Il tornado di Catania sfornato da una "v-shaped storm"

Il tornado di Catania sfornato da una “v-shaped storm”

Daniele Ingemi

Il tornado di Catania sfornato da una “v-shaped storm”

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lunedì 30 Novembre 2020 - 08:00

Ecco perchè nello Stretto di Messina gli eventi tornadici come quello di Catania sono più rari

Oltre alle forti piogge e ai temporali, che hanno scaricato fino a 352 mm di pioggia a Linguaglossa, e oltre 90 mm ad Antillo, la forte ondata di maltempo che sabato 28 novembre ha duramente sferzato la Sicilia ha sfornato pure un evento tornadico che ha interessato la periferia sud della città di Catania. Questo tornado si è sviluppato da un sistema temporalesco a mesoscala (scala sub-regionale), di tipo lineare, che nel corso della serata si è formato poco a sud della città di Catania, assumendo le caratteristiche di una “v-shaped storm”. Questi temporali nella parte più meridionale, lungo la punta della “V”, lì dove si verificano le precipitazioni più forti, possono presentare pure degli elementi “supercellulari”, con intensa rotazione, particolarmente avvezzi per lo sviluppo di fenomeni vorticosi. Va ricordato che i tornado sono fenomeni meteorologici estremi alla “microscala” che non possono essere previsti nel tempo e nello spazio, ma si possono solo seguire, mediante i sofisticati radar meteorologici, solo dopo che si sono formati lungo la base della nube temporalesca.

In genere si formano in presenza di forti aeree d’instabilità, lungo il settore caldo (flusso pre-frontale) di una circolazione depressionaria, strutturata nei medi e bassi strati, o nel ramo ascendente di una lunga saccatura, che affonda direttamente dalle alte latitudini, attivando sul lato orientale di quest’ultima un intenso flusso di correnti sciroccali a tutte le quote, con notevoli velocità nella media e alta troposfera (flussi in genere da Sud, S-SO e SO). L’ambiente ideale per lo sviluppo di una potente “v-shaped storm” è quello in seno ad una avvezione calda, con un flusso di correnti meridionali calde e molto umide nei bassi strati, sopra cui diverge un ramo principale o secondario della “corrente a getto”, il cui passaggio in alta quota va ad inasprire il “wind shear verticale”, generando condizioni di fortissima instabilità, con lo sviluppo di violenti moti ascensionali (le particelle d’aria salgono verso l’alto) che vanno a costruire i sistemi temporaleschi a mesoscala.

I sistemi di tipo “v-shaped” insorgono spesso allorquando si ottengono condizioni di forte “shear” del vento nei medi e bassi strati (forti variazioni di direzione e velocità del vento col variare della quota), con venti da sud o sud-est nei bassi strati, mentre in quota prevale una componente più sud-occidentale. Se al contempo, in alta quota (a circa 300-250 hPa), transita un “Jet Streak” (i massimi picchi di vento associati alla “corrente a getto”), che esalta ulteriormente il “wind shear verticale” alle varie quote, creando fortissime divergenze, è altamente probabile lo sviluppo, anzi lo “scoppio”, della “v-shaped”, con la formazione della classica struttura a “V”. Le “v-shaped storm” sono caratterizzate da una forma piuttosto lineare, come quella di un fronte temporalesco associato al passaggio di un fronte freddo, assumendo la caratteristica conformazione a V, ben individuabile dalle moviole satellitari o dalle immagini radar.

Questi temporali sono molto temuti, soprattutto durante la navigazione aerea, a causa delle violentissime turbolenze che possono propagare anche al di fuori dei cumulonembi. Le celle più intense stanno proprio lungo il vertice della V, sul versante sud o sud-ovest, dove si concentrano i fenomeni più violenti ed estremi, con piogge torrenziali e attività elettrica a fondoscala (vedi alluvione di Barcellona e Saponara del 22 novembre 2011). Difatti le celle che si sviluppano lungo la punta, non avendo nulla a sud che possa rubare l’aria calda e umida destinata a loro, tendono ad assumere le caratteristiche di una “supercella” classica. Ossia di un temporale piuttosto potente e vigoroso, dotato di una bassa pressione interna e di un proprio moto rotatorio.

La “v-shaped storm” che ha generato il tornado passato su alcuni quartieri di Catania, si è sviluppata sabato sera sulla costa catanese, stabilendo il vertice principale proprio poco a sud di Catania, dove i cumulonembi, vista l’assenza in luogo di particolari ostacoli orografici, mantenevano delle basi molto basse (< 500 metri). Questo intenso nucleo convettivo ha presentato quegli elementi “supercellulari”, tipici dei “v-shaped”, che hanno poi innescato l’intensa rotazione, con la formazione dell’imponente “nube ad imbuto” da cui è sceso il tornado.

Nello Stretto di Messina lo sviluppo di veri e propri tornado, come quello che ha interessato Catania, sono più rari, a causa della particolare orografia che oltre a generare un forte attrito, costringe le basi dei cumulonembi temporaleschi, in risalita da sud, di alzarsi, e spingersi sopra quote elevate, di oltre 1500 metri. Ciò impedisce ad eventuali moti vorticosi, presenti all’interno del temporale, di potersi estendere fino al suolo, generando fenomeni vorticosi. Solo nel caso di moti vorticosi, indotti da locali linee di convergenza di vento, anche sullo Stretto si possono produrre dei fenomeni vorticosi, ma di durata e intensità minore. L’ultimo, per ordine di cronaca, risale al 25 marzo 2018 davanti la spiaggia di Pace.

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