Il fenomeno dei "meteotsunami atmosferici": l'esempio del marrobbio in Sicilia

Il fenomeno dei “meteotsunami atmosferici”: l’esempio del marrobbio in Sicilia

Daniele Ingemi

Il fenomeno dei “meteotsunami atmosferici”: l’esempio del marrobbio in Sicilia

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domenica 30 Maggio 2021 - 08:28

Il fenomeno, seppur raro e complesso, interessa con una certa regolarità anche l'area mediterranea

Gli tsunami sono originati da forti terremoti o grandi frane sottomarine, talora da vulcani e raramente perfino da meteoriti. In più di un’occasione (per esempio anche nello Stretto di Messina nel 1908) queste cause interagiscono. Ma come dimostrato recentemente da alcuni studi specifici, esistono però altre onde anomale analoghe agli tsunami, prodotte dall’improvvisa insorgenza di intensi fenomeni atmosferici. Tali fenomeni, più frequenti di quanto si possa credere, prendono il nome di “meteotsunami” o “tsunami meteorologici”. In realtà, in prima battuta, il termine “tsunami” potrebbe sembrare un po’ improprio, visto che con questa parola in genere si indica una “grande perturbazione sottomarina” di origine tellurica, franosa od eruttiva. Ma per il momento questa definizione può essere accettata, anche perché le similitudini tra i vari fenomeni sono parecchie. I “meteotsunami” dunque sono gli ultimi arrivati nella famiglia dei maremoti, essendo ancora poco noti e studiati, meritano un approfondimento. I “meteotsunami”, solitamente, si verificano solo in determinate situazioni e quando vanno a sommarsi una lunga e complessa serie di fattori.

Fondamentale è il passaggio di grandi turbolenze, associate ad onde atmosferiche di gravità che si trasmettono nei medi e bassi strati della troposfera. Senza queste particolari “disturbance” atmosferiche il fenomeno non potrà mai formarsi e svilupparsi. Sovente queste grandi turbolenze atmosferiche sono indotte da consistenti perturbazioni annesse a linee di groppi temporaleschi, fronti freddi e sistemi convettivi che creano turbolenze nella media-bassa troposfera, producendo brusche variazioni della pressione atmosferica in mare aperto o in mezzo all’oceano. Questi repentini sbalzi di pressione spesso riescono a generare delle cosiddette “onde barotropiche” le quali, attraverso complessi meccanismi di risonanza, trasmettono l’energia dall’atmosfera al mare. Per ottimizzare questo passaggio, è necessario che la velocità di propagazione del fronte atmosferico sia analoga a quella di spostamento del moto ondoso che tende a distendersi verso le aree costiere, esaltando ulteriormente il fenomeno. Inoltre si devono avere dei venti molto forti nell’alta troposfera, generalmente da sud ovest (dove si inseriscono le onde gravitazionali), davanti a una profonda depressione in spostamento da ovest ad est. Nei bassi strati invece le correnti devono rimanere piuttosto deboli, favorendo l’avvento delle turbolenze nella bassa troposfera. A questo punto entrano in gioco la batimetria e la morfologia della costa. Laddove i fondali marini si impennano bruscamente e il litorale è costituito da baie strette e lunghe (in gergo scientifico significa “alto fattore Q”), si ha ulteriore risonanza e l’onda si espande, diventando minacciosa e distruttiva.

Effetti ancora più dannosi si esplicano quando la direzione di propagazione della “disturbance” atmosferica è coincidente con la direzione di allungamento della baia. Più le due direzioni sono equivalenti, più forte sarà il fenomeno. Dunque, un insieme concomitante di parecchi fattori: da qui la rarità dell’evento e la difficoltà di identificazione. Anche perché gli effetti e le caratteristiche di sviluppo dei “meteotsunami” sono del tutto simili a quelli degli tsunami propriamente detti. I periodi delle onde e le proprietà dinamiche sono sostanzialmente uguali; molte volte si assiste al ritiro del mare, fino a lasciare scoperto il fondale, prima del loro arrivo violento sulla costa. Da questo si evince come, pur differenziandosi per l’origine con i maremoti più tipici, meritino l’appellativo di “meteotsunami”. In Italia la zona dove il fenomeno è più comune è la Sicilia, in particolare il trapanese e Mazara del Vallo il cui porto, associato al fiume Mazaro, possiede un alto “fattore Q”. Proprio qui si verifica spesso, praticamente ogni anno, il cosiddetto Marrobbio. Esso è originato da un forte squilibrio di pressione o da un forte vento trasversale, come un intenso libeccio o un impetuoso vento di ponente (meglio un O-SO), che batte la parte più alta del Canale di Sicilia, determinando un brusco innalzamento del livello delle acque lungo la riva siciliana e un contemporaneo abbassamento sulla riva opposta tunisina.

Ecco il grafico che illustra la dinamica di sviluppo dei “meteotsunami”. Si nota l’interazione fra le onde di gravità che si producono in atmosfera e il trasferimento di quest’ultime sopra la sottostante superficie marina

Quando il vento si attenua, cessata l’azione perturbatrice, la massa d’acqua, prima di assestarsi, subisce una serie di grandi oscillazioni stazionarie che possono raggiungere altezze considerevoli, al punto da innescare grandi ondate che vanno ad abbattersi di colpo lungo la costa, con il rischio di inondazioni e allagamenti pure lungo le zone più ridossate. Spesso, a seguito del “marrobbio” a Mazara del Vallo le barche in porto vengono sbattute e le infrastrutture subiscono danni più o meno ingenti, con onde che raggiungono altezze anche superiori al metro. Il luogo però dove i “meteotsunami” sono più noti e studiati è Ciutadella, nell’isola di Minorca, nelle Baleari. La baia sembra fatta apposta per esaltare gli effetti del fenomeno, lunga un chilometro e larga 100 metri, profondità sui 5 metri. Come si dice in gergo scientifico, un “fattore Q” di primo livello. Quando a ciò si aggiunge una marea di qualche decimetro e soprattutto una perturbazione che arriva con direzione E-W (la stessa in cui è allungata la baia), abbiamo le condizioni ideali per lo sviluppo del “meteotsunami”. Come il 15 giugno 2006 quando dapprima il mare si ritirò, lasciando il porto praticamente asciutto e poi tornò con violenza, con onde alte almeno 5 metri: una cinquantina le barche distrutte. Eventi analoghi si svilupparono nel 1984, nel 1989 e nel 1998. Proprio per questa periodicità, qualche autore vuole indicare i “meteotsunami” col termine di rissaga, vocabolo che indica appunto il fenomeno nell’idioma locale delle Baleari.

Gli effetti del Marrobbio a Mazara del Vallo

Anche l’Adriatico sembra mare privilegiato per i “meteotsunami” che vi si esplicano con regolarità e violenza. In particolare sulla costa dalmata, in Croazia, il fenomeno è noto e ben studiato grazie da un team di scienziati tra cui spicca l’oceanografo Ivica Vilibic, particolarmente attivo negli ultimi anni. Il “meteotsunami” più noto dell’Adriatico si sviluppò nel 1978 a Vela Luka, con onde alte fino a 6 metri e interessò pure le nostre coste, da Giulianova a Bari. Il 27 Giugno 2003 invece tocca a Stari Grad e Mali Ston, due cittadine dalmate ubicate alla fine di una baia allungata in direzione Nord/Ovest-Sud/Est, con onde che raggiungono i 3 metri di altezza che crearono allagamenti e danni sul litorale.

Il 22 Agosto 2007 analogo fenomeno si registra a Siroka Bay, sull’isola di Ist, con onde di 4 metri e parecchi danni sui viali a mare ed a barche ormeggiate. Da segnalare la particolarità che il mare dapprima si ritira, lasciando praticamente asciutto il porto. Il 15 Agosto 2008, in piena stagione turistica, è la volta di Mali Losinj, con onde di 2 metri. Infine l’ultimo episodio registrato è del 19 Febbraio 2010, ancora a Stari Grad, dove venne allagato il viale a mare, con alcune auto e container trascinati dalla furia delle acque.

BIBILIOGRAFIA E FONTI PRINCIPALI

  • Jansa A., Montserrat S., Gomis D., The Rissaga of 15 June 2006 in Ciutadella (Menorca), a Meteorological Tsunami, Adv. Geosci., 12-14, 2007
  • Montserrat S., Vilibic I., Rabinovich A.B., Meteotsunamis: Atmospherically Induced Destructive Ocean Waves in the Tsunami Frequency Band, Natural Hazards Earth Syst. Sci., 6, 1035-1051, 2006
  • Orlic M., About a Possible Occurrence of the Proudman Resonance in the Adriatic, Thalassia Jugoslavia 16 (1), 79-88, 1980
  • Rabinovich A., Vilibic I. Tinti S., Meteorological Tsunamis: Atmospherically Induced Destructive Ocean Waves in the Tsunamis Frequency Band, Phys. Chem. Earth, 2009
  • Sepic J. e Vilibic I., The Development and Implementation of a Real-Time Meteotsunami Warning Network for the Adriatic Sea, Nat. Hazards Earth Syst. Sci, 11. 83.91, 2011
  • Vilibic I., Sepic J., Destructive Meteotsunamis along the Eastern Adriatic Coast: Overview, Phys. Chem. Earth, 34, 904-917, 2009
  • Vucetic T., Vilibic I., Tinti S., Maramai A., The Great Adriatic Flood of 21 June 1978 Thirty Years Later: An Overview of the Existing Reports, Phys. Chem. Earth, 34, 894-903, 2009

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