L'avvocato Nicola Bozzo: "Prima dell'Europa, a pronunciarsi deve essere la commissione nazionale per la Valutazione d'incidenza ambientale"
Nicola Bozzo è un avvocato e scrittore messinese che ha approfondito il tema ponte sullo Stretto sul piano giuridico. E che analizza l’attuale stasi del progetto.
Bozzo, c’è qualcosa che sta bloccando il parere finale del Cipess, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, sulla grande opera?
“Ritengo che in questo momento il governo si trovi in una sorta di impasse procedimentale. Come è noto, pur essendo il progetto del Ponte sottoposto al vecchio regime delle infrastrutture strategiche (cosiddetta legge obiettivo), siamo in presenza di una Valutazione d’incidenza ambientale (Vinca) negativa in base al principio di precauzione, in relazione all’integrità di alcuni importanti habitat, peraltro prioritari, come si può leggere nella parte conclusiva della Valutazione d’impatto ambientale. Nella vecchia disciplina, ai sensi dell’articolo 183, comma 6, di questo decreto legislativo si legge: «Il provvedimento di compatibilità ambientale è adottato dal Cipe, contestualmente all’approvazione del progetto preliminare. In caso di motivato dissenso del ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio, o del ministro per i Beni e le Attività culturali, l’adozione del provvedimento di compatibilità ambientale è demandata al Consiglio dei ministri, che vi provvede nella prima riunione utile successiva». Ma c’è di più”.
Cosa?
“La Corte di giustizia europea. in seguito al rinvio pregiudiziale del Tar Lazio in ordine a interventi su un importante tracciato autostradale, sempre per opere considerate strategiche dalla programmazione dell’epoca, ha stabilito che “la direttiva 92/43 dev’essere interpretata nel senso che essa, pur lasciando agli Stati membri il compito di designare l’autorità competente a valutare l’incidenza di un piano o di un progetto su una zona speciale di conservazione, nel rispetto dei criteri enunciati dalla giurisprudenza della Corte, osta invece a che una qualsivoglia autorità prosegua o completi tale valutazione, una volta che quest’ultima sia stata realizzata”. In sostanza, per il via libera al ponte sullo Stretto, serve un parere della commissione nazionale“.
Di fatto, quanto scrive la Corte è applicabile al caso ponte, dunque…
“La Corte di giustizia, in effetti, disapplica. per contrarietà al diritto dell’Unione, la disposizione secondo la quale il Consiglio dei ministri o il Cipe, oggi Cipess, potevano, per così dire “sanare” una valutazione di incidenza negativa. Posto che nel nostro ordinamento è attribuita alla commissione Via-Vas-Vinca la Valutazione d’incidenza ambientale per tutte e tre le fasi del suo svolgimento, se ne dovrebbe dedurre che la cosiddetta fase tre dello screening dovrà essere svolta dalla medesima commissione Vinca (Valutazione d’incidenza ambientale). La fase tre è quella del procedimento ulteriore alla cosiddetta valutazione appropriata che già si è svolta con esito parzialmente negativo”.
Qual è il ruolo della commissione Vinca?
“Valuta, in una fase di maggiore approfondimento, l’adeguatezza delle cosiddette misure di compensazione proposte dal proponente. Del resto, in questo senso vi è un importante precedente che ha riguardato le opere strategiche del porto di Civitavecchia. Lì fu addirittura la Commissione europea, attivando la procedura cosiddetta Eupilot (un meccanismo di natura dialogico-cooperativo tra istituzioni nazionali e istituzioni europee) a richiedere un’ulteriore valutazione Vinca, indirizzando anche le autorità nazionali sull’intensità e l’appropriatezza delle misure di compensazione. In sostanza, ritengo che una delibera Cipess, in questo esatto momento procedimentale, possa presentare gli stessi vizi che la Corte di giustizia ha rilevato per la delibera Cipe nel caso citato. Del resto, come è noto, le pronunce della Corte di Giustizia sono vincolanti nell’ordinamento interno”.
Insistiamo: secondo lei il parere definitivo sul Ponte è nazionale, giusto. E non europeo?
“Se leggiamo la guida all’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva cosiddetta Habitat, vi si legge che, in applicazione del principio di sussidiarietà, spetta alle autorità nazionali, così come individuate nei rispettivi ordinamenti, decidere in ordine alle ipotesi derogatorie così definite dalla stessa disposizione. Disposizione che precisa un dettaglio importante: qualora vi sia una valutazione dell’incidenza negativa, lo Stato, adottando ogni misura compensativa adeguata, può procedere per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico. Oppure, ove si tratti di siti in cui sono presenti, come nel nostro caso, habitat prioritari, si potrebbe procedere soltanto in ragione di considerazioni connesse alla salute dell’uomo, alla sicurezza pubblica o a primarie esigenze ambientali. In questi due casi occorre una comunicazione alla Commissione delle misure compensative adottate. In ultimo, è possibile, solo previo parere della Commissione, procedere per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”.
Un quadro normativo complesso…
“Innanzitutto è evidente come si tratti di concetti altamente indeterminati: sicurezza pubblica, salute dell’uomo, preminenti interessi pubblici. Quindi, naturalmente occorre fare riferimento alla giurisprudenza europea che ci dà preziose indicazioni su come far divenire diritto vivente concetti dotati di un alto grado di astrattezza e tentando di ricucire in via interpretativa un contesto assai complesso in cui confluiscono norme europee, norme statali, linee guida di varia foggia, prassi, orientamenti giurisprudenziali”.
Questo che cosa comporta?
“Credo che il bilanciamento che occorre operare nelle ipotesi derogatorie vada compiuto per le misure soggette a un semplice obbligo di comunicazione dalla stessa commissione Via-Vas. Essa ha una titolarità esclusiva per i tre livelli progressivi dello screening di incidenza. Questo non impedisce la possibilità di un procedimento complesso nel quale è del tutto ragionevole anche un intervento della Commissione europea, non attraverso l’affermazione di una propria titolarità a decidere, superiore o derogatoria, ma nella forma che ben si è manifestata nel caso molto simile di Civitavecchia (attivando il meccanismo Eu Pilot), cui abbiamo fatto riferimento, di un soft-power che indirizza e coordina, comunque, gli esiti della specifica soluzione che occorre individuare. Il tutto bilanciando i variegati interessi che si manifestano. Si tratta quindi di meccanismi non tanto di tipo gerarchico, quanto di tipo dialogico-cooperativo, propri peraltro della concretizzazione del principio di sussidiarietà”.
Quindi, secondo lei, serve un parere definitivo nazionale ma l’Europa non è tagliata fuori. Ricordiamo che il sistema Eu Pilot è un meccanismo di cooperazione tra la Commissione europea e gli Stati membri che consente di verificare se il diritto dell’Unione sia rispettato e correttamente applicato in seno ad essi. Ed è stato applicato nel caso di Civitavecchia da lei citato, dove l’Europa ha rimandato il Vinca e addirittura ha orientato le misure compensative…
“Certo è che, se le misure adottate da uno Stato membro si rivelano lesive del diritto europeo, l’Europa interviene con tutto l’armamentario degli strumenti di cui dispone, sino all’apertura della procedura di infrazione e fermo, naturalmente il controllo giurisdizionale, nazionale ed europeo che per alcuni aspetti è già stato attivato da alcuni ricorrenti. Se la disposizione sui meccanismi di deroga prevede la comunicazione alla Commissione delle misure compensative, e viceversa il parere per la soluzione estrema della decisione per preminenti interessi pubblici, il dato testuale mi fa pensare che nelle prime due ipotesi le istituzioni europee intervengono proprio sul versante dell’adeguatezza delle misure compensative finalizzate all’integrità dei siti. E non diventando, in questa fase, arbitre della sussistenza degli interessi pubblici che giustificano la deroga. Cosa che, naturalmente, sarà valutabile anche a seguito di procedure d’infrazione dalla Corte di giustizia europea. Mentre l’ipotesi estrema della deroga con parere non ritengo assolutamente che competa al ministero dell’Ambiente. In questo caso, ci troveremmo in un’ipotesi di conflitto tra amministrazioni statali e dunque, tale conflitto, forse, può essere sanato da un intervento “politico” del Consiglio dei ministri in base alle note norme della legge 400 del 1988”.
Ma qual è il vero buco nero del progetto ponte, secondo lei?
“Per me, l’aspetto e il profilo anche giuridico più avvilente è proprio il decreto legge del 2023 che sostanzialmente resuscita il progetto. I soggetti contrattuali (sia il concessionario, sia il General Contractor), a distanza di dodici anni dal decreto legge del governo Monti che, secondo me, con effetti irreversibili, aveva caducato il tutto. Si tratta di un provvedimento che ha pietrificato il tempo, permettendo la perdurante disciplina della vecchia legge obiettivo, immobilizzando lo stesso fluire dell’ordinamento. Si pensi soltanto a tutta la sedimentazione regolativa del cosiddetto green deal che avrebbe determinato lo svolgimento di eventuali e doverose nuove gare d’appalto rispondenti alla sempre più emergente preminenza degli aspetti, in senso lato, ambientali, nelle procedure sia di concessione che di aggiudicazione degli appalti. La cosiddetta legge-provvedimento Salvini, secondo me, non può superare quel vaglio di stretta ragionevolezza che orienta l’attività della Corte costituzionale. In ultimo, anche le chiare violazioni del diritto della concorrenza si colorano di nuovo significato, perché, come accennato, ove si fosse proceduto ad appalti cosiddetti verdi, il principio di concorrenza e il principio ambientale avrebbero trovato una felice sintesi da far valere anche in sede processuale”.
Sul piano personale, sganciandosi per un attimo dalle valutazioni giuridiche, qual è la sua posizione sulla grande opera?
“Per quanto mi riguarda, io sono per l’opzione zero. Ovvero, contrario al ponte”.

Uno che per principio è contrario al ponte non può che esserlo anche nelle sue valutazioni,non credo che dall’intervista del vs. direttore vi aspettavate niente di diverso.è stata fatta apposta..Ora ci troviamo a Messina con la vs. testata contraria al ponte,considerando la vs. linea politica,e la Gazzetta del Sud favorevole da sempre,non vorrei che le vs, interviste finissero qui,dovreste anche dare voce a tecnici ed sperti che possano avere idee diverse e contrarie di quanto ascoltato in questa intervista.E una situazione questa tipicamente italiana,fai tutto quello che vuoi,ma non nel mio giardino.
Buongiorno, ieri abbiamo pubblicato un documento di tecnici favorevoli al ponte. Negli editoriali emerge un orientamento critico, certo, ma la nostra testata dà la possibilità a tutti di farsi un’idea ed è sempre per il confronto su ogni argomento. Cordiali saluti
Tutte queste dotte disquisizioni giuridiche mi hanno fatto pensare agli impedimenta dirimenta di Don Abbondio. E a come talvolta la giurisprudenza possa diventare più temibile di un tumore maligno. Penso pure che l’articolo sarebbe risultato assai più chiaro spostando all’inizio le ultime due righe.
Il ponte secondo il mio parere non vedrà mai la luce, per quanto riguarda invece tempostretto hanno le stesse idee di rifondazione e non vado oltre.
Leggendo ogni giorno tutti questi articoli variegati sul non voler realizzare quest’importante opera, non mi capacito sul fatto che com’è possibile essere contrari ad un opera così importante e strategica per lo sviluppo di queste due regioni meravigliose, (si pensi a come ha rivoluzionato la città di Bilbao in Spagna il Museo di Frank O. Gehry, straordinaria opera di architettura) il dove il ponte costituirà un importante attrattore del turismo, ma poi sarà tutto il resto (storia, mare, sole, cibo …..) a farli ritornare, una volta che avranno conosciuto questi bellissimi posti. Io spero che l’amore per la nostra terra superi di gran lunga la negatività di chi vuole il male per la nostra terra.
Certamente, ad un’occhio attento e preparato, non sarà sfuggito l’elevato grado di complessità che caratterizza questo progetto. Da quel che si vede, ictu oculi, vi è, da un lato, il disperato tentativo di dimostrare che il progetto procede, come previsto, dall’altro, invece ci si concentra sugli impedimenti per la sua costruzione. Andrebbe impiegata la massima attenta prudenza nel trarre conclusioni : potrebbero rivelarsi azzardate. Peraltro, trovo molto interessante questo saggio punto di vista dell’ AVV. BOZZO, anche se, tuttavia, non riesco a comprendere pienamente come sia stato possibile andare oltre il “blocco” creato da Monti. Come fa un decreto del 2023 a diventare “un provvedimento che ha pietrificato il tempo, permettendo la perdurante disciplina della vecchia legge obiettivo” ? Resto in attesa della Sua gradita risposta.
Progetto fermo al box!…. buco nero!!!!
qui l’unica cosa ferma al box da oltre 60 anni è conseguentemente sprofondata in un buco nero è Messina!!!!!!!
Fate un bella passeggiata con la famiglia, magari per negozi (!!!!!) alle 18,00 e verificate con “mano” le condizioni in cui Messina è sprofondata a causa di tutti gli “scienziati” che hanno inquinato il naturale sviluppo a cui era destinata Messina dagli anni 60′ in poi!!!!
Ma chi non verrebbe a Messina per percorrere il ponte e posteggiare in doppia fila in Via dei Mille?