La Tempesta, un’opera senza tempo di spiriti e prodigi

La Tempesta, un’opera senza tempo di spiriti e prodigi

Tosi Siragusa

La Tempesta, un’opera senza tempo di spiriti e prodigi

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lunedì 02 Dicembre 2019 - 09:39

Tempesta: lampi e tuoni, governati dal magico mantello di Prospero, che provocano incendio e naufragio del veliero in mare che ospita Alonso, il re di Napoli, il fratello Sebastiano, il figlio Ferdinando, Antonio, l’usurpatore del ducato di Milano, il vecchio saggio consigliere Gonzalo, Trinculo e Stefano, anch’essi napoletani, rispettivamente il buffone ubriacone e il cameriere ubriaco, e poi il nostromo,i marinai e, certamente, il capitano,e tutti magicamente illesi vengono catapultati su insulare terra imprecisata ( si ipotizza del Mediterraneo o delle Bermude). E l’isola e la grotta di Prospero che lì vive con l’amata figlia Miranda da dodici anni, da quando, trascurando ogni fine mondano per dedicarsi alla magia, alla scienza e alle arti,abbandonato il regno nelle mani del fratello,rivelatosi un traditore, è stato cacciato da Milano insieme alla stessa Miranda a seguito di malvagi accordi di Antonio con Alonso e, messi su una scialuppa con i preziosi libri, e cibo e acqua,stoffe e ricche vesti(compassionevoli doni del buon Gonzalo) sono approdati all’isola dell’ambientazione.

Lo spiritello dell’aria, Ariele, che su commissione del padrone ha generato la tempesta, viveva già in loco al soldo della stregaccia Sigorace di Algeri, che per vendicarsi della sua ribellione lo aveva rinserrato nel cavo del fusto di un pino, fino alla liberazione ad opera di Prospero, a seguito della morte della malvagia donna. Calibano, il figliolo, creatura mostruosa, schiavo selvaggio e deforme, era stato da Prospero dotato delle parole necessarie a esprimere i pensieri, ma gli si era rivoltato contro, tentando di violentare l’ingenua Miranda. E poi, per volere di Prospero e i servigi di Ariele, scoppia l’amore fra Ferdinando e Miranda, e lo spiritello rinfaccia ad Alonso, Sebastian e Antonio i peccati contro Prospero, Calibano rammenta la madre e la loro presenza incontrastata sull’isola, Gonzalo racconta del matrimonio fra la figlia di Alonso,Claribella e il re di Tunisi, e tutta questa retrospettiva, ivi compresa la pregressa confessione di Prospero a Miranda, non può che apparire allegoria che il drammaturgo fa della sua arte.

Opera di grande suggestione, di uomini e sentimenti, progetti e scomparse, di un mondo magico, che è narrato senza che siano messi in scena gli avvenimenti, quando la storia è già conclusa, per cui l’azione si concentra nel tempo reale della rappresentazione scenica. Questo capolavoro Shakespeariano, databile al 1610,1611, strutturato in cinque atti e reputato testamento spirituale del drammaturgo, è quello in cui si compendia l’intero cammino artistico che ha tenuto sotto il potere magico del suo genere la natura tragica e, infine, gettando la bacchetta e il manto, mette fine al suo magico universo, si congeda dal teatro,riconquistando, come Ariele, la libertà, al compimento di un percorso benigno.

Il mago,ridivenuto duca, perdonerà il fratello e il re di Napoli e riavrà il suo ducato , l’amicizia fra Milano e Napoli si rinsalderà con le nozze di Ferdinando e Miranda e Calibano uscirà di scena con parole di saggia contrizione, poeta pur nella sua bruttezza fisica e morale. Giulia Andò, Filippo Luna, Paolo Briguglia, Gianni Salvo, Paride Benassai e Francesco Villano hanno affiancato i protagonisti Carpentieri e Pirrotta. Un sincero scrociante plauso per tutti. Una sontuosa produzione del Biondo di Palermo, con traduzione di Nadia Fusini, splendido adattamento di Roberto Andò e Nadia Fusini,visionaria e complessa direzione di R. Andò, scene giustamente trasformiste e favolistiche di Gianni Carluccio,consoni costumi di Daniela Cernigliaro, belle musiche originali di Franco Piersanti, flautista Roberto Fabbriciani,e suono sovente volutamente di Hubert Westkemper.

Il “Sogno” di Schumann e un “Momento musicale” di Schubert hanno segnato alcuni passaggi di liricità intensa di una perfetta mise en scene, davvero fiore all’occhiello del barcellonese teatro Mandanici. Il mostro/ poeta è lo stesso Shakespeare, consapevole di essere stato modificato dal mondo in cui opera Prospero, che inizia Calibano alla parola e rappresenta una modalità di quest’ultima che l’ultimo Shakespeare disapprova, riconoscendo in essa un motivo di disordine e confusione morale, che reputa “mostruosi”. Gli incantesimi possono ora giungere al termine e prospererà la fiducia nelle forze elementari che governano la sapienza umana. La poesia di Ariele si libera nell’aria….

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