Giornata della Memoria. Ero figlia della Lupa (atto di dolore)

Giornata della Memoria. Ero figlia della Lupa (atto di dolore)

Redazione

Giornata della Memoria. Ero figlia della Lupa (atto di dolore)

giovedì 27 Gennaio 2022 - 07:35

In occasione della Giornata della Memoria, pubblichiamo il toccante racconto scritto da una nostra concittadina, profuga istriana.

Liliana Barba (Liliana de Franchi Alicata) e’ un’esule istriana nata a Fiume (Rjieka) da genitori siciliani. Morto il padre, con la madre e il nonno lascia Fiume nel 1946 a causa della dittatura titina. Dopo sofferte peregrinazioni approda a Messina, luogo d’origine della famiglia materna. Varie e drammatiche le vicissitudini del periodo fiumano, fra cui la silenziosa e oscura scomparsa di gran parte dei fiumani ebrei. La comunita’ ebraica era presente a Fiume dal 1700 e ai primi del ‘900 constava di circa 2600 persone. Venne eretta una spettacolare sinagoga, poi incendiata dai nazisti. La comunita’ fiumana era un esempio di integrazione multietnica in cui non vi erano pregiudizi di razza, ne’ di religione. Purtoppo questo equilibrio, venne sconvolto dagli eventi bellici nazionali e dalle mire politiche di Tito. L’autrice ha segnato nei propri ricordi questa dolorosa vicenda (decriptata molti anni dopo e purtroppo drammaticamente attuale) soprattutto perche’ legata ai piccoli amici della sua prima infanzia.

Quel Natale l’albero di Erika Williams era davvero straordinario: maestoso, con i rami simmetrici; quasi sfiorava il tetto con la punta color oro. Quello che mi colpiva di più, però, era il suo profumo: intenso, denso, palpabile, che quando si entrava al buio nella stanza sembrava una presenza viva, da grande vecchio. Tra il verde cupo, mandarini di un bel colore acceso appesi con la cordicella dorata si affacciavano come faccine felici.

Eravamo state invitate noi tutte della classe per la distribuzione dei regali di San Nicolò. Che gran festa quella di San Nicolò! L’aspettavamo tutto l’anno e l’ansia era rossa come la carta velina dei regali.

I domestici accesero le candeline appese con le pinze ai rami e l’odore inebriante dell’abete si allargò come cerchio nell’acqua.

Il momento magico era arrivato. La mamma di Erika intonò “O Tannenbaum” che anche noi sapevamo cantare in tedesco e l’atmosfera fu veramente satura del Natale imminente.

Sì, stavamo bene insieme alle nostre compagne tedesche e ce n’erano parecchie, a scuola.

Col passare dei mesi, successe un fatto strano: a una, a due al giorno, cominciarono ad assentarsi e in poco tempo nessuna di loro frequentò più.

A me dispiaceva tanto. Mi mancavano le risate, le corse, i piccoli segreti da sussurrare nell’intervallo. Cercavo di saperne di più, ma ogni volta incontravo un muro di silenzio : strano,ammiccante, oscuro. Mia madre, alla quale tiravo l’anima per strapparle la verità, tagliava con un secco: – Non so niente: e non mi domandare più. –

Dài e dài questa storia assunse per me dimensioni da favola tetra. Ci pensavo e non riuscivo a decifrare quanto si andava sussurrando in casa.

Il parco era uno dei momenti più belli della giornata. Era una grande villa che ricchi signori avevano donato alla città perché tutti potessero godere della bellezza del suo verde . Ci andavo ogni giorno, con mia zia e mio cugino per respirare aria buona e giocare . A me sembrava enorme, come succede ai bambini piccoli . Mi sentivo una principessa nel parco del suo castello e percorrevo i vialetti immaginando storie e storie meravigliose. Ogni tanto s’incontrava una rotonda con panchine, separata dal resto della villa da alte siepi fiorite di biancospino o lillà. Là si poteva sedere in santa pace, leggere un giornale, agucchiare a maglia o “ciacolare”, come facevano tutte le mamme al parco.

Luogo di delizie e di grande spazio per la fantasia di noi, bambini di allora.

Un giorno mia madre mi chiamò in disparte, come faceva nei casi seri e mi disse: – “ Hanno assegnato una rotonda solo agli ebrei. Devono stare là e non girare per il resto del parco. Tu a quella rotonda non devi andare, non devi più né fermarti a parlare o a giocare. Gli ebrei sono cattivi e potrebbe succederti qualcosa di molto brutto, hai capito?-

Ci rimasi molto male. Mi sembrava impossibile. Con i bambini ebrei avevo sempre parlato, giocato, scherzato. Erika, la mia compagna del Tannenbaum era ebrea ma questo non aveva mai diviso la nostra infanzia. Mia madre mi sembrò crudele e stramba. L’idea che avesse detto il vero non mi andava giù.

Eppure, poco a poco, più passavano i giorni e più sentivo dilagare la diffidenza, quasi la paura e pensavo che la mamma forse aveva saputo qualcosa e aveva ragione. Poco a poco, nella mia fantasia si disegnarono volti grifagni, mani adunche e unghie graffianti, insidie occulte da fuggire come la casa delle streghe.

La figlia della lupa era davvero scivolata verso un comportamento da animale selvatico. Veramente entrai nell’ottica che la “ rotonda degli Ebrei “ era un luogo nel quale una volta entrati si pativano torture dell’inferno senza più poter tornare a casa, per sempre. Senza volere, mi adattai a quest’idea

Un giorno, corri e corri, gira e volta, sforo in un angolo sconosciuto: che stretta provai alla schiena e al cuore!

Ero nella rotonda degli Ebrei.

Non ci vedo quasi dagli occhi. Mi fermo immobile al centro.

Cinque o sei mamme sedute sulle panchine sferruzzano, scherzano tra loro, serene.

E infine, li vedo: loro, i famigerati, crudeli, violenti bambini ebrei.

Uguali! Proprio uguali a me: sandaletti e calzine corte, calzoncini e bretelle; uno ha gli occhiali da vista e dietro le lenti mi guarda fisso

Le mamme hanno smesso di sferruzzare e non parlano più. Anche per loro è strana la bambina che entra nella rotonda proibita.

Mi guardano tutti, con occhi miti e curiosi, un po’ timorosi di avvicinarsi.

Aspettano forse un cenno di amicizia, forse d’ amore.

-Che faccio?-

Non c’è tempo per pensare, ho troppa paura.

Uno di loro si avvicina, poi un altro e un altro ancora. Ma io fuggo, fuggo come un bestia inseguita dai cani.

La “mia” rotonda mi appare un porto di salvezza. E quando lo racconterò alla mamma mi loderà ed esclamerà, dilatando gli occhi e alzandoli ai cieli :” Meno male, grazie al cielo, sia lodato Iddio!!”

Solo dopo tanto tempo ho capito e accettato il suo sanguigno timore, ma ancora oggi conservo un bruciante rimorso.

Dove, dove siete, bambini ebrei di quel momento tragico, dove posso ritrovarvi per chiedervi perdono?

Avrei dovuto tendervi la mano, giocare con voi, cantare con voi “O Tannenbaum come quel Natale intorno all’albero di Erika Williams.

La guerra ha ucciso tanti uomini, ha distrutto tutto, anche l’amore tra i bambini.

Dove siete andati, tornate indietro, voglio abbracciarvi e piangere con voi sulla nostra infanzia profanata, sulle nostre spiagge deserte di gioia e di canti.

Ero una “ figlia della lupa”. Sono una profuga nel profondo dell’anima e lo sarò per sempre.

– Liliana de Franchi Alicata –

3 commenti

  1. Brava, bisogna essere sempre svegli.
    Anche chi ti sta vicino ti poi portare sulla strada sbagliata.
    Bisogna essere svegli anche per non fare perdere la strada giusta ai tuoi cari.

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  2. 😭Racconto struggente di VITA VERA che riporta all’ atroce discriminazione del popolo Ebreo 🥺questa storia mi ha fatto ricordare il film bellissimo” Il Bambino con il pigiama a righe “che ricalca l’esperienza di questa donna……… la cosa che mi fa più rabbia e che da SEMPRE si è cercato di circuire i bambini con i pensieri e comportamenti degli adulti😡 e ciò devo purtroppo dire, che succede anche ai nostri giorni in tante situazioni come a scuola,nelle divisioni tra marito e moglie,nel decidere quali sono gli amici giusti perché magari quello no perché è figlio di un detenuto…..ma i BAMBINI degli ERRORI e ORRORI dei GRANDI cosa c’ entrano? Perché modificare l’ INNOCENZA dei BAMBINI con la CATTIVERIA dei GRANDI?Me lo sono SEMPRE chiesta 🥺e continuo ancora oggi a chiedermelo 😡!!!!!!

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  3. Floriana Costanza 27 Gennaio 2022 14:02

    Mi ha commosso questo “Atto di dolore” di Liliana de Franchi Alicata e mi è piaciuto anche il commento/riflessione di Rosaria.

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