“Era ottobre”: due vecchi amici e un dialogo sospeso tra nostalgia e tenerezza

“Era ottobre”: due vecchi amici e un dialogo sospeso tra nostalgia e tenerezza

Emanuela Giorgianni

“Era ottobre”: due vecchi amici e un dialogo sospeso tra nostalgia e tenerezza

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domenica 20 Agosto 2023 - 07:28

Tino Caspanello apre la rassegna “Promontorio Nord” con la forza di parole che emozionano, rivelano, cambiano

“Siamo come gli uccelli migratori. Si sono dati appuntamento sul filo, aspettano di partire ma non se lo dicono. Allora stanno sul filo finché, uno ad uno, spariranno”.

Queste parole sono una promessa. La promessa di un immancabile appuntamento quotidiano. Due anziani amici si promettono di incontrarsi ogni giorno sulla panchina del parco per scambiarsi ricordi, acciacchi, sogni, paure, parole e silenzi. Con un rituale da rispettare rigidamente: un’ora d’aria da condividere insieme, non un minuto di più, non uno di meno, in compagnia di pop corn e vino bianco.

“Era ottobre”

Era un ottobre di 9 anni e 304 giorni fa, ma quella promessa porta ancora oggi i due amici sulla stessa panchina (escluso quando piove troppo, quando sono malati, quando fa freddo o quando sempre il solito tra i due lo dimentica). Quasi un doppio anniversario se non fosse per 60 giorni che mettono in pausa gli incontri. 60 giorni in cui il dolore, la perdita e la solitudine fermano tutto.

Tutto, ma non il legame tra i due protagonisti di “Era ottobre” di e con Tino Caspanello, insieme a Tino Calabrò, produzione Teatro Pubblico Incanto.
Nella magia della Tenuta Rasocolmo di Piano Torre, illuminati dai colori del tramonto, Caspanello e Calabrò aprono “Promontorio Nord”, la rassegna teatrale, con la direzione artistica di Roberto Zorn Bonaventura (che ha appena chiuso il Cortile Teatro Festival), per il Capo Rasocolmo Summer Fest 2023.

Sentire anche il diverso da sé: l’arte di Caspanello

Due amici e le loro chiacchiere, apparentemente ordinarie, semplici, ma che nascondono molto di più.
Un dialogo sospeso, fatto di parole silenziose e silenzi che parlano, ironia e tanta tenerezza. Un dialogo che, con levità, pudore e dolcezza, racconta la malinconia, la nostalgia, la disillusione, la fragilità.
Tino Caspanello (il cui genio artistico si triplica quando scrive, dirige e interpreta insieme) riesce a farci conoscere la solitudine, vivere la perdita, accettare la delusione e l’errore, ricercare il conforto, provare la stanchezza, perfino sentire la morte come qualcosa di vicino e quasi fraterno, non distante e da ignorare ad ogni costo.

Ad aggiungere forza e intensità è, poi, la sintonia e la simbiosi tra i due protagonisti, per cui uno finisce le battute dell’altro e le due voci si fondono in un unico discorso, una sola melodia di emozioni e vissuto. L’interpretazione di Tino Calabrò è impeccabile: guadagna tanti anni in più nei suoi sguardi, nelle espressioni, nella postura, nel modo di camminare e di piegarsi.
Calabrò e Caspanello sono capaci non soltanto di vestire autenticamente – e senza nessuna esagerazione o tratto macchiettistico – panni “senili”, di incarnare dolori, pensieri e considerazioni di due uomini anziani che hanno alle spalle tanta vita; ma sono anche capaci di farli vestire a noi spettatori, di far sentire il peso e la dolcezza di quella maturità anche quando non la si ha ancora vissuta, non la si conosce.
Come ci riescano resta un mistero.

È un mistero, infatti, come Caspanello possa conoscere già così bene tutte queste emozioni “senili” e come possa farle provare così forti a tutto il suo pubblico, anche quello giovanissimo. È il mistero della sua arte, di cui “Era ottobre” porta l’ennesima conferma. Cifra della poetica di Caspanello è proprio permettere allo spettatore non soltanto di identificarsi nel personaggio a sé più simile, ma anche e soprattutto di proiettarsi in quello da sé più distante e diverso.

Un ultimo brindisi

Una storia che più che un raccontare diviene un sentire, sincero, puro, intenso; un sentire emozioni profonde e difficili ma private del tutto del loro peso, rese lievi. Tramite il potere di parole – di cui Caspanello è maestro indiscusso – delicate, capaci di cullare, di cingerci in un abbraccio. Parole che feriscono e consolano al tempo stesso.

E se il personaggio di Tino Calabrò odia aspettare, la sua storia si dimostra essere, poi, tutta un’attesa, l’attesa di quella importante promessa. Su di essa – e su quel dolore silenzioso e riservato che l’aveva interrotta ma poi rafforzata – ruota la narrazione, tra battibecchi, incomprensioni e risate. Tutto parte da lì e tutto lì torna: ritrovarsi su quella panchina – come gli uccelli migratori sul filo – fino al giorno in cui uno dei due verrà e non troverà l’altro. “Dovrà tornare, allora, per una settimana, finché sarà sicuro che l’altro non c’è più. Nessuna telefonata, nessuna ansia, nessuna paura, nessun dolore, nessuna lacrima. Se ci sarà del vino, brinderà per l’ultima volta”.

Dagli spettacoli di Tino Caspanello non si esce mai come si è entrati. “Era ottobre” emoziona, diverte, commuove, conforta, illumina, rivela, cambia.

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Un commento

  1. 👏👏👏👏👏👏alla BRAVISSIMA giornalista che ha così ben articolato questa pièce teatrale facendo sì, che leggendo, sembrava di stare a teatro ad assistere al dialogo di questi due amici 🤩 …. è stata lei ad usare SENZA esagerazione,in modo autentico,sincero e puro parole così leggiadre e allo stesso tempo intense da toccare il ❤️ di chi come me ,ha letto con piacere la sua ECCELLENTE narrazione!

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