Ildefonso Falcones a Messina per presentare il suo ultimo romanzo, “La regina scalza”.

Ildefonso Falcones a Messina per presentare il suo ultimo romanzo, “La regina scalza”.

Laura Giacobbe

Ildefonso Falcones a Messina per presentare il suo ultimo romanzo, “La regina scalza”.

venerdì 30 Maggio 2014 - 10:19

Un incontro stimolante quello tra il pubblico messinese e questo personaggio dalla personalità carismatica, dinamico ed attento alle problematiche sociali, tanto passate quanto attuali.

Mercoledì pomeriggio, a partire dalle 18:30, l’aula magna del liceo F. Maurolico si è fatta sede di un evento d’eccezione: si è trattato dell’incontro con Ildefonso Falcones, scrittore spagnolo di fama internazionale, autore dei due romanzi di successo “La cattedrale del mare” e “La mano di Fatima”. L’evento, organizzato dalla libreria Mondadori in collaborazione con il giornalista Francesco Musolino, ha potuto vantare un’ampia ed entusiasta partecipazione di pubblico.
Dopo un’incisiva introduzione da parte della professoressa Carmelita Paradiso, che ha ricordato l’affinità storico-culturale esistente tra Spagna ed Italia, l’autore, affiancato dall’impeccabile interprete Rossana Ottolini e sollecitato dalle domande di Musolino, ha avuto modo di presentare il suo ultimo, attesissimo romanzo.
“La regina scalza”, questo il titolo dell’opera, è un romanzo di passioni forti, una “commovente storia di amicizia, amore e vendetta”. Al centro del nucleo narrativo, il forte legame tra due donne: Caridad, una schiava africana sfuggita fortuitamente al lavoro nelle piantagioni di cotone, e Milagros, la bella gitana che vive nel sobborgo sivigliano di Triana. Due figure affascinanti con alle spalle un passato ed una cultura diversi. E proprio questa diversità che l’autore ci vuole raccontare, quella di due culture differenti rese simili e vicine da un comune destino di gruppi emarginati, all’interno di una società capace solo di disprezzarli o di strumentalizzarli per i propri fini. La regina scalza è la storia dello sfruttamento degli schiavi africani nelle grandi piantagioni americane, ma è anche la storia della persecuzione della comunità gitana, che il governo spagnolo nel XVIII secolo cercò di estirpare come un’epidemia dal proprio sacro suolo, separando le donne dagli uomini, recludendo le prime e costringendo i secondi ai lavori forzati. I tumulti ardenti di un epoca travagliata fanno da sfondo a questa storia, condensati tra le note violente, aspre ed appassionate del flamenco. Il canto è sempre presente, come una presenza costante che accompagna la lettura, conforto contro la nostalgia, ma anche rivendicazione forte di un’identità negata, che l’autore riesce a farci percepire fino a farci sentire parte di essa.

“Conoscere la storia ci aiuta a comprendere gli eventi, a capire perché si sviluppano, e ci arricchisce come persone”, ci dice Falcones che, ne “La regina scalza” come nei due romanzi precedenti, racconta una verità storica importante di cui forse le nuove generazioni non sono a conoscenza, ma che è giusto ricordare, perché non vada perduta nei meandri del tempo. E l’autore lo fa con grande precisione, badando ai dettagli cronologici e documentandosi accuratamente prima di intraprendere la scrittura. Un personaggio, insomma, dalla personalità carismatica, dinamico ed attento alle problematiche sociali, tanto passate quanto attuali; il pubblico messinese non può che avere avuto questa impressione su Ildefonso Falcones, che a conclusione dell’incontro ha anche espresso le sue idee a proposito della presenza, ormai dilagante, della tecnologia all’interno della quotidianità. “Sicuramente i moderni strumenti tecnologici ci offrono possibilità un tempo inimmaginabili”, gli sentiamo dire, “ma non si può negare che rischino di ledere fortemente la nostra identità di persone. Con gli attuali sistemi di comunicazione, stiamo perdendo la capacità di esprimere oralmente il nostro mondo interiore. La voce, un fattore che ci identificava come singoli individui e ci distingueva dagli animali, sta scomparendo, sostituita da una comunicazione scritta che ci limita anch’essa, costringendoci ad incapsulare i nostri pensieri in un limite massimo di 140 caratteri”, e ancora, “dobbiamo guardarci da una tecnologia che rischia di diventare protagonista indiscussa delle nostre vite al posto nostro”.

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