Operazione "Vivaio", decisi dalla Corte d'Assise un ergastolo, 16 condanne e quattro assoluzioni

Operazione “Vivaio”, decisi dalla Corte d’Assise un ergastolo, 16 condanne e quattro assoluzioni

Operazione “Vivaio”, decisi dalla Corte d’Assise un ergastolo, 16 condanne e quattro assoluzioni

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mercoledì 28 Marzo 2012 - 19:19

Inflitto dalla Corte d'Assise di Messina il carcere a vita per Aldo Nicola Munafò così come richiesto dai Pm Giuseppe Verzera e Francesco Massara. Al centro del processo l'operazione dei Ros che nel 2008 fece luce sulla gestione dei principali appalti e subappalti da parte del clan dei barcellonesi che, secondo l’accusa, controllava e gestiva le discariche di Mazzarrà Sant'Andrea e Tripi. Nel corso della guerra di mafia all'interno del clan fu ucciso Antonino Rottino.

E’ arrivata alle 19,15 la sentenza di primo grado del processo scaturito dall’operazione Vivavio. L’inchiesta, condotta dai Carabinieri, il 10 aprile del 2008 portò all’arresto di 15 persone per associazione mafiosa finalizzate alle estorsioni. La Corte d’Assise (presidente Salvatore Mastroeni) ha così deciso: Carmelo Bisognano 10 anni, Bartolo Bottaro 2 anni, Tindaro Calabrese 24 anni, Antonino Calcagno 2 anni, Agostino Campisi 14 anni, Salvatore Campanino 8 anni, Alfio Giuseppe Castro, 15 anni, Aurelio Giamboi 2 anni, Cristian Giamboi 2 anni, Sebastiano Giambò 14 anni, Aldo Nicola Munafò ergastolo, Michele Rotella 12 anni, Thomas Sciotto 2 anni, Nunziato Siracusa 14 anni, Carmelo Salvatore Trifirò 12 anni, Giuseppe Triolo 2 anni. Assolti Maria Luisa Coppolino, Salvatore Fumia, Giacomo Lucia, Stefano Rottino.
La Corte d’Assise ha inflitto l’ergastolo a Munafò come chiesto lo scorso 2 marzo dai pubblici ministeri Giuseppe Verzera della Dda e Francesco Massara della Procura di Barcellona. I due PM avevano chiesto diciassette condanne per complessivi 170 anni di carcere e tre assoluzioni.
Al centro dell’indagine condotta dai carabinieri del Ros la gestione dei principali appalti e subappalti da parte del clan dei barcellonesi che, secondo l’accusa, controllava e gestiva le discariche di Mazzarrà Sant’Andrea e Tripi. Un business da decine di milioni di euro che aveva assunto dimensioni enormi nella fascia tirrenica della provincia di Messina. Naturalmente gli imprenditori che si rifiutavano di sottostare al ricatto subivano pesanti minacce ed intimidazioni o danneggiamenti nei cantieri.

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