Il chirurgo Piero Narilli a Tempostretto.it: «Con centoventritré scatti fotografici vi racconto un’Africa sconosciuta»

Il chirurgo Piero Narilli a Tempostretto.it: «Con centoventritré scatti fotografici vi racconto un’Africa sconosciuta»

francesco musolino

Il chirurgo Piero Narilli a Tempostretto.it: «Con centoventritré scatti fotografici vi racconto un’Africa sconosciuta»

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martedì 06 Settembre 2011 - 00:04

Il ricavato della vendita di "Occhi d'Africa" verrà interamente devoluto alle ong impegnate in Africa

Centoventitré scatti per raccontare la bellezza e le contraddizioni di un continente che guarda al proprio futuro. Centoventitré “attimi” che Piero Narilli – chirurgo volontario in diverse missioni in Africa – ha catturato nella veste inedita di fotografo per far conoscere alcune delle missioni umanitarie che negli ultimi anni, in un connubio ammirevole quanto inusuale, hanno visto impegnati, fianco a fianco, medici e infermieri, missionari e volontari, tutti uniti nel segno dell’Italia e della solidarietà per progetti dal grande valore umano e molto importanti dal punto di vista della cooperazione internazionale.

Occhi d’Africa (Donzelli editore; pp. 144; €30), con la prefazione di Eugenio Scalfari e le testimonianze e i commenti di Pino Scaccia, Marina Gambini, Monica Peruzzi, Christiana Ruggeri e StefanoTesta, vuole essere il tentativo di unire la passione per la fotografia al privilegio di aver partecipato come medico a entusiasmanti iniziative.

Il libro viene pubblicato grazie al contributo della Fondazione AVSI – una organizzazione non governativa ONLUS nata nel 1972 e impegnata con oltre 100 progetti di cooperazione allo sviluppo in 39 paesi del mondo – con la quale nel dicembre scorso si è svolta la missione “Quattro stelle per l’Uganda”, la prima che ha visto operare in Africa il personale sanitario di tutte e quattro le Forze Armate italiane insieme a medici e volontari civili. Il ricavato della vendita del libro verrà interamente devoluto alle ong impegnate in Africa.

​Tempostretto.it ha intervistato Piero Narilli.

Com'è nato questo libro, "Occhi d'Africa"?

«Dopo aver svolto un duro lavoro in Africa volevo a tutti i costi proseguire il mio impegno e l’obiettivo era ovviamente quello di sollecitare l’opinione pubblica con messaggi di solidarietà. Proprio con questo intento è nato questo libro fotografico, dove raccolgo una lunga serie di immagini tratte durante queste missioni umanitarie».

Cosa vuole trasmettere attraverso questi 123 scatti?

«Nella potenza dell’immagine fotografica ho sempre creduto con fermezza e tramite essi vorrei trasmettere una realtà a molti sconosciuta ovvero l’immagine di un popolo che troppo spesso vive in una povertà assoluta eppure riesce ad essere fiero e dignitoso. Inoltre vorrei trasmettere la situazione sanitaria che, pur in totale mancanza di strutture e tecnologia, cerca di far fronte alle emergenze. Pensate che durante i miei numerosi interventi chirurgici ho dovuto riappropriarmi di logiche e tecniche ormai desuete perché non potevo fare altrimenti».

C’è speranza che l’Africa possa cominciare a camminare con i propri piedi anche da un punto di vista sanitario?

«Ci vorrà molto molto tempo. Pochi sanno che in Africa la sanità è privata e dunque solo chi può offrire qualcosa può sperare di curarsi. Questa sorta di selezione naturale è durissima e tutto costa enormemente. Credo che si debba pensare ad una assistenza continua che paesi più avanzati, come l’Italia, potrebbero mettere in campo con l’Africa, sia per la fornitura di medicinali che per la formazione del personale medico locale».

Lei tornerà in Africa?

«Le proposte delle ONG non mancano. L’anno scorso ho fatto 100 interventi chirurgici in dieci giorni e adesso vorrei proseguire questo programma coordinandolo dall’Italia. Ma una volta intrapresa questa strada è difficile lasciarla e quindi di sicuro tornerò in Africa».

Sente il mal d’Africa?

«Esiste nel momento in cui ci si avvicina con occhi diversi a quella realtà e ogni volta si torna a casa più ricchi. Loro vedono la vita in modo diverso e i bambini, pur stando male e soffrendo, non si lamentano e come gli adulti accettano la malattia con dignità. Da questo punto di vista c’è anche molto da imparare».

Piero Narilli è professore di chirurgia alla Scuola di specializzazione dell’Università «Sapienza» e primario della Divisione di chirurgia della clinica Nuova Itor di Roma. Impegnato nel sociale, partecipa da anni a missioni umanitarie, fornendo il suo contributo professionale in disagiati ospedali africani. Ha sempre creduto nel potere delle immagini: le recenti missioni nel Mali, sostenute dalle Forze Armate italiane e dall’AFMAL (Associazione Fatebenefratelli Malati Lontani), nonché l’ultima e impegnativa nel nord dell’Uganda, sostenuta anche dalla fondazione AVSI, gli hanno offerto l’occasione per raccogliere materiali per l’intenso reportage fotografico da cui nasce questo volume.

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