La procuratrice Rosa Raffa: “Messina sede principale di affari di droga”

La procuratrice Rosa Raffa: “Messina sede principale di affari di droga”

Marco Ipsale

La procuratrice Rosa Raffa: “Messina sede principale di affari di droga”

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venerdì 19 Luglio 2019 - 11:54

L'operazione Tunnel prende il nome da un tunnel ferroviario in disuso a Bisconte, dove il gruppo nascondeva la droga

“Una volta Messina era piazza di transito di stupefacenti, di ghiotti bottini frutto di affari stipulati altrove. Oggi gli affari si fanno qui”. La procuratrice aggiunta Rosa Raffa sottolinea l’importanza delle ultime due operazioni antidroga, ieri “Cafè Blanco”, oggi “Tunnel”.

E perché “Tunnel”? “Era il luogo di custodia – spiega la procuratrice -, una vecchia galleria ferroviaria in disuso a Bisconte. Era considerata un luogo sicurissimo, tanto che, nel momento in cui vengono sequestrati 42 chili di marijuana, i due esponenti principali dell’associazione, Di Pietro e Delia, non considerano l’ipotesi di essere stati scoperti dalla Polizia ma ritengono responsabile della sparizione un affiliato, Pappalardo, che abita lì vicino”.

E se in passato si scoprivano i custodi e i venditori al dettaglio, “stavolta sono stati identificati anche i fornitori, un canale diretto con un gruppo di albanesi, nella zona compresa tra San Filippo del Mela e Merì, nel comprensorio di Milazzo e Barcellona”.

L’allarme è alto “perché si tratta di quantità rilevanti e di una platea di destinatari sempre più vasta e di età sempre più giovane. Non solo soggetti fragili ma anche ben inseriti in società. E’ fondamentale il controllo sociale da parte di chi è a contatto con i ragazzi, nelle scuole o nei locali pubblici”.

I 12 interessati dal provvedimento, 8 messinesi e 4 albanesi, vanno tutti in carcere. Altri tre albanesi sono ricercati. L’unico fornitore messinese è Di Giovanni, gli altri sono gli albanesi, già soggetti a indagini da parte della Procura di Lecce per traffico di stupefacenti dall’Albania all’Italia.

E da cosa nasce l’indagine messinese? Da un’intercettazione dentro il carcere di Spoleto tra Francesco Turiano, esponente di spicco del clan Mangialupi, e il nipote Santino Di Pietro. “Parlano di rifornimenti di pesce e usano termini critici che nulla hanno a che vedere con le loro attività. Da lì, nel settembre 2017, sono iniziati i pedinamenti e i controlli con le telecamere. A fronte della difficoltà di pagamento degli stupefacenti (marijuana, cocaina e hashish), Di Pietro si accredita presso gli albanesi come una persona seria, spiegando che si tratta di una difficoltà transitoria che non deve incrinare i rapporti di fiducia instaurati”.

Il neo capo della Squadra Mobile di Messina, Antonio Sfameni, è appena arrivato dalla questura di Brindisi. “Di trasporti di droga dall’Albania all’Italia ne so qualcosa – dice -. E’ un mercato florido, considerate che il principio attivo di 42 chili di marijuana consentiva di fare 210mila dosi singole. La maggior parte degli indagati risiede a Mangialupi, mentre tre albanesi senza fissa dimora sono ricercati. Due persone, secondo le intercettazioni, avevano anche disponibilità di armi, però non rinvenute”.

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