Ha ragione Cacciari: “Chi vuol amministrare oggi è pazzo”. Serve un patto per bandire i banditi

Negli anni scorsi ho sentito tante volte dire: “mi candido sindaco, è un orgoglio per me amministrare la mia città e fare qualcosa per i miei concittadini”.

Chi lo diceva aveva gli occhi che gli brillavano di passione politica. Oggi se qualcuno mi dicesse una frase simile risponderei come Cacciari e gli suggerirei un collirio. Ha ragione Cacciari, ex sindaco di Venezia quando dice: chi vuol amministrare oggi è un pazzo, è un martirio senza fine. Vent’anni di centralismo hanno degenerato, non hai soldi né potere”. Solo un folle può candidarsi per una poltrona trasformata in patibolo dal quale non puoi operare ma in compenso ti lanciano di tutto, dai sassi agli sputi, dipende dalla giornata.

Pensavo questo a proposito dei sindaci del M5S Pizzarotti e Nogarin, rispettivamente primi cittadini di Parma e Livorno. Entrambi raggiunti da avviso di garanzia, Nogarin per concorso in bancarotta fraudolenta e Pizzarotti per abuso d’ufficio ma solo quest’ultimo (da sempre un “dissidente” del movimento) è stato sospeso. Gli avvisi di garanzia sono atti dovuti ed emessi a tutela del destinatario (per questo si definiscono di “garanzia”) ma nell’immaginario collettivo oggi, intriso di frenesia forcaiola, un avviso di garanzia equivale ad una condanna definitiva. Mentre Pizzarotti è alle prese con un M5S vittima del meccanismo del “dagli all’untore”, il sindaco grillino di Pomezia Fabio Fucci spiega: “abbraccio Pizzarotti, anche io ho ricevuto un avviso di garanzia per una cosa infondata. La mia posizione è stata archiviata, cosa sarebbe successo se mi fossi dimesso?”. Per non parlare del sindaco di Quarto Rosa Capuozzo, espulsa dal M5S nell’ambito di una vicenda kafkiana. Mai e poi mai avrei immaginato di sentire Renzi, dopo le raffiche d’inchieste su amministratori Pd, parlare come il Berlusconi della guerra alle toghe rosse. Se fai la gara a chi alza l’asticella prima o poi neanche i santi potranno candidarsi. Come diceva Pietro Nenni: “a fare a gara a chi è più puro troverai sempre uno più puro che ti epura”. Stiamo precipitando in una furia giustizialista che mette nel mucchio tutto, confondendo i buoni con i cattivi e gli ignavi con i complici e un avviso di garanzia con l’ergastolo.

L’aggravante è la giustizia lenta. Nei giorni scorsi è stata confermata l’assoluzione anche in appello per il generale Mori e per il colonnello Obinu, accusati di aver favorito Provenzano (in relazione alla mancata cattura del boss). Due assoluzioni di fila ma nel frattempo hanno vissuto 20 anni di processo mediatico. Le loro vite rovinate. Ero tra quanti hanno ritenuto De Luca un impresentabile. Alla fine ha vinto lui, e non solo le elezioni in Campania.

Ma torniamo agli amministratori pazzi. Oggi i sindaci hanno un problema enorme: non hanno una lira. Vieni eletto e pensi di trasformare la tua città, ma il giorno dopo scopri che il governo ha tagliato tutti i contributi e ti costringe a diventare “esattore” della tua gente per coprire i servizi con le imposte locali.

Insomma, ti candidi pensando di diventare Robin Hood e scopri di essere lo sceriffo di Nottingham E se questo al Nord può essere motivo di preoccupazione, per un sindaco del sud, è panico. Il bisogno innesca meccanismi a catena che portano ad una situazione di guerriglia sociale.

Non esistono più il confronto politico e l’avversario politico, sostituiti dal nemico da annientare andando in Procura, cavalcando la macchina del fango, oppure vincendo la gara degli insulti in un talk show. I Palazzi della Politica ed i Palazzi della Giustizia sono due istituzioni sacre che dovrebbero essere rispettate entrambe. Un conto è la dialettica Politica, anche vivace, un altro è la strumentalizzazione giudiziaria, il paventare spedizioni punitive in Procura che già ha il suo da fare in una Paese di corrotti. Quando c’è la fame il popolo vuole sangue ma gli arresti per mafia, ‘ndrangheta, camorra, non fanno più audience. Se però ci metti di mezzo un politico i riflettori si accendono e lo share sale.

La sera dell’arresto di Paolo David ero in consiglio comunale perché era in corso una seduta (21 i presenti su 40 eletti). Alle 23.20 su Repubblica on line appare la notizia, con dovizia di particolari, di 35 arresti per mafia e voto di scambio. Mancava solo il nome del consigliere comunale arrestato, che però, si leggeva, era stato coinvolto in gettonopoli. C’era la paura negli occhi dei presenti e non perché si ritenessero colpevoli, ma perché se finisci nel tritacarne sei morto. David era andato via alle 21.30. Gli arresti sono stati eseguiti a mezzanotte, prima del previsto a causa di quella fuga di notizie. Non è bello vivere in un Paese nel quale si apprende di essere arrestati dalla stampa. Nonostante un Consiglio comunale di persone perbene, nell’immaginario collettivo è arrivata l’ora del linciaggio, dimenticando che l’incompetenza, l’incapacità, sono cose ben diverse dall’essere corrotti, ladri, mafiosi. Mi fa paura questa deriva.

Vorrei che un giorno si tornasse a parlare di Politica con serenità, con il rispetto verso l’altro, tra persone di schieramenti opposti che magari s’ incontrano a metà strada senza cambiare casacca per opportunità.

Persino Accorinti che è uno dei tantissimi politici onesti che conosco è stato raggiunto da avviso di garanzia per omissione di atti d’ufficio per la mancata bonifica del torrente Bordonaro (ed è evidente che non c’entra nulla e sarà archiviato).

Nelle scorse settimane mi ha colpito al processo per l’alluvione di Giampilieri la condanna dei soli sindaci di Messina e Scaletta Giuseppe Buzzanca e Mario Briguglio. Assolti i dirigenti, i tecnici, i funzionari della Protezione civile.

Una sentenza che rispecchia il sentire collettivo di oggi che vede appunto come dice Cacciari: i sindaci parafulmini universali.

Perché è questo che vuole il popolo della Rivoluzione francese, vuole il Politico sulla ghigliottina. Resto dell’idea che non sarà questo clima di guerriglia sociale o la paura delle manette a cambiare le cose. Dobbiamo cambiarle noi. Serve una riappacificazione sociale che non passi dall’amnesia collettiva o dal mettere la polvere sotto il tappeto, non passi dall’indulgenza plenaria o dall’autoassoluzione, ma passi dalla ragione, dal dialogo, dal rispetto dei valori e della Costituzione.

Serve un patto tra persone perbene di tutti i partiti per bandire i banditi e lasciare che nella Casa del popolo entri solo la Politica, che si torni a parlare di missione, di spirito di servizio, di lavoro, opportunità, sviluppo. E non di una gara a chi ha meno indagati nelle liste, chi ha meno sindaci in manette, chi ha meno impresentabili tra i candidati. L’unica gara da fare è per il “più”. Più etica, più responsabilità, più rigore morale, più amore, più senso delle Istituzioni.

Rosaria Brancato