In viaggio con Irene Muscarà. Il ritorno dell’attrice, tra Mosca, Venezia e Messina

In viaggio con Irene Muscarà. Il ritorno dell’attrice, tra Mosca, Venezia e Messina

Emanuela Giorgianni

In viaggio con Irene Muscarà. Il ritorno dell’attrice, tra Mosca, Venezia e Messina

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sabato 28 Gennaio 2023 - 09:45

L’attrice messinese torna a casa e si racconta, tra esperienze ed emozioni. Per la stagione del Teatro dei Naviganti, porta in scena “Il ritorno”, liberamente ispirato al romanzo “Tutto scorre...” di Vasilij Grossman

Irene Muscarà è in treno mentre ci sentiamo. In viaggio di ritorno a casa, a Messina, al “suo” Teatro dei Naviganti, in cui ha percorso i primi passi artistici. Di ritorni, infatti, si alimenta la nostra discussione, anch’essa un viaggio, tra fermate e partenze di un percorso ricco di arte, passione e talento.

L’attrice messinese porta in scena, stasera 28 gennaio, alle 21.00 e domenica 29 alle 18.30, per la stagione del Teatro dei Naviganti ai Magazzini del Sale, “Il ritorno”, lavoro liberamente ispirato al romanzo “Tutto scorre…” di Vasilij Grossman.

Ma anche il suo è un viaggio di ritorno importante. Grazie al Teatro dei Naviganti, un’Irene ancora liceale scopre la passione per il teatro. Dopo la Laurea in Lingue a Milano, allora, arriva la scelta: studiare arte drammatica in Russia. Ecco la prima fondamentale partenza del suo viaggio artistico. Nel 2007, viene accettata al Gitis, l’antica e prestigiosa Università russa di Arti Teatrali. Da questo momento il suo viaggio, tra partenze e ritorni, diventa sempre più luminoso.
Ne abbiamo parlato insieme.

L’intervista

Partiamo dalle prime tappe del suo viaggio. Ha vissuto a Mosca dal 2007 al 2018. Dopo la formazione al Gitis, realizza in Russia i suoi primi importanti progetti che girano, poi, il mondo. Adesso torna a casa. Come è vivere a Mosca tanti anni e tornare qui? In particolare al Teatro dei Naviganti da cui è proprio partita, sin dai tempi dei banchi di scuola?

Ho scoperto la mia passione grazie ad un corso di teatro tenuto alla mia scuola, il Maurolico; a svolgerlo erano Domenico Cucinotta e Mariapia Rizzo. L’ho frequentato per diversi anni, abbiamo realizzato tanti spettacoli con un bellissimo gruppo molto affiatato. Con questa esperienza ho iniziato a conoscere il teatro russo. E, adesso, torno a casa, proprio parlando di ritorni. Il mio, però, è un ritorno tutto positivo. In realtà sono, già, stata ai Magazzini di Sale: due anni fa, prima della quarantena, avevo portato Čechov nel mio spettacolo “Le cinque sorelle”.
Arrivo qui con estrema gioia e gratitudine, il Teatro dei Naviganti mi ha dato tantissimo, lo porto nel mio cuore, è sempre con me anche quando vado via, ma attendo ogni volta, con emozione, l’occasione per poterci tornare.

Un ritorno importante è quello che porterà stasera in scena. Cosa dobbiamo aspettarci da “Il Ritorno”, lavoro liberamente ispirato al romanzo “Tutto scorre…” di Vasilij Grossman?

L’adattamento si ispira al romanzo, concentrandosi sugli aspetti, per me, più interessanti. Ho deciso di intitolarlo “Il Ritorno” perché è la storia del ritorno di Ivan Grigor’evič dai lager sovietici in cui è stato rinchiuso per trent’anni. Ivan ritorna a Mosca, rivede il cugino, dopo si sposta a Leningrado e scopre che la donna che amava in realtà è viva. I suoi incontri rivelano quanto tutto e tutti siano cambiati, mentre ogni cosa di lui, e questo Grossman lo descrive benissimo, il suo stesso odore, parla dei gulag e del dolore vissuto.
È una storia impegnativa, ma a volte ci si aspetta che una cosa seria debba essere necessariamente noiosa. Non è così, la storia di Ivan è una storia seria, sì, ma dal messaggio importante, anzi, necessario. Senza voler anticipare nulla, parla di qualcosa di semplice ma, troppo spesso, dimenticato dalla nostra società. Quando ho letto il libro sono rimasta colpita dalla sua grande attualità. È attuale per la tragicità di ciò che stiamo vivendo tra Russia e Ucraina, ma è attuale, ancora di più, nei suoi valori e nelle sue speranze, che persistono anche in mezzo alle tenebre. Aspettatevelo, però, non mancherà una dose di ironia.

Diverse volte gli autori russi hanno ispirato la sua arte: per esempio, Grossman, che porta stasera in scena, o Anton Čechov che citava prima (Muscarà porta il monologo di Šarlotta Ivanovna del “Giardino dei ciliegi” nel suo provino al Gitis. Čechov torna, poi, nel suo lavoro “Le cinque sorelle”, in cui interpreta cinque personaggi femminili tratti dalle opere teatrali dell’autore, tra le quali anche Šarlotta). Cosa trova in loro, nella letteratura russa, di unico?

Conosco la letteratura russa molto bene, al Gitis abbiamo lavorato tanto su questi autori, anche se non solo su di loro, e posso leggerli in originale. Riesco a cogliere tanti aspetti della loro letteratura, mi piace tantissimo e la sento mia. Sono pronta a buttarmi anche in altro, non scelgo i miei autori perché sono russi, ma per il valore della loro opera. Trovo che siano senza paura. Grossman, per esempio, insegna il coraggio di dire tante cose che ora non diciamo più, il coraggio di restare fedeli a se stessi e di aprire gli occhi. Di Čechov amo la grande umanità con cui caratterizza i suoi personaggi. Grossman, tra l’altro, conosceva Čechov, lo cita in “Vita e destino”, ma il confronto tra loro non è da me voluto.

Attraversiamo, allora, le altre fondamentali tappe del suo viaggio. Mi racconta un po’ il suo ricchissimo percorso artistico, che spazia dal teatro al cinema, tra Mosca, New York e non solo? C’è un’esperienza che reputa la più importante?

Amo molto il mio lavoro, sono felice che sia iniziato quando ero molto piccola, e proprio a Messina. È un percorso faticoso, come tutti i percorsi artistici, ma mi dà l’opportunità di scoprire ogni giorno qualcosa di nuovo: persone che mi arricchiscono; personaggi; libri; opere meno conosciute. Intraprendo ogni nuova avventura con passione, mi ritengo molto fortunata per ciò che ho realizzato, ma vorrei continuare facendo il triplo di quanto fatto fino ad ora.
È difficile riassumere il mio percorso, sicuramente le esperienze più belle che mi sento di aver fatto sono le ultime. Nel 2019, la serie “I know this much is true”, diretta da Derek Cianfrance, con Mark Ruffalo. Un’incredibile occasione internazionale per me, sono stata in America per un bel po’, circondata da grandissimi attori, interpretando Prosperine Tucci, un personaggio difficile ma incredibilmente bello.
Di recente, poi, ho terminato le riprese del film “Comandante”, dedicato alla vita di Salvatore Todaro: il comandante dei sommergibili della Regia Marina, nato a Messina, che, durante la Seconda Guerra Mondiale, riuscì a salvare in mare tante persone. Il film è diretto da Edoardo De Angelis, con Pierfrancesco Favino come protagonista. Ho un ruolo piccolo, ma lavorare con De Angelis ha avuto un grande valore artistico per me. Ancora maggiore è stato il valore emotivo, da messinese, dell’essere parte di una storia che mi rende così orgogliosa. Un ruolo piccolo che mi ha fatto sentire parte di un’opera grande. Ho sentito che il mio viaggio professionale stesse avanzando, tra le sue tappe apparentemente slegate, con grande continuità.
Tra i miei preferiti, ancora, il cortometraggio “La cura”, girato dalla regista italiana di Tel Aviv Manuela Jael Procaccia e premiato alla 79esima Mostra internazionale d’arte Cinematografica della Biennale di Venezia, come Miglior corto sociale, per la rassegna “Corti in Laguna”. È la storia di Violetta e Matteo, due malati oncologici in stadio avanzato, che si legano e aiutano a vicenda. Violetta, il mio personaggio, è una donna ucraina, costretta a lasciare il suo Paese e i suoi affetti, per lavorare come badante in Italia. Arrivare a Venezia con una storia così umanamente rilevante è stata un’emozione irripetibile.
Ma devo anche ribadire, tra le esperienze che ho amato di più, quanto io sia felicissima e fiera di tornare stasera al Teatro dei Naviganti, il mio punto di luce da sempre.

Irene Muscarà a Venezia, alla presentazione del corto “La cura”. Giuseppe Zaccaria press

Nel frattempo il treno di Muscarà è arrivato in Calabria e sta per concludere il suo tragitto. Così terminano anche le tappe del nostro viaggio insieme e ci salutiamo con un’ultima domanda.
Quale è secondo Lei il valore che il teatro, e l’arte in generale, può dare oggi alla nostra società?

Quando si diceva che il teatro è in crisi, il mio maestro russo rispondeva: “È vero, e forse lo è sempre stato, ma finché ci sarà un essere umano che vuole parlare con un altro essere umano, il teatro non morirà mai”. Oggi è più che mai necessario. Il teatro ci ricorda di restare umani, ci aiuta a vivere, e l’arte, in generale, quando fa vibrare le nostre emozioni, è capace di cambiare le cose.

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