L’affaire Mila in Francia: libertà di espressione o blasfemia imperdonabile?

L’affaire Mila in Francia: libertà di espressione o blasfemia imperdonabile?

Giacomo Maria Arrigo

L’affaire Mila in Francia: libertà di espressione o blasfemia imperdonabile?

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mercoledì 19 Febbraio 2020 - 11:42

In Francia una ragazza di 16 anni, Mila, è sotto scorta per aver parlato male dell'Islam. Macron la difende: «C'è il diritto alla blasfemia». Ma è veramente questo il problema?

In Francia è scoppiato un nuovo caso di libertà d’espressione. Il 18 gennaio una ragazza di 16 anni, Mila, ha dichiarato in un video live su Instagram: «Odio la religione, il Corano è una religione dell’odio, l’Islam è una merda. Dico quello che penso, cazzo. La vostra religione è una merda».

Una dichiarazione nata da una discussione online con un ragazzo musulmano che le faceva delle avances. «Sono lesbica», avrebbe detto a quel punto la ragazza. Il ragazzo, così, ha reagito con alcuni insulti, conducendo Mila a esprimersi con veemenza contro la religione islamica. Da quel momento in poi la vita di Mila si è trasformata in un inferno: il suo profilo è stato riempito di minacce di morte e di violenza fisica, la ragazza ha chiuso tutti i suoi profili social e ha persino dovuto cambiare liceo perché l’istituto non era in grado di garantire l’incolumità fisica della giovane. Infatti i suoi dati personali, l’indirizzo di casa e della scuola che frequentava, sono stati illecitamente resi pubblici. All’inizio del mese di febbraio il ministro dell’interno francese ha addirittura annunciato la scorta per Mila.

In Francia il dibattito infuria: c’è chi si schiera con Mila (#JesuisMila) e chi invece la condanna (#JesuispasMila). Si torna con la mente all’attacco alla redazione della rivista satirica Charlie Hebdo. È lecito esprimersi in modo così irrispettoso verso una religione?, ci si chiede. Nicolas Cadène dell’Osservatorio francese della laicità ha ricordato la legge in materia: «Si può insultare una religione, ma non le persone a causa della loro appartenenza religiosa». Ma questo di certo non basta per placare gli animi.

La procura di Vienne (Isère) ha annunciato l’apertura di due indagini, una per identificare gli autori delle minacce ricevute dalla ragazza, l’altra contro la ragazza accusata di «provocazione all’odio nei confronti di un gruppo di persone, a causa della loro appartenenza a una razza o una determinata religione». Quest’ultima, nel frattempo, è stata archiviata. E della prima si potrà fare ben poco, vista la difficoltà di risalire alle persone nascoste dietro gli schermi dei loro computer.

Marine Le Pen, leader di Rassemblement National, ha difeso Mila dicendo: «Quello che ha detto Mila è la rappresentazione orale di Charlie Hebdo. Possiamo trovarlo volgare, ma non si può accettare di condannarla a morte, in Francia, nel ventunesimo secolo». L’evento è stato un assist a chi ritiene pericolosa, o quantomeno problematica, una presenza così incisiva di musulmani sul territorio francese (ricordiamo che l’Islam è la seconda religione nel paese).

Ad essere intervenuto è stato anche il ministro della giustizia, Nicole Belloubet, il quale commentava il filmato della ragazza nei termini di un «attacco alla libertà di culto», salvo poi correggersi e scusarsi. A quel punto, e cioè la settimana scorsa, è intervenuto il presidente francese, Emmanuel Macron: «La legge è chiara: in Francia abbiamo il diritto alla blasfemia, alla critica della religione. Nel nostro paese la libertà di espressione è protetta, così come la libertà di blasfemia». E la moglie, Brigitte Macron: «Si può parlare e ridere di tutto, non esiste un argomento tabù».

Ma c’è chi non la pensa così. Secondo un sondaggio commissionato proprio dalla rivista satirica Charlie Hebdo, i francesi sarebbero spaccati a metà: 50 per cento a favore al diritto di blasfemia e 50 per cento contrari. La questione è più complessa di quanto si pensi.

Un presunto diritto alla blasfemia sembra essere un semplice e retorico slogan politico più che una presa di posizione ponderata — oltre che un palese controsenso, specialmente in un mondo dove l’hate speech (moda liberal di derivazione americana) viene sempre più condannato. In linea teorica, i “discorsi d’odio”, réclame progressista anche qui in Italia, dovrebbero includere qualsiasi insulto a qualsiasi religione.

E inoltre: cosa sarebbe successo se gli insulti di Mila avessero avuto come obiettivo l’ebraismo? Facile intuire l’eventuale reazione pubblica. E se invece fossero stati rivolti contro il cristianesimo? Con tutta probabilità nessuno ne avrebbe parlato, e il silenzio intorno a quel video avrebbe fatto sedimentare l’opinione là espressa come senso comune, una ovvietà quasi. E se, da ultimo, gli insulti fossero stati rivolti contro la comunità LGBT e contro la sua filosofia non-binaria del genere (gender)? In questo caso è verosimile presumere una condanna unanime.

Ma al di là del (poco entusiasmante) dibattito sulla blasfemia, ciò che dà da pensare è che oggi, in Francia, una ragazza di 16 anni sia sotto scorta per aver espresso una propria idea, giusta o sbagliata, impulsiva o meditata. C’è qualcosa di sbagliato in tutto ciò.

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