Mario Puglisi, Fiumedinisi: "Normativa schizofrenica, necessaria una modifica della legge"

Mario Puglisi, Fiumedinisi: “Normativa schizofrenica, necessaria una modifica della legge”

Giusy Briguglio

Mario Puglisi, Fiumedinisi: “Normativa schizofrenica, necessaria una modifica della legge”

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giovedì 22 Maggio 2014 - 05:59

La normativa che disciplina l’istituzione delle Città Metropolitane e dei Liberi Consorzi non è chiara. Competenze in materia urbanistica o di bilancio, autonomia decisionale, competenze futuro: regna il caos. La proposta di Mario Puglisi, presidente del consiglio del comune di Fiumedinisi, è di fare fronte comune con le amministrazioni locali e chiedere all’Ars una modifica sostanziale della legge, prorogando se necessario l’attuale termine di sei mesi

Libero consorzio o città metropolitana?

I requisiti previsti dalla legge per la costituzione di un Libero Consorzio e, in particolare, l'impossibilità di interrompere la continuità territoriale della Città metropolitana rendono molto ardua l'istituzione del Consorzio Taormina-Etna, poiché serve una sostanziale unanimità di intenti. Allo stesso tempo, l'adesione alla Città metropolitana prefigura una integrazione dei servizi e delle politiche locali molto più avanzata rispetto al Libero Consorzio e ciò avrebbe dovuto suggerire al legislatore la necessità di una preventiva definizione delle "regole del gioco". Ciò purtroppo non è avvenuto per cui, in mancanza di un intervento chiarificatore del Governo regionale, il Consiglio comunale di Fiumedinisi valuterà la "terza opzione", già prescelta ad esempio dai Comuni di Acireale e Aci catena: il distacco dalla città metropolitana con l'assegnazione automatica al Libero Consorzio di appartenenza, corrispondente al territorio della ex Provincia regionale di Messina (già costituito ex lege). A tal fine, convocheremo a breve un'assemblea aperta a tutti i cittadini per valutare il da farsi.

La provincia jonica è spaccata in due sulla scelta. Credi che sarebbe preferibile per il futuro una scelta condivisa da tutti i comuni?

Sarebbe opportuno trovare una sintesi tra i Comuni della riviera ionica attorno ad un piano strategico di sviluppo. Un eventuale Consorzio Taormina-Etna non può essere frutto di una scelta obbligata o di carattere meramente territoriale. Il Libero Consorzio può funzionare solo se l'accordo verrà siglato su progetti puntuali e articolati di gestione associata di servizi e funzioni, tenendo conto delle diverse esigenze delle comunità locali. Purtroppo al momento le posizioni dei vari amministratori sono ancora divergenti. Speriamo che i prossimi incontri istituzionali convocati sia dal Comune di Messina sia dai promotori del Libero Consorzio possano consentire di avere le idee più chiare. Dividere in due la riviera ionica sarebbe comunque una sconfitta per tutti.

In caso di adesione alla Città Metropolitana di Messina vi avvicinereste alla provincia tirrenica.

La Città metropolitana è stata "disegnata a tavolino", rispolverando una ripartizione risalente addirittura agli anni '90. L'assetto territoriale, giuridico e finanziario degli enti di area vasta andrebbe invece pianificato sulla base di una preventiva analisi dei costi-benefici, tenuto conto delle reali esigenze dei cittadini e delle mutate condizioni socio-economiche degli ultimi 20 anni. Detto questo, mi risulta difficile immaginare una efficiente integrazione di servizi e funzioni su un territorio così vasto ed eterogeneo. Sono sempre piuttosto cauto nel considerare il concetto di ambito "ottimale" anche perché l'esperienza del recente passato ci ha insegnato che non sempre l'economia di scala si traduce in migliore qualità dei servizi resi al cittadino.

Cosa ne pensi degli interventi degli altri amministratori in merito?

Ho molto apprezzato l'interessante analisi condotta dai professori Limosani e Gambino nonchè l'avvio di un dialogo tra gli amministratori locali. Purtroppo però ci scontriamo con un problema giuridico, evidenziato tra gli altri anche dal Prof. Bolognari. Come facciamo a programmare un piano strategico locale senza sapere ad esempio quali saranno le competenze della Città metropolitana in materia urbanistica o di bilancio? Quali competenze verranno totalmente assorbite dalla conferenza metropolitana? E quale sarà il grado di autonomia decisionale di ciascun Comune? Senza una preventiva chiarezza sulle funzioni e, soprattutto, senza la garanzia di processi decisionali che non mortifichino le singole comunità, l'istituzione della Città metropolitana di Messina rischia di tramutarsi nell'ennesima occasione sprecata. Rispetto ai fondi a gestione diretta del Pon Metro, rilevo che si tratta di circa 100 milioni di euro da "ripartire" nell'arco di 6-7 anni per un territorio di 51 Comuni. Sul punto risulta che il Comune di Messina, a marzo 2014, abbia già inoltrato le proprie schede progetto, seppur preliminari, localizzando tutti gli interventi esclusivamente nel territorio di Messina, senza alcun coinvolgimento, neppure in sede progettuale, degli altri Comuni della costituenda Città metropolitana. Ciò evidentemente contrasta con l'esigenza di definire una strategia complessiva inter-comunale. Resta inteso che i singoli Comuni potranno comunque partecipare, sia in forma singola sia in forma associata attraverso "enti di area vasta" (tra cui i Liberi Consorzi), ai finanziamenti del Por Sicilia e degli altri Por nazionali, con una dotazione complessiva che supera il miliardo di euro.

Funzioni future, rapporti giuridici, rapporti finanziari, debiti ereditati. La normativa è chiara?

La normativa è tutt'altro che chiara. A settembre, a ridosso della scadenza dei 6 mesi, temo un vero e proprio caos istituzionale. Nessuno sarà in grado di operare una scelta consapevole. Il timore di restare nella Città metropolitana scaturisce dal susseguirsi di proposte del governo regionale spesso confuse e contraddittorie. Non dimentichiamo che la prima proposta (che aveva trovato la condivisione delle forze di maggioranza) prevedeva la soppressione degli attuali Comuni e la trasformazione in Municipi metropolitani. L'ultimo ddl governativo, che presumibilmente, costituirà il testo base della futura legge istitutiva, è il ddl n.662 depositato il 6 dicembre 2013. Nella relazione il Governo dichiara che l'intento è "dare vita ad un unico ente territoriale, con evidenti caratteri metropolitani, IN LUOGO degli esistenti Comuni e delle Province regionali". Inoltre, l'art. 20 prevede che "la Conferenza delibera a maggioranza dei 2/3 dei propri componenti che rappresentino almeno il cinquanta per cento della popolazione residente". Mi sembra di capire che, cosi facendo, il sindaco di Messina avrebbe un vero e proprio diritto di veto su ogni deliberazione della Conferenza. Ciò solleva più di un timore nell'ipotesi in cui alla Città metropolitana dovessero essere attribuite tutta una serie di competenze attualmente spettanti ai singoli Consigli comunali. Con queste premesse, c'è il rischio di instaurare una lotta tra poveri ed emarginare ancora di più le piccole Comunità periferiche.

Cosa è emerso dal confronto con gli altri enti?

Purtroppo finora ogni Comune si è mosso in ordine sparso. Nella riunioni ho percepito una sensazione condivisa di "frustrazione" perché i Consigli comunali dovranno operare una scelta così delicata imposta dalla Regione, senza avere i necessari elementi di valutazione. Sarà molto difficile mettere tutti d'accordo ma non possiamo permetterci di arrivare a ridosso di settembre in queste condizioni. L'attuale normativa non consente una scelta seria e ponderata. Dobbiamo evitare che a prevalere siano alla fine le spinte emotive o campanilistiche. La mia proposta è chiara: tutti gli amministratori locali devono chiedere con forza all'Ars una modifica sostanziale della legge, prevedendo che sia presentato dapprima il ddl governativo disciplinante il funzionamento dei Liberi Consorzi e delle Città metropolitane e solo dopo si consenta ai Comuni di determinarsi in piena autonomia, prorogando se necessario l'attuale termine di 6 mesi. In alternativa potrebbe avviarsi la procedura per un ddl di iniziativa popolare che superi le contraddizioni della legge attuale. Il dibattito in corso deve tener conto degli evidenti limiti di una legge istitutiva che definirei giuridicamente "schizofrenica". Il legislatore regionale ha infatti imposto ai Comuni siciliani una scelta "al buio". Qualsiasi valutazione sulle diverse ipotesi di sviluppo di area vasta è impossibile, in quanto si è deciso di rinviare a legge successiva la disciplina delle funzioni, delle procedure decisionali e dei rapporti finanziari. Come si può chiedere ai Comuni di assumere una decisione così delicata senza ancora conoscere l'assetto normativo e finanziario dell'ente di area vasta cui si sceglie di aderire?

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