Le necropoli di via degli Orti e la storia che ritorna

Le necropoli di via degli Orti e la storia che ritorna

Daniele Ferrara

Le necropoli di via degli Orti e la storia che ritorna

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venerdì 28 Febbraio 2020 - 08:03

L'intera valle del Camaro fino alla via la Farina è stata una grande necropoli. Le tombe ritrovate nell'isolato 96 sono l'ennesima prova di quanta ricchezza archeologica c'è

Si scopron le tombe,si levano i morti…

Il ritrovamento di sei tombe di periodo ellenistico nell’isolato 96 fra via Cesare Battisti e Via degli Orti ha riportato alla ribalta l’interesse per le antichità peloritane, tuttavia facendo apparire la necropoli come una novità – erroneamente, ora vedremo. Ci siamo rivolti, per avere delucidazioni, allo storico Franz Riccobono, che per lungo tempo è stato impegnato nella ricerca archeologica in città e in particolare conosce bene gli scavi della necropoli (riportiamo in corsivo le sue constatazioni e le sue memorie).

Necropoli nella valle di Camaro

L’intera valle del Camaro fu interessata fin da epoca preistorica come destinazione d’uso a necropoli. Non si tratta di una ipotesi ma di una constatazione visto che da via La Farina (ex-mercato ortofrutticolo) a viale Sanmartino (isolato 135), a via Cesare Battisti (Casa dello Studente), piazza Cairoli (ex-albergo Venezia) e via XXVII Luglio (isolato 172) sino alla parte mediana della valle e cioè al viadotto ferroviario, tutta l’area è stata occupata da una smisurata necropoli, costituita ai margini dell’abitato circostante il porto. In tale ambito l’attuale asse di via Cesare Battisti si presenta intermedio tra la parte alta e la parte bassa dell’antica foce del torrente Zaera o Camaro.

Le mura meridionali cingevano Messina nella fascia poco oltre il porto e, com’era usanza già in quell’epoca, le necropoli venivano disposte all’esterno della cinta difensiva. Essendo poi la pianura a Sud del centro storico un’area alluvionale, la città non si è mai espansa in quella direzione, e proprio a causa delle continue alluvioni si sono prodotte le varie stratificazioni della necropoli stessa, che permettono così d’esplorare le varie epoche.

La tomba di Largo Avignone

Curioso il fatto che secondo alcuni storici locali il toponimo Camaro deriverebbe dal termine camarelle o camerette che potrebbero essere identificate con le tombe a camera ricorrenti in quest’ambito di cui esemplare rimane in situ la monumentale sepoltura di largo Avignone sotto la scalinata della caserma Zuccarello; tomba a camera che costituisce ancor oggi in un certo senso l’epicentro di questa necropoli che oltre in estensione si caratterizza per la sistematica sovrapposizione delle sepolture stratificatesi nel corso dei secoli a partire probabilmente dal VI secolo a.C. per arrivare quasi al V secolo d.C..

Ma la presenza di molte tombe in quell’area non è nota solamente da un cinquantennio: in realtà già alla fine del diciannovesimo secolo il professor Giacomo Tropea aveva stigmatizzata l’importanza della necropoli da lui definita sicula ma in realtà ellenistica in cui furono ritrovati ricchi corredi funerari (con ciste in bronzo, sculture e vasi di vario tipo).

Scavi per oltre 30 anni

Meraviglia quindi la sorpresa nell’aver ritrovato delle banali sepolture (quando non una semplice inumazione del corpo nella nuda terra senza protezione alcuna) nell’isolato 96 lungo l’asse della via Cesare Battisti (antico dromo) quando nel terreno attiguo per quasi trent’anni si sono svolti scavi da parte della Soprintendenza, quando a largo Avignone permane fortunosamente – ancorché chiusa alla fruizione – la monumentale tomba a camera unica nel suo genere in Sicilia e nel Meridione d’Italia, quando appena più a sud l’isolato 73 ha restituito tutta una serie di monumenti funerari il più cospicuo dei quali è stato in parte rimontato nella rampa di accesso del Museo Regionale di Messina. Un inciso: poco distante, in prossimità dei servizi igienici del museo stesso giacciono in attesa di migliore destino gli elementi in trachite di Lipari di ben sei tombe prefabbricate di tipo eoliano provenienti dagli scavi a suo tempo seguiti dal professore Tropea, fondatore della Società Messinese di Storia Patria.

Questa grande necropoli vide nel corso del ‘900 interventi di scavo da parte di archeologi dello spessore di Pietro Griffo, Paolo Orsi e il grande archeologo francese Georges Vallet che negli anni ‘50 eseguì sistematici scavi lungo l’asse dell’attuale via Santa Cecilia, scavi che dettero luogo alla fondamentale pubblicazione Rhégion et Zancle. Un altro importante asse dell’area a necropoli di cui parliamo fu l’attuale via Santa Marta nelle cui adiacenze furono fatti nel corso del tempo più ritrovamenti e tra questi va ricordato il cratere decorato a figure rosse esposto oggi nella sezione archeologica del Museo Regionale.

La necropoli non è nuova

Insomma, la necropoli non è una nuova scoperta, a meno che non si voglia intendere che quelle particolari tombe erano coperte e adesso non più, certamente. Tuttavia, molto di più ci sarebbe da scavare e da trovare – sempre col dovuto rispetto. Si tratta, purtroppo, di una situazione difficile, giacché l’area è già edificata ed è arduo creare un’area archeologica visitabile; arduo, ma non impossibile!

Gioiello della necropoli è, e permarrà (fatta salva la scoperta di più monumentali sepolture), la tomba a camera del IV secolo a.C. preservata a Largo Avignone – nel cui scavo nel 1971 intervenne attivamente il Gruppo Archeologico Codreanuripulita nel 2017 ma non ancora aperta alle visite.

Ringraziamo Franz Riccobono per il contributo come sempre esaustivo e interessante; fotografie tratte dal suo volume La storia ritrovata. Dieci anni di ricerca archeologica a Messina.

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