L’ex consigliere Sturniolo: il trucco dei Piani di Riequilibrio

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L’ex consigliere Sturniolo: il trucco dei Piani di Riequilibrio

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giovedì 28 Dicembre 2017 - 06:47

“La verità – scrive - è che i Piani di Riequilibrio sono una finzione. La possibilità di rimodulare annualmente il debito consente ai Comuni di tirare a campare ancora un po’”

Lo scanzonato ottimismo di Cuzzola completa il campionario caratteriale di coloro che sono stati alla guida delle politiche finanziarie del Comune di Messina nell’era-Accorinti. La diversificata tipologia umana corrisponde però ai medesimi risultati fallimentari nell’attuazione del Piano di Riequilibrio finanziario. Nonostante, infatti, contro il dettato delle Linee guida della Corte Dei Conti e contro il buon senso (giacché è facile rimandare alle prossime amministrazioni e alle prossime generazioni la gran parte del rientro dal debito), i primi anni del Piano di Riequilibrio fossero quelli meno severi i risultati sono stati, come prevedibile, deludenti.

L’attuale Piano di Riequilibrio finanziario, che è una ennesima rimodulazione del Piano originario del Commissario Croce del 2012 non è praticamente mai partito in quanto, grazie alla gentile concessione della Commissione ministeriale, la sua versione approvata nel 2015 ha potuto assumere come primo anno il 2014 e questo prevedeva rientri che erano in gran parte delle partite di giro (quasi 5 milioni di euro derivati dal capitolo di bilancio fino all’anno precedente destinato allo smaltimento dei rifiuti e 7 milioni derivati dalla restituzione della penale per lo sforamento del Patto di stabilità). D’altronde, la successiva versione del Piano firmata da Eller riduceva ulteriormente le entrate previste da Signorino per il 2015 e il 2016, portandole da 53 a 46 milioni.[1] Nonostante questo i risultati ottenuti sono stati modesti e sono esplicitati dall’Organo di Revisione nel parere sul Rendiconto 2016. Sono stati, infatti, totalmente disattese tutte le voci più consistenti (Recupero da Tares/Tari, rendite immobiliari, catasto, Amam) e unico dato a favore (una maggiore entrata da dismissione del patrimonio immobiliare) è un aspetto di cui certamente non può andare orgogliosa un’amministrazione che intendeva vantare una sensibilità nei confronti della difesa dei beni comuni.

Si va, dunque, adesso, ad un ennesimo restyling del Piano di Riequilibrio, questa volta della durata di 20 anni e non di 10. Sarà l’ennesima rimodulazione e qualcuna di quelle del passato è stata possibile per il Comune di Messina solo grazie all’indulgenza degli organi di controllo. Nel suo più recente comunicato l’assessore Cuzzola esprimeva vivo compiacimento per una occasione da non perdere e che consentirebbe di liberare il 50% delle risorse destinate al Piano. In realtà, le mancate entrate certificate nei primi anni e l’incremento di quelle previste dal Piano per gli anni a seguire rendono poco plausibile la previsione, così come trae in inganno la dichiarazione dell’assessore che il 90% dei creditori lo è per meno di 50 mila euro, dando, così, l’idea di una polverizzazione del debito del Comune. Nei fatti, meno dello 0,5% di questi detiene il 70% del credito.Ma, si sa, per Cuzzola del Piano di Riequilibrio non ci sarebbe più bisogno. Lo terrà in piedi (non sono mica scemi!) solo per prendere il Fondo di Rotazione. Tanto, vuoi che se ne accorgano i magistrati contabili?

La verità è che i Piani di Riequilibrio sono una finzione. La possibilità di rimodulare annualmente il debito consente ai Comuni di tirare a campare ancora un po’. Ma questo non serve a salvare gli enti locali. Serve a stringere loro ancora di più la corda intorno al collo. Serve a non mettere sul banco degli imputati quella classe politica e amministrativa che quei debiti ha causato. Serve a salvaguardare il sistema di società che detiene gran parte del credito e che è stata collegata a quella classe politica.uesti continui rinvii, le continue rimodulazioni hanno il carattere dei provvedimenti corporativi. Ciò che andrebbe fatto sarebbe un vero “audit del debito” finalizzato a ridurne l’ammontare e ad individuarne le responsabilità. Ma questo potrà venire solo dalla società, quando questa deciderà di difendersi. Non lo faranno gli organi istituzionali. Noi mentiamo spesso al nostro prete confessore, al nostro medico, al nostro psicologo. Figurarsi se la classe politica si autodenuncerà.

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