Salvo Presti racconta la genesi del suo lavoro partendo dall’ultimo successo: il docufilm “Dopo questo esilio” girato presso il carcere di Barcellona
MILAZZO – Il regista milazzese Salvo Presti trionfa al Gran Prix dell’undicesimo Festival Internazionale del Cinema “Prison Movie” che si è svolto a Olsztyn, in Polonia sotto l’egida del Ministero della Giustizia della Polonia, dell’Ispettorato regionale del servizio penitenziario di Olsztyn e del Centro di detenzione di Olsztyn.
Una storia di riscatto, tra visioni oniriche e ricordi ritrovati
A guadagnare il consenso della giuria è stato il suggestivo docufilm “Dopo questo esilio” girato presso la casa circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto. Si tratta di un lavoro che racconta le vicende di un gruppo di detenuti che si raccontano, esplorando le proprie memorie sul tema del ricordo come forma di guarigione per il dolore. Tra questi è centrale il ricordo riaffiorato alla mente di uno dei detenuti, che rivive l’esperienza che lo ha visto protagonista del salvataggio in mare di una giovane ragazza.
Proprio questa ragazza, cresciuta, diventerà poi il filo conduttore tra tutti i ricordi dei detenuti i quali si alterneranno a scene in cui si vedrà la ragazza, ormai donna, impegnata nel restauro della Vergine della Purità: una statua rappresentante la Madonna, custodita presso il convento di San Filippo Neri a Giarre. Particolarità di questa statua, coincidente con il messaggio lanciato dal docufilm, è uno sfregio in un occhio sul quale si concentrerà il lavoro di restauro della donna. La Vergine della Purità diventa quindi un simbolismo che rappresenta tanto la ferita interiore dei detenuti, quanto il delicato e intimo processo di guarigione.
La genesi di “Dopo questo esilio”
Salvo Presti, che si dice molto riconoscente per il riconoscimento ottenuto, racconta l’origine del suo ultimo lavoro partendo dal progetto dal quale è nata l’idea del docufilm. Inizia tutto nel 2018 con un’iniziativa didattica legata al mondo del cinema, che coinvolge proprio il gruppo di detenuti protagonista del docufilm. Durante la visione di alcuni film uno dei partecipanti ricorda l’episodio del salvataggio, riflettendo sulla propria vita sino a giungere alla conclusione che l’esperienza del carcere lo abbia salvato e aiutato a intraprendere un processo di guarigione dalle proprie ferite interiori. Da qui l’idea: raccontare tutto con un docufilm dall’atmosfera onirica e dal forte simbolismo. La stessa scelta delle location non è stata lasciata al caso: si tratta di luoghi abbandonati un tempo sede di vivaci insediamenti, che diventano metafora del ricordo di un tempo passato dal quale trarre linfa per il proprio futuro.
«Quando proposi di girare questo docufilm ero certo di voler lanciare un messaggio, ma volevo farlo nel modo più delicato e corretto possibile -racconta Salvo Presti- Per questo motivo trovo giusto ringraziare il fotografo e film-maker Emanuele Torre, che ha saputo immortalare la storia di questi uomini con grande maestria ma, soprattutto, una delicatezza non indifferente».
Salvo Presti, da “Rai Cultura” alla didattica. Storia di un eclettico maestro del cinema
Il percorso di Salvo Presti inizia dalla Rai con il suo lavoro alla regia. Presso la televisione pubblica italiana Salvo Presti ha avuto modo di percorrere, vivendolo in prima persona, l’intero processo evolutivo della Rai nel settore della cultura. Un impegno che lo ha avvicinato al mondo dei documentari, permettendogli di realizzare uno dei suoi progetti più importanti: “Luce verticale – Rosario Livantino – Il Martirio”. Si tratta di un documentario sulla vita del giudice agrigentino Rosario Livantino, ucciso in un agguato mafioso a soli 38 anni. Particolarità di questo documentario, poi preso in esame anche dalla curia, è di aver definito per la prima volta Rosario Livantino come martire, contribuendo ad avviare il processo di beatificazione del giudice siciliano.
Da questo importante lavoro sono numerosi i progetti a cui si dedica Salvo Presti, sino a giungere all’impegno nel mondo della didattica: oggi insegna italiano agli stranieri per il Miur ed è impegnato in attività formative anche nei carceri, pur rimanendo sempre fedele al suo vissuto nel mondo del cinema.
«La mia idea di cinema è forse un po’ vintage -dice scherzosamente Salvo Presti- tuttavia penso che il cinema sia una forma d’arte e per questo deve veicolare un messaggio, anche attraverso l’uso di simbolismi e metafore. È questo ciò che credo».
