L'analisi a caldo del docente universitario Alberto Randazzo, presidente dell'Azione cattolica di Messina
Alberto Randazzo. professore associato di Diritto costituzionale e pubblico e presidente dell’Azione cattolica diocesana di Messina, commenta “a caldo” la morte di Papa Francesco.
Grazie, Francesco!
Sorpresa e sgomento
Fino a ieri, sofferente, era tra la gente. Fino a ieri, ci ha benedetti e ci ha augurato buona Pasqua, per poi tornare alla Casa del Padre questa mattina alle 7.35.
Non ci sono parole per esprimere le emozioni e la commozione di questo momento. Mi viene solo da dire: grazie!

“Sono venuti a prendermi quasi alla fine del mondo”
È davvero difficile provare a descrivere la grandezza del magistero di Francesco. Così, rinuncio a voler abbozzare una sintesi. In questo momento, non è per nulla semplice mettere in ordine i tanti pensieri che, in modo convulso, abitano la mia mente. Solo, proverò a fermare l’attenzione, brevemente, su alcuni aspetti del Pontificato che si è appena concluso, rinviando ad altre occasioni una riflessione più puntuale.
Prime volte, sorprese e novità, fin dall’inizio del Pontificato
Torniamo a quella sera del 13 marzo 2013, quando il Santo Padre si è affacciato per la prima volta dalla loggia di S. Pietro, tra gli occhi un po’ increduli ma pieni di speranza e di gioia di chi era in piazza e di chi – come me – seguiva dalla televisione. Molti e diversi erano stati i papabili e il cardinale Jorge Mario Bergoglio non era tra quelli più probabili. Infatti, come il nuovo Pontefice ha affermato, i cardinali “sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo”.
Fin dall’inizio, il Papa appena eletto è stato in grado di suscitare meraviglia in chi lo ascoltava, riuscendo a stupire già con quel “buona sera” con il quale ha iniziato il suo primo discorso e ha salutato il mondo, suscitando l’ovazione della piazza.
La scelta del nome Francesco nel segno della pace e della povertà
Bergoglio non si è presentato come il nuovo Papa, osservando che “il dovere del Conclave [fosse quello] di dare un Vescovo a Roma” e rilevando che, ora, “la comunità diocesana di Roma [aveva avuto] il suo Vescovo”. Non è senza effetto questa precisazione unitamente – com’è ovvio – al nome Francesco, che si è voluto imporre. Già queste prime scelte hanno dato la cifra di quello che sarebbe stato il suo ministero e di come avrebbe inteso interpretare il suo Pontificato.
Come ha dichiarato, quando in Conclave è stata raggiunta la maggioranza dei 2/3, il cardinale che gli stava accanto gli disse di non dimenticarsi dei poveri e, così, Bergoglio – che invero era sempre stato molto attento ai più bisognosi – ha pensato di volersi chiamare con il nome di Francesco d’Assisi, “uomo della povertà”, “uomo della pace”, “uomo che ama e custodisce il creato” (come ha sottolineato il Santo Padre parlando ai giornalisti, il 16 marzo 2013).
Era la prima volta che un Papa – appunto, il Vescovo di Roma – si chiamava come il “poverello d’Assisi”. Una scelta coraggiosa di un cardinale appena divenuto il capo della Chiesa cattolica.
Tornando a quei pochi minuti del 13 marzo 2013, per prima cosa, ha chiesto di pregare per Benedetto XVI, il Papa emerito; quindi, Francesco ha compiuto un gesto fortissimo e non usuale, quello di chiedere al popolo di pregare per lui per ottenere la benedizione del Signore. Infatti, prima di impartire la benedizione ai fedeli, ha chiesto un favore: “Prima che il Vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi [preghiate] il Signore perché mi benedica”. Come si sa, il Pontefice ha continuamente chiesto di pregare per lui. È a tutti familiare quel: “Per favore, non dimenticatevi di pregare per me”.
Un vescovo del popolo
È apparso subito chiaro che Papa Francesco sarebbe stato un Vescovo del popolo, volendo intessere con quest’ultimo un rapporto privilegiato. In quella prima apparizione, Jorge Mario Bergoglio ha affermato: “Incominciamo questo cammino, Vescovo e popolo, […], questo cammino della Chiesa di Roma che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese”, pregando l’uno per l’altro, “perché ci sia una grande fratellanza” nel mondo.
Le tante “prime volte” in 12 anni di pontificato
In generale, Francesco è stato il Pontefice delle “prime volte”. Il primo Papa argentino, il primo Papa gesuita, il primo Papa a non volere abitare nel Palazzo Apostolico ma a voler stare a Casa S. Marta, il primo Papa che ha chiesto di usare un’utilitaria come automobile, il primo Papa che ha “regnato” (come si suole dire) con un Pontefice emerito, il primo Papa a un G7, il primo Papa che abbiamo visto con abiti “civili” (l’11 aprile scorso, quando a sorpresa si è fatto accompagnare nella basilica di S. Pietro senza la talare bianca). Negli ultimi giorni, diverse sono state le “sortite” fuori programma di Francesco.
Papa Francesco un moderno comunicatore
Papa Bergoglio, inoltre, è stato un grande e moderno comunicatore. Del tutto nuovo (e aggiornato ai tempi) è stato, infatti, il modo con cui si è rapportato con i media. Il Pontefice ci ha abituati a vederlo intervenire nelle trasmissioni televisive (o perché intervistato o con una semplice telefonata e una volta anche in studio), e a sentirne richiamare una in particolare (“A Sua immagine”) durante l’Angelus.
Risulta, poi, quasi del tutto inedito che il Papa abbia aperto ma non chiuso la Porta Santa durante un Giubileo (a parte un precedente che dovrebbe risalire al Settecento ma richiederebbe un’attenta verifica, che non si può fare ora). Inoltre, un’assoluta novità è l’apertura della Porta Santa all’interno di un carcere (il 26 dicembre 2024 a Rebibbia).
Francesco, poi, rompendo il protocollo, si è recato dall’ambasciatore russo alla Santa Sede il 25 febbraio 2024, allo scoppio della guerra in Ucraina, per chiedere di ristabilire la pace.
Quelle ora elencate sono solo alcune delle tante “prime volte” che hanno accompagnato i 12 anni di Pontificato, connotato da una costante capacità di sorprendere, dall’inizio (come appena detto) fino alla fine. Tutti, infatti, sapevamo delle precarie condizioni di salute di Francesco, ma ritengo che nessuno si aspettasse che quello di ieri fosse il suo congedo pubblico dal mondo.
Alcuni tratti caratterizzanti la personalità di Papa Francesco
Volendo provare a cogliere i tratti caratterizzanti della personalità di Papa Francesco, che sono diventati quelli dell’intero Pontificato, non si può fare a meno di riconoscere, innanzi tutto, la costante attenzione ai poveri e ai bisognosi. In piena fedeltà con il nome che si è dato, il Santo Padre ha promosso l’idea di una Chiesa “in uscita”, verso le periferie geografiche ed esistenziali, una Chiesa “povera e per i poveri”, una Chiesa “ospedale da campo” (per richiamare sue celebri espressioni).
Il primo viaggio a Lampedusa e l’attenzione ai poveri e ai detenuti
A proposito della paternità esercitata da Francesco verso tutti e, in particolare, nei confronti di chi fosse in condizioni disagiate, è emblematico che il primo viaggio sia stato quello a Lampedusa, con il quale era sua intenzione “risvegliare le nostre coscienze perché ciò che [era] accaduto non si ripete[sse]”, mettendole in guardia dalla “globalizzazione dell’indifferenza”. Accolto dal cardinale Montenegro, allora Vescovo di Agrigento, nostro concittadino e molto caro a tutti noi, Francesco ha lanciato in mare una corona di fiori, ha salutato i migranti e ha celebrato la Messa.
L’ultima uscita dalla Città del Vaticano è stata, in occasione del Giovedì Santo, per recarsi al carcere di Regina Coeli e andare a fare visita ai detenuti. In mezzo si rinvengono continui gesti di attenzione (fuori e dentro le mura vaticane) nei confronti dei più bisognosi. Impossibile provare a ricordarli tutti.
Un altro aspetto fondamentale è stato il costante richiamo alla pace e il rifiuto della guerra. Molte volte Francesco ha ribadito che “ogni guerra è una sconfitta” e che “non si risolve nulla con la guerra”, mentre “tutto si guadagna con la pace, con il dialogo” (così, ad esempio, si è espresso al TG1, il 2.11.2023).
Il Pontefice ci ha ricordato che siamo “Fratelli tutti” (questo il titolo dell’enciclica del 2020) e ha molto insistito sulla infinita Misericordia di Dio, dedicando a questo tema anche un Giubileo straordinario nel dicembre 2015.
Le riforme nella Chiesa e il ruolo profetico e politico
Papa Francesco ha poi riformato molte “strutture” della Santa Sede, ha particolarmente valorizzato il ruolo delle donne, ha rafforzato la tutela dei minori contro gli abusi (anche incontrando pubblicamente le vittime), ha affermato l’idea di una “ecologia integrale” (v. Laudato si’ del 2015 e Laudate Deum del 2023), è stato sostenitore dell’amicizia sociale e del dialogo tra i popoli e tra le confessioni religiose, nonché tra credenti e non credenti (si è molto speso anche per l’unità dei cristiani).
A tutti chiara è l’importanza del magistero di Francesco sul piano spirituale, ma non si può non sottolineare anche il rilevantissimo ruolo politico, pure a livello internazionale, svolto dal Papa argentino, un profeta di questo tempo. Molto altro, infatti, si potrebbe (e si dovrebbe) dire sui 12 anni di Pontificato di Bergoglio, ma non è possibile farlo in questa sede.
E ora? Francesco ci lascia una grande eredità. Il suo Pontificato rimarrà nella storia e merita di essere studiato in modo approfondito. Credenti e non credenti hanno imparato tanto da lui, si sono avvicinati e sono stati (e sono) chiamati a dialogare sempre di più. Agli uni e agli altri, a tutti noi, ora, spetta il compito di dare seguito a quanto ci ha insegnato questo grande “Papà” venuto da lontano.
Alberto Randazzo
Foto da Italpress.
