Il fascino naturalistico delle grotte di Sant'Alessio: alcune particolarità

Il fascino naturalistico delle grotte di Sant’Alessio: alcune particolarità

Daniele Ingemi

Il fascino naturalistico delle grotte di Sant’Alessio: alcune particolarità

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domenica 13 Giugno 2021 - 07:16

Il promontorio a soli 30 km da Messina presenta una natura pressoché incontaminata

Il capo di Sant’Alessio, situato a circa 30 km a sud della città di Messina, sul versante ionico della provincia di Messina, possiede numerose piccole grotte marine, raggiungibili via mare. Alcune di queste, invece, sono ubicate a ridosso della linea di costa, e un tempo facevano parte dell’ampia spiaggia di sabbia e ghiaia che caratterizzava questo angolo della riviera ionica del messinese, fra Messina e Taormina.

Se si costeggia il promontorio, da ovest verso est, si possono riscontrare diversi scogli, rientranze, anfratti e cavità peculiare, cui gli abitanti del luogo hanno dato precise denominazioni. Fra queste sono da evidenziare la “grotta di terra”, la più vicina alla spiaggia, dalla forma stretta ma lunga, detta localmente “grotta dei taddariti”, per lo svolazzare dei pipistrelli. Poi, proseguendo verso est, a ridosso della parte centrale del Capo, troviamo pure la “grotta di mezzo” (“rutta i menzu” per i pescatori locali), piuttosto vasta e dotata, a seconda delle condizioni del moto ondoso, di una bellissima “micro spiaggia” di sabbia.

La grotta è visitabile solo via mare, quando le condizioni meteo-marine sono ottimali, con mare calmo e poca corrente. E infine, quasi in direzione della punta del promontorio roccioso, troviamo la “grotta di fuori”, la più lontana, e fino a pochi decenni fa regno incontrastato di alcune specie di pesci pregiati.

L’ingresso della grotta di mezzo, nella parte centrale del Capo, dove si trova la piccola spiaggetta di sabbia. Il riflesso del sole sul basso fondale sabbioso fa assumere alle acque del mare una tonalità azzurro chiara. La grotta è visitabile solo via mare, quando le condizioni meteo-marine sono ottimali, con mare calmo e poca corrente

All’interno di queste grotte si trovano varie spugne e specie di blennidi. Fra la “grotta di mezzo” e la “grotta di fuori” vi è pure un arco naturale che si riesce a notare solo da particolari prospettive, per un osservatore che si trova in mare, a ridosso del Capo. Inoltre, alla punta di Capo Sant’Alessio, a livello del mare, si possono notare due piccoli fori, ubicati ad altezze diverse, ma comunicanti fra loro.

Quando il moto ondoso raggiunge una certa intensità l’acqua del mare entra dal foro più basso, per uscire con violenza dal foro più alto, a volte con spruzzi anche violenti quando lo stato del mare è agitato. Nello stesso tratto, poco davanti la punta del Capo, troviamo anche la famosa “secca” (“a sicca”), dove il fondale è più basso per la presenza di una piccola piattaforma calcarea poco profonda, che poi sprofonda su livelli batimetrici importanti.

Proseguendo verso sud si incontrano due scogli a pochi centimetri dal livello del mare. Il primo viene chiamato “u rasolu”, poiché ha la forma di una lama, molto pericolosa per le chiglie delle piccole imbarcazioni. L’altro scoglio, invece, viene chiamato dai locali “u sauru”, così chiamato per la presenza di un tipico pesce della zona, il sugarello, in dialetto meglio noto come “sauro”. Proseguendo verso sud, dopo una serie di altri scogli sottomarini, rappresentanti la continuazione del promontorio roccioso sul fondale marino, si arriva alle “petri niuri”, le pietre nere, così denominate per il loro colore grigio scuro, quasi nero.

Sotto l’aspetto geologico, osservando il Capo, caratterizzato da pareti rocciose quasi verticali, ricoperte da una lussureggiante vegetazione spontanea, tipica della macchia mediterranea, si notano alla base degli affioramenti calcarei di colore chiaro e calcarei dolomitici di colore biancastro o rosato, intensamente fessurati, da cui deriva la nominazione “Arghennon Akron” (Capo d’argento), data dai greci durante il loro arrivo in Sicilia (Naxos, la prima colonia greca in Sicilia venne fondata attorno il 734 A.C.). Un’altra importante caratteristica delle piccole grotte di Capo Sant’Alessio riguarda il loro, continuo, cambiamento d’aspetto, a causa dei periodici avanzamenti del mare, che per variazioni ecologiche naturali. Generalmente l’avanzamento del mare avviene in pieno inverno, in autunno e anche all’inizio della stagione primaverile, quando le grandi mareggiate dal primo e secondo quadrante esportano gran parte della ghiaia e del materiale sabbioso che si addossa nel paraggio sottostante il promontorio. In alcune annate, in cui le mareggiate sono particolarmente intense e frequenti, si viene a formare sulla prospiciente spiaggia uno scalino, alto anche più di 1-2 metri.

Il promontorio di Capo Sant’Alessio fotografato qualche giorno fa dalla spiaggia

Il tipico moto ondoso prevalente nell’area, creato dai venti che spirano da nord e nord-est, produce una normale ridistribuzione del materiale, livellando nuovamente la spiaggia con pendenze più dolci, come capita durante i mesi estivi. D’estate le variazioni sono davvero poche. Anche se i venti prevalenti vengono spesso da nord o nord-est (grecale), le mareggiate più importanti vengono prodotte dai venti di levante, scirocco e ostro. Le grotte, pur se ubicate sulla parete settentrionale del promontorio, che guarda verso lo Stretto di Messina, non sono pero protette dai grandi treni d’onda, prodotti dai venti di levante e scirocco. Difatti, lungo la punta del Capo, durante le mareggiate da E-SE o S-SE, si crea il fenomeno della “rifrazione” che porta le grandi onde a srotolarsi lungo tutta la scogliera, fino alla spiaggia, causando intensi fenomeni di erosione. Durante le grandi mareggiate da scirocco e levante l’area può essere interessata da treni d’onda, alti fino a 6-7 metri, che rimuovono gran parte della sabbia e della ghiaia che si era accumulata precedentemente dentro le grotte.

Ad esempio, negli anni e decenni passati, quando il fenomeno dell’erosione nella zona di Sant’Alessio dipendeva solo da fattori naturali, la prima grotta veniva invasa dalla sabbia, trasformandosi da grotta marina a grotta terrestre. Ora che la grotta è invasa dal mare, l’altezza dell’acqua misura circa 1 metro all’altezza dell’ingresso. La grotta di mezzo, invece, a causa delle mareggiate invernali subisce una ciclica metamorfosi, che dipende esclusivamente dal moto ondoso che ne modella l’aspetto della piccola spiaggetta all’interno. In alcune annate, come nel luglio 1988, la piccola spiaggetta era temporaneamente scomparsa, facendo risultare la grotta più lunga e profonda, mentre al posto della sabbia compariva un fondale roccioso e ben levigato. In altre annate la piccola spiaggia di sabbia si può estendere di diversi metri, ricoprendo le rocce sottostanti e rendendo il fondo poco profondo.

Il mutare continuo delle condizioni ambientali e degli habitat porta nel tempo queste grotte a essere colonizzate da varie specie di animali, sia del mondo terrestre che marino. Possiamo trovare al loro interno sia una fauna terrestre, come varie specie di uccelli e pipistrelli, piccoli rettili e piccoli mammiferi, come topi, e tantissime varietà di insetti. Ma a un certo punto tutto viene nuovamente sconvolto e alterato dal mare, dando vita a un nuovo tipo di colonizzazione marina nella parte inferiore, e terrestre nella volta. I fondali di queste grotte oggi vengono abitati da diverse specie di pesci, tipici di fondali rocciosi, polpi e seppie. Negli anni passati, durante una campagna studi, all’interno delle grotte centrale sono stati ritrovati dei pesci batifili, trascinati dalla forte corrente di marea.

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