D’Annunzio al cinema, un film importante

D’Annunzio al cinema, un film importante

Giacomo Maria Arrigo

D’Annunzio al cinema, un film importante

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mercoledì 02 Giugno 2021 - 18:12

Sergio Castellitto nei panni di Gabriele D'Annunzio. Le diverse interpretazioni di nazionalismo. 5 candidature ai Nastri d'Argento.

Si torna finalmente al cinema. E tra le interessanti proposte in sala (Un altro giro, Oscar miglior film internazionale, e The Father, Oscar miglior attore e migliore sceneggiatura) c’è anche l’italiano Il cattivo poeta. Scritto e diretto da Gianluca Jodice (che qui esordisce come regista), la pellicola vede Sergio Castellitto nei panni di Gabriele D’Annunzio. Tra gli altri, Francesco Patanè interpreta Giovanni Comini, federale di Brescia incaricato dal governo fascista di sorvegliare D’Annunzio e tenerlo sotto controllo. Da tempo, infatti, Mussolini era inquietato dalla crescente contrarietà del Vate nei confronti della politica italiana e specialmente verso i sempre più stretti rapporti con la Germania nazista.

Il cattivo poeta è un film delicato, pieno di silenzi e di mezze parole. Il non detto è sempre più del manifesto. Comini, da fedele fascista, viene vieppiù affascinato dalla figura di D’Annunzio, ne vede la grandezza, tocca con mano una profondità e una sensibilità che mancano persino al tanto ammirato Mussolini. I dubbi di D’Annunzio relativi all’alleanza con Hitler diverranno man mano i suoi, di Comini stesso. La qual cosa gli comprometterà inesorabilmente la carriera.

La delicatezza della natura umana, riconosciuta e cantata da D’Annunzio pur nella sua stravaganza, è invece del tutto assente nell’arroganza degli squadroni fascisti. Il nazionalismo dannunziano è opposto a quello mussoliniano. Per entrambi l’enfasi cade sull’Italia, sì, ma è un’Italia interpretata in modi differenti e con sfumature tra loro inconciliabili. «Topi, topi ovunque!», denuncia D’Annunzio/Castellitto in una scena del film. I topi, con la forza del numero, hanno invaso la sua casa, il Vittoriale, e hanno sommerso i giganti, hanno affossato i sogni di vera gloria.

Gianluca Jodice, si legge su Mymovies, utilizza «per i dialoghi di D’Annunzio solo le sue parole scritte o pronunciate in pubblico, e costruisce una storia volutamente inattuale che però ha evidenti ricadute anche sul presente». I temi attuali? La perenne questione della nazione e dello spirito patriottico, sicuramente. Ma anche la rappresentazione dell’uomo, di quell’uomo semplice da irretire con discorsi magici ma in fondo non incapace di cogliere il bene e il bello della vita se posto sapientemente nella disposizione a coglierlo. D’Annunzio non forza nessuno, non cerca di convincere, non vuole proseliti – o almeno questo è ciò che appare dal film. È la verità che s’impone da sé.

Jodice spiega così il motivo di dedicare un film al Vate: « Perché D’Annunzio? Mi ricordavo questo poeta recluso in questo castello di Dracula, negli ultimi 15 anni, tra perversioni, ossessioni, donne, cocaina, aveva anche perso la sua vena, era una specie di Nosferatu, che poi ha subito la damnatio memoriae nel Novecento, un personaggio storico complesso, che ha vissuto mille vite, e non è mai stato raccontato dal cinema».

L’interpretazione di Castellitto è eccellente, mai invadente, sempre profonda e sentita. Ecco cosa pensa di D’Annunzio: «Il poeta è stato adorato ed amato in vita, il suo mito è simile ad una rockstar di oggi, ma non c’è stato uomo più maledetto in morte, basti leggere cosa dicevano gli intellettuali del dopoguerra. Elsa Morante diceva che era un imbecille, Pasolini lo detestava. Invece il dono che ti fa il cinema, anche se lo avevo già capito prima che fosse un genio, è che se c’è un poeta assimilabile a D’annunzio è proprio Pasolini; entrambi sono stati poeti-soldati, i primi ad uscire dalla trincea, a prendere il colpo in fronte».

Decadente e romantico, come recita il titolo di un articolo su Artribune, Il cattivo poeta ha ottenuto 5 candidature ai Nastri d’Argento. Un film importante su un personaggio storico al quale finora il grande schermo non aveva tributato i giusti onori.

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