Il Quartetto Maxwell: una originale compagine scozzese per la prima volta in Italia

Il Quartetto Maxwell: una originale compagine scozzese per la prima volta in Italia

giovanni francio

Il Quartetto Maxwell: una originale compagine scozzese per la prima volta in Italia

domenica 31 Marzo 2019 - 15:10

Sabato u.s., per la stagione musicale dell’Associazione V. Bellini, si è esibito, per la prima volta in Italia, il Quartetto Maxwell, quattro ottimi giovani interpreti, tre scozzesi ed uno inglese. Un programma variegato, da Haydn al contemporaneo Joey Roukens, con incursioni nella musica Folk scozzese, nella prima parte; il celeberrimo Quartetto “La morte e la fanciulla” di Schubert nella seconda. È noto che fu Joseph Haydn il primo a sviluppare la forma del quartetto d’archi ove ogni strumento ha pari dignità e dialoga con gli altri, e ciò avvenne in particolare con i sei quartetti op. 20 (i famosi “Quartetti del sole”). Del grande compositore austriaco, che può considerarsi tranquillamente il padre di questa forma musicale – come del resto è anche considerato il padre della sinfonia – avendo composto più di ottanta quartetti, il Quartetto Maxwell ha eseguito il quartetto op. 71 n. 1 in Sol Maggiore – Hob. III: 69, primo della serie dei tre quartetti op. 71, che insieme ai tre quartetti op. 74 costituiscono gli “Appony Quartets”, composti per il conte Anton Georg Appony. Tali quartetti furono i primi di Haydn destinati ad essere eseguiti non più presso le sale di corte, bensì nelle grandi sale da concerto. Sono tutti caratterizzati da una introduzione lenta, come avviene per la maggior parte delle ultime dodici sinfonie londinesi, ma in questo caso l’introduzione consta solo di poche note. Il quartetto in sol maggiore in particolare presenta un’introduzione che consiste in cinque accordi in forte, dal tono severo, che contrastano con il seguito del movimento e di tutto il quartetto, dall’andamento tenero e melodico (in particolare il gradevolissimo “Adagio”). “Visions at Sea”, il brano eseguito del compositore contemporaneo Joey Roukens, inizia con un’atmosfera rarefatta, in sordina, adagio, che richiama i primi lavori cameristici, ancora tonali, di Schonberg e Webern, per poi movimentarsi con temi ispirati da danze e motivi popolari scozzesi, che creano un efficace contrasto con la tensione enigmatica dell’incipit, per poi concludersi, quasi morendo, in pianissimo, con la ripresa del tema iniziale. Il simpatico violoncellista scozzese del gruppo ha poi rappresentato al pubblico, in italiano, la passione per la musica di Haydn, piena di gioia, come la musica folk, che piaceva allo stesso Haydn, e della quale il Quartetto Maxwell costituisce regolare interprete. I musicisti hanno quindi eseguito tre brevi brani tratti dalla tradizione scozzese. Si tratta di pezzi affascinanti, che richiamano con immediatezza il suono della cornamusa scozzese, molto suggestivo in particolare il brano lento, dal titolo “Bocciolo di rosa”. Al celeberrimo quartetto in re minore D 810 “Der Tod und das Madchen” (La morte e la fanciulla) è stata dedicata l’intera seconda parte del concerto. Il Quartetto è il quattordicesimo scritto da Schubert, e deve il suo nome al Lied omonimo D 531, il cui materiale tematico impernia tutti i quattro movimenti del capolavoro, ma in particolare il secondo, cinque variazioni basate sul tema del celebre Lied. Iniziato nel 1824, un anno particolarmente critico della sua vita, per l’aggravarsi della malattia che in pochi anni lo avrebbe portato alla morte, il quartetto rispecchia lo stato d’animo del musicista di quel periodo, testimoniato tra l’altro da una lettera in cui Schubert scrive al fratello: “Devo ammettere che è finito il tempo felice in cui tutto quello che abbiamo intorno è circonfuso del luminoso splendore della giovinezza”. L’impronta del quartetto è estremamente tragica in tutti i movimenti; Schubert fa i conti con il sentimento estremo della morte e la sua musica raggiunge vette insuperate nella storia della musica per questo organico, degna di stare accanto anche agli ultimi quartetti di Beethoven, quasi coevi. Già l’apertura del primo movimento “Allegro”, cinque note in fortissimo all’unisono nella tonalità minore del brano, un attacco angoscioso ed indimenticabile, ci introduce in un vortice di ritmi concitati e inquieti. Il secondo movimento “Andante con moto” consiste in cinque variazioni sul famoso tema del lied, con un andamento quasi di marcia funebre. Le variazioni, tutte in tonalità minore tranne la quarta, raggiungono momenti di tale intensità e commozione da rappresentare forse il più alto esempio di variazioni nella musica di Schubert. Dopo lo “Scherzo”, breve ma intenso, anch’esso dal tono drammatico, l’ultimo movimento “Presto”, è stato definito da alcuni una tarantella tragica, una sorta di danza macabra, che ci trascina nell’abisso. Molto personale e appassionata l’interpretazione degli artisti britannici, grande attenzione alle singole sfumature, ai passaggi da tragico a dolce e melodico, entrambi presenti nel capolavoro di Schubert. Davvero eccellente, in particolare, l’esecuzione dell’ultimo movimento, interpretato con determinato piglio e sicurezza, una performance che ha strappato gli applausi di un pubblico che ha mostrato di gradire molto il modo di suonare assolutamente personale, un po’ eccentrico del Quartetto, ma anche la espansività e simpatia dei suoi componenti. Dopo l’angoscia mortale del Quartetto di Schubert, gli ottimi interpreti hanno salutato il pubblico con un bis in allegria, un altro brano folk dalla tradizione scozzese, dal titolo “L’ubriaco di notte”, una ventata di buon umore.

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