"Lino Bitto non faceva il giornalista di mestiere, lui "era" giornalista. E sapeva ascoltare"

“Lino Bitto non faceva il giornalista di mestiere, lui “era” giornalista. E sapeva ascoltare”

“Lino Bitto non faceva il giornalista di mestiere, lui “era” giornalista. E sapeva ascoltare”

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domenica 24 Luglio 2016 - 07:09

"Non basta scrivere in un buon italiano per essere un bravo giornalista". Nelle parole della nostra collega Emanuela De Domenico un piccolo ritratto ed un ricordo di Lino Bitto, "giornalista d'altri tempi", cronista attento e di grande esempio per tutti noi.

Ciao Lino,

Stanotte ti ho sognato. Eri seduto al tavolo di una onirica cucina blu. E sorridevi, preparando dei biscotti. Al limone. In fondo è così che ti voglio ricordare; con i capelli che profumano di biscotti. Che eri bravo e buono lo sanno tutti, non c'è bisogno di proclami. Ma per me eri di più perché possedevi un dono: riuscivi ad insegnare la bravura e la bontà. Non è da tutti. Giornalisticamente sono un tuo prodotto. Non dimenticherò mai le tue facce sconvolte se chiamavo in redazione e non avevo il numero preciso dei mezzi coinvolti, ad esempio, in un incidente a Boccetta, o il tuo serafico stupore una sera, all'ultimo "giro di nera" in cui ti comunicavo " hanno gambizzato un professore."

Un "capo" normale avrebbe urlato, e fatto fuoco e fiamme. Tu sorridevi, e con la voce calma e convincente spiegavi il perché un numero di macchine in un incidente è importante e perché il ferimento di un professore dell'università era una notizia da prima pagina. Io a quel tempo non lo sapevo, ero convinta che per "fare" la giornalista bastasse sapere scrivere in buon italiano. Ma non è così, un discreto italiano lo possiamo ostentare tutti, ma solo pochi hanno il talento per diventare giornalisti, e tu lo hai avuto. Tu eri giornalista, non facevi il giornalista.

Per questo durante la mia carriera, sono stata apprezzata perché anche al più scarso convegno, noioso, lungo ed inutile, io rimanevo sempre fino all'ultimo. Per sentire se qualcuno aveva anche una sola parola interessante da dire. Una frase che avrebbe fatto del mio articolo un pezzo migliore. Un pezzo con l'anima anche se parlavi di economia. Perché il tuo grande talento, nel lavoro e nella vita, infondo era questo: ascoltare. E ascoltavi chiunque, e con un pó di rabbia, permettimi di dirlo, forse sei stato permeato troppo dai problemi del mondo, degli altri, dall'ossessione di risolverli. E ad un certo punto hai messo da parte te stesso. Forse avresti dovuto essere un pó più egosista, ma lo so, non era da te…Voglio ricordarti felice mentre cucini dolci al cioccolato e pizze per i tuoi amici; voglio ricordarti sulla tua XT 600, voglio ricordarti sempre orgoglioso della tua famiglia. Voglio ricordarti altruista ed empatico. Voglio ricordarti come in una sera d'estate, assieme a Lorella, Francesco e Giulia, sotto la cometa di Hale Bopp, la stessa che adesso ti porterà dove hai sempre sognato di andare.

Emanuela De Domenico

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