Inizia il viaggio alla scoperta dell'Opera dei Pupi siciliani

Inizia il viaggio alla scoperta dell’Opera dei Pupi siciliani

Daniele Ferrara

Inizia il viaggio alla scoperta dell’Opera dei Pupi siciliani

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lunedì 29 Aprile 2019 - 09:12

E' un'arte tutta siciliana che vogliamo approfondire con una serie di articoli

Primo di una serie di articoli sull’Opera dei Pupi volta a incrementare l’interesse pubblico verso quest’arte siciliana e ad approfondirne aspetti mai o raramente esaminati.

Si trova necessario sensibilizzare la popolazione siciliana su questa nostra specialità, talmente importante da essere stata proclamata dall’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) patrimonio orale e immateriale dell’umanità, eppure dai più di noi conosciuta solo attraverso i molteplici paladini esposti e venduti come souvenirs nei centri storici dell’isola.

Abitualmente si dice che l’Opera dei pupi sia nata nell’Ottocento e al massimo alla fine del Settecento, ma in realtà quest’arte ha un’origine remota.

Con il termine neuropastai in antico Greco s’indicavano i fantocci snodabili – “mossi da nervi” – utilizzati negli spettacoli: le cita Platone nella Repubblica parlando del mito della Caverna, ma ancor più preciso è Senofonte nel Simposio, che fa comparire fra i personaggi un astuto puparo siracusano. Dunque, proprio in Sicilia è antichissima l’arte di recitare tramite marionette. Il termine d’uso odierno per indicare i fantocci è latino ed esprime la loro minuta statura, in quanto nel linguaggio parlato lo si riferiva ai bambini, come oggi.

Inoltre, non bisogna tralasciare che artefatti di questo tipo venivano adoperati anche nei riti religiosi presso varie culture dell’antichità, contrassegnandole con un significato sacrale.

Com’è fatto il pupo siciliano? Esso è costituito da uno scheletro ligneo interno, con giunture all’attaccatura delle gambe e delle braccia e articolazioni minori; questa struttura in legno non è davvero anatomicamente accurata, eccezione fatta per la testa, abilmente scolpita e dipinta per ritrarre le fattezze del personaggio. Il tutto è ricoperto da tessuti colorati e ricamati che sono i vestimenti del pupo (tuniche, abiti, pantaloni, casacche…), e nel caso di guerrieri si aggiunge l’armatura, il pezzo forte: realizzata a mano con tecniche antichissime da lamine di metallo, essa è finemente decorata, così come l’arma e lo scudo. Il pupo è manovrato tramite tre “nervi”: quello principale è un’asta di ferro attaccata alla testa che ne sostiene il peso, poi una è collegata al polso e manovra il braccio destro (con l’arma, eventualmente) e un’altra – che in alcune tradizioni è invece un filo, più leggero – controlla il braccio sinistro dal polso (per lo scudo, qualora ci sia).

Abitualmente si dice che esistono due scuole per quanto riguarda costruzione di pupi e palcoscenico: una occidentale che fa capo a Palermo e una orientale che fa capo a Catania. I pupi palermitani sono di piccola statura e con articolazioni più flessibili, dunque più agili, che si muovono in una scena più ristretta ma con una maggiore profondità; i pupi catanesi sono più grandi e pesanti, rigidi ma possenti, e calcano un’ampia scena. Nelle varie parti della Sicilia le compagnie sono affiliate a una delle due scuole, oppure ne hanno derivate di proprie, ibride o di nuova ideazione, come la siracusana, la terza scuola, che sfrutta un largo spazio e pupi versatili.

Rispetto ad altri tipi marionettistici, distinguendosene per questo, l’opera siciliana ha per proprio un oggetto preciso e specifico: l’eroismo; forse solo per quanto riguarda questa forma si possono attribuire all’arte poco più di tre secoli. Gli eroi sono i protagonisti incarnati nei pupi che calcano il palcoscenico, portatori e propugnatori delle più variegate virtù (ma talvolta anche di vizî!). L’eroismo, poi, viene espresso innanzitutto attraverso la battaglia, ma sono innumerevoli i temi che s’intrecciano nelle trame: amore, invidia, avidità, onore, lealtà, determinazione.

Se le storie orchestrate dai pupari possono essere le più disparate, l’Opera è nota soprattutto per le rappresentazioni del Ciclo Carolingio: la cosiddetta “materia di Francia”, le vicende che ruotano attorno a Carlo Magno, Re dei Franchi e (pur barbaro!) “restauratore” dell’Impero Romano d’Occidente. In queste sono molti gli eroi che possono apparire, ma ve n’è uno che fra tutti si può considerare il sire: il conte Orlando, uno dei dodici Paladini. Lungi dall’essere storiche, queste vicende si ambientano invero in una realtà immaginaria, in una dimensione fantastica che ha solo la parvenza del mondo che conosciamo.

Oltre alle storie dei Paladini, oggi come ieri, i pupari mettono in scena anche spettacoli con molti altri soggetti: e così vediamo pupi che impersonano i miti del tempo antico, vicende di storia siciliana, le vite dei santi e anche intrecci nuovi di loro creazione.

Sfortunatamente l’Opera dei Pupi è da diverse decine d’anni in declino, e sebbene le compagnie fossero molto numerose una volta, ora ce ne sono poche (di solito non più d’una per città, dove ci sono), quasi sempre a conduzione famigliare secondo la tradizione; tuttavia i pupari non si fanno abbattere dalle nuove forme d’intrattenimento e lottano strenuamente per proseguire e innovare la loro splendida arte, unica nel globo terracqueo.

Di tutti questi e di altri argomenti, parleremo più diffusamente in seguito e singolarmente.

Daniele Ferrara

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