo di orgoglio per Loretta, la conferma che questa nuova strada è quella giusta anche per loro: “Le insegnanti sono trasecolate, mai si sarebbero aspettate, hanno detto, che quel ragazzo così ben educato fosse figlio di un detenuto e soprattutto che addirittura non se ne fosse vantato, come spesso purtroppo accade in alcuni contesti”.

Anche il senso di precarietà costante, comune a tutti quelli che incappano in guai con la giustizia, ancora non se ne va. “Fatico a recuperare la piena serenità – ammette – da poco ho ricominciato a dormire a sonno pieno. Per anni mi sono svegliata tutte le notti alla stessa ora in cui quel brutto giorno sono venuti a bussare alla nostra porta. Per anni ho vissuto con l’incubo che ogni sera, andando dai carabinieri, potessero darmi qualche brutta notizia, che ogni chiamata era quella dell’avvocato per dirmi che dovevo andare in carcera anche io, tornare ai domiciliari”. E ancora: “Poi gli anni ad attendere il rilascio di mio marito. Non dimenticherò mai i viaggi al Pagliarelli di Palermo, i rientri con i ragazzi in auto, il loro umore, la mia preoccupazione per lui dietro le sbarre”.

Un corso di formazione, un lavoro, una professione: una nuova strada

È da tutto questo che il Commissario per il Risanamento con l’abitazione e l’Uepe (Ufficio esecuzione penale esterna) e l’associazione, con un corso di formazione, l’hanno sollevata, mettendo su una nuova strada tutta la famiglia. Degli 8 corsisti formati alla cura del verde, soltanto lei e altre due persone hanno oggi occupazione stabile. Loretta oggi ha un impiego regolare per una ditta privata. Una ditta che si prende cura degli spazi verdi tra Messina e la provincia.

Racconta con passione: “Adoro curare giardini, aiuole, soffro quando vedo il “mio” prato danneggiato dagli animali o da chi non ha a cuore gli spazi che sono di tutti. È bello, anche, farsi valere in un contesto lavorativo dominato dagli uomini soprattutto. Per tanti di loro sono diventata punto di riferimento e aiuto i nuovi arrivati a imparare”.

Nel solco di una nuova vita anche i figli

Gli strascichi della vita di prima e dei guai cominciano a diradarsi, anche se il contesto, più difficile della propria strada da modificare, è sempre difficile. Ma se la nuova strada è quella che ti porta orgoglio e dignità è più facile resistere alle sirene dei facili guadagni, vissuti anche come riscatto da una vita di difficoltà.

“Recentemente hanno arrestato un giovanissimo amico di mio figlio, trovato nell’abitazione di uno spacciatore con armi e droga. Spesso avevamo cercato di trovargli un lavoretto, distrarlo così da quella strada, lui aveva sempre rifiutato dicendo: “Sì, mi metto per questi pochi spiccioli, io…”. Oggi è in carcere e mio figlio se ne fa un cruccio: “Mamma, non sono riuscito ad aiutarlo”. Consolo il suo senso di colpa ma dentro di me sono molto orgogliosa delle sue parole. È la conferma del fatto che io e mio marito lo stiamo crescendo bene”.

Nella foto d’apertura: corsisti del progetto Green Life alle prese con la valutazione finale di uno dei moduli.

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