La storia dell'agrifoglio secolare di Monte Cavallo, uno dei più grandi d'Europa

La storia dell’agrifoglio secolare di Monte Cavallo, uno dei più grandi d’Europa

Daniele Ingemi

La storia dell’agrifoglio secolare di Monte Cavallo, uno dei più grandi d’Europa

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sabato 27 Dicembre 2025 - 07:05

Nel Messinese un simbolo della resilienza della natura in uno degli angoli più suggestivi e selvaggi della Sicilia nord-orientale

A ridosso della cima di Monte Cavallo, una cima che sfiora i 1.216 metri tra i Comuni di Mandanici, Fiumedinisi e Santa Lucia del Mela, è presente un imponente albero di agrifoglio che domina la scena con la sua chioma densa e sempreverde. Si tratta di un monumento vivente, testimone di tempeste, siccità e cambiamenti climatici. Sopravvissuto a innumerevoli intemperie, simboleggia la resilienza della natura in uno degli angoli più suggestivi e selvaggi della Sicilia nord-orientale.

L’agrifoglio, noto scientificamente come “Ilex aquifolium”, è una specie sempreverde appartenente alla famiglia delle Aquifoliaceae, diffusa in Europa, Nord Africa e Asia occidentale. Può crescere come arbusto o albero, raggiungendo altezze fino a 15 metri, con una corteccia grigia e liscia che invecchia in fessure intricate. Le sue foglie coriacee, bordate da spine affilate, fungono da barriera naturale contro predatori e condizioni avverse, mentre i fiori bianchi primaverili danno vita a bacche rosse vivide in autunno-inverno, tossiche per l’uomo ma vitali per la fauna, come uccelli che ne disperdono i semi. Quello di Monte Cavallo è uno degli esemplari più grandi in Europa, come quelli di Piano Pomo, nelle Madonie.

Ecco il gigantesco agrifoglio sul pendio di Monte Cavallo.

Nei contesti siciliani, esemplari come quello di Monte Cavallo assumono dimensioni monumentali grazie a fenomeni come l’innesto naturale, dove fusti adiacenti si fondono per aumentare stabilità e longevità. Qui, l’albero non è solo un sopravvissuto, ma è un relitto di foreste antiche, ereditato da epoche post-glaciali, che continua a prosperare in un habitat che ne amplifica la maestosità.

Il simbolismo dell’Agrifoglio

Da millenni, l’agrifoglio trascende il mero aspetto botanico per incarnare significati profondi, intrecciati a miti, religioni e tradizioni culturali. Nelle antiche civiltà celtiche e druidiche, era venerato come simbolo di fertilità, eterna vita e protezione, tanto chei suoi rami sempreverdi rappresentavano la tenacia della natura nei rigori invernali, mentre le spine evocavano forza contro le avversità. I Celti lo associavano a divinità del tuono come Thor, credendo che offrisse riparo dai fulmini e scacciasse spiriti maligni.

Con l’avvento del cristianesimo, questi elementi pagani furono reinterpretati: le foglie spinose divennero metafora della corona di spine di Cristo, le bacche rosse del suo sangue versato, e la persistenza verde della pianta un emblema di resurrezione e speranza eterna. Non a caso, l’agrifoglio è diventato un’icona natalizia, protagonista di carole come “The Holly and the Ivy”, dove simboleggia la vittoria della vita sulla morte. In Sicilia, questo simbolismo si fonde con il folklore locale, dove l’albero è visto come custode di tradizioni antiche, legando il paesaggio montano a un’eredità spirituale che resiste al passare dei secoli.

L’agrifoglio e i Peloritani

I Monti Peloritani rappresentano un rifugio ideale per l’agrifoglio, grazie a una combinazione di fattori ecologici e geologici che ne favoriscono la longevità. Composti prevalentemente da rocce metamorfiche come gneiss, scisti e micascisti, questi monti generano suoli acidi e ben drenati, perfetti per specie arboree resistenti.

Il clima mediterraneo-montano, con precipitazioni annue tra i 1.000 e 1.500 mm in quota, estati miti e inverni freschi con gelate sporadiche, crea microclimi umidi che mimano ambienti continentali, permettendo a foreste relitte, sopravvissute ai mutamenti climatici del Quaternario, di persistere.

Su Monte Cavallo, l’agrifoglio si inserisce in ecosistemi misti con querce, castagni, spesso nel sottobosco di boschi caducifogli o arbusteti montani, dove tollera l’ombra e sfrutta l’umidità delle forre. La scarsa antropizzazione in queste aree riduce la competizione e le minacce, consentendo a esemplari secolari di raggiungere dimensioni impressionanti.

Un commento

  1. Alessandro Orlando 27 Dicembre 2025 09:27

    Grazie, almeno una bella notizia

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