Messina, un giorno in prima linea nel cuore dell'emergenza. Viaggio nel reparto covid del Policlinico INTERVISTA

Messina, un giorno in prima linea nel cuore dell’emergenza. Viaggio nel reparto covid del Policlinico INTERVISTA

Carmelo Caspanello

Messina, un giorno in prima linea nel cuore dell’emergenza. Viaggio nel reparto covid del Policlinico INTERVISTA

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sabato 01 Gennaio 2022 - 07:10

Il professore Versace: "Vi spiego come è cambiata la pandemia in città. Dopo il 18 dicembre tre giorni d'inferno: adesso i posti letto, anche in Terapia intensiva, sono saturi"

di Carmelo Caspanello

L’intervista al professore Antonio Versace

MESSINA – Sabato 18 dicembre è la data che segna la svolta dell’emergenza covid a Messina in seguito all’impennata di casi e ricoveri. L’ultimo di tregua della quarta ondata. I tre giorni seguenti al reparto di Medicina d’urgenza del Policlinico diretto dal professore Antonio Versace, interamente covid, sono un “inferno”. I ricoverati, giovani e meno giovani, aumentano fino ad occupare la totalità dei posti letto. Il clima tra i degenti resta “sereno” in virtù della
professionalità di medici, infermieri ed operatori socio-sanitari, in prima linea da due anni, che lavorano a ritmo serrato. Giorno e notte. La loro presenza tra gli ammalati è costante, per le terapie ma anche per dare conforto. Il tempo di chi ha bisogno di ossigeno, attaccato agli “alti flussi” o, in sub intensiva, alla “maschera”, scorre lento. Nella coscienza di essere ad un bivio. Le situazioni più critiche riguardano i non vaccinati. Dietro l’angolo c’è la Terapia intensiva. Altro reparto in cui i ricoveri sono aumentati sensibilmente (ieri i posti letto occupati al Policlinico erano quindici ed altri sette al Papardo). A complicare il tutto, l’assenza di anestesisti, che di fatto rende l’Intensiva colma, malgrado la possibilità di avere a disposizione ancora qualche altro posto letto. In merito al ricovero al reparto covid c’è un fattore fondamentale da prendere in considerazione: il tempo. Da non perdere nel momento in cui si constatano le complicanze di una malattia che se non curata adeguatamente rischia di essere devastante.

DALL’ALTRA PARTE DELLA BARRICATA

Per due anni, insieme ai colleghi di Tempostretto, ho raccontato attraverso questo giornale la Pandemia a Messina: il lockdown, il quotidiano “rosario” di dati con i casi di positività, i disagi burocratici, le ospedalizzazioni e, purtroppo, anche i lutti. Abbiamo puntualmente evidenziato l’importanza del vaccino per scongiurare gravi conseguenze in seguito alla positività. E quanto altrettanto importante sia il rispetto delle regole per contenere il contagio. Che non ha risparmiato nemmeno il sottoscritto. Al contrario dei miei familiari, che hanno avuto un decorso asintomatico, per me si è reso necessario il ricovero in ospedale, che ha scongiurato gravi conseguenze. E così, il 14 dicembre, e per diversi giorni, sono passato dall’altra parte della “barricata”. Ed è lì che ti rendi conto che una cosa è raccontare l’emergenza e
i suoi freddi numeri da giornalista, un’altra è vivere e vedere con i tuoi occhi cosa accade in un reparto covid; condividere giorno e notte le ansie, le emozioni, le preoccupazioni e le gioie dei pazienti; osservare il lavoro svolto
con spirito di abnegazione da medici, infermieri e Oss. A volte stanchi, ma che mai si tirano indietro. Il momento, a Messina come altrove, è delicato. Abbiamo fatto il punto sulla situazione della Pandemia in città con il professore Antonio Versace. Il direttore dell’Unità operativa semplice dipartimentale di Medicina d’urgenza del Policlinico di Messina, reparto interamente covid, “fotografa” l’emergenza, in particolare nelle ultime settimane. E lancia un appello ai messinesi.

Professore Versace, com’è cambiata la pandemia nella nostra città nell’ultimo mese?

“Dopo il 18 dicembre abbiamo avuto tre giorni d’inferno. Adesso si continua a ritmi serrati. Va evidenziato che già nei mesi scorsi abbiamo avuto al Policlinico un’alta percentuale di pazienti ricoverati in terapia intensiva, in controtendenza alla media nazionale, ma meno pazienti nei reparti di degenza ordinaria o in sub intensiva da me diretta (anche in questo caso in controtendenza al trend nazionale)”.

La variante Omicron fa meno paura?

“Vanno chiariti due concetti fondamentali. La variante Omicron ha la stessa capacità di sviluppare la polmonite interstiziale, come le altre. E’ molto più contagiosa. Diciamo che Omicron dà meno effetti nocivi perché colpisce i giovani che, se vaccinati con seconda e terza dose, possono negativizzarsi in poco tempo, anche grazie alla loro risposta immunitaria. Il secondo concetto da chiarire è che non raggiungeremo mai l’immunità di gregge in quanto parliamo di un virus a Rna, che muta. Ciò significa che se sono stato infettato a settembre, ad esempio, posso riprenderlo a marzo dell’anno successivo. Quindi dobbiamo concentrarci sulle cure, sulle vaccinazioni ed avere fiducia nella scienza: ci sono migliaia di persone che stanno studiando…”.

Rispetto allo scorso anno, al Policlinico di Messina, avete nuovi strumenti? Mi riferisco agli “alti flussi” ed ai monoclonali in particolare. Come state affrontando la quarta ondata?

“Parliamo di presidi utilizzati e collaudati nel corso dell’ultimo anno di Pandemia, anche quando abbiamo avuto il picco dodici mesi addietro. La ventilazione del paziente con polmonite interstiziale da Sars cov 2 si fa a step in base ad un esame che è fondamentale, l’emogasanalisi, che misura le percentuali di anidride carbonica e di ossigeno che il paziente ha nel sangue. Siamo molto avanti e siamo standardizzati a quello che si fa in tutto il mondo. Per quanto concerne gli alti flussi, parliamo di ossigeno riscaldato e umidificato che dà una pressione positiva (viene spinto all’interno dei polmoni) e molto spesso ci evita di andare avanti con ventilazioni più invasive: casco, “maschere” (che spesso gli anziani non tollerano), intubazione orotracheale. Subentra anche un aspetto umano, in questo delicato contesto, che noi cerchiamo di curare al pari dell’aspetto sanitario”.

Quali sono le caratteristiche e le condizioni di chi giunge al ricovero?

“Approfitto della circostanza per lanciare un messaggio. Come dicevo prima, rispetto alla media nazionale abbiamo avuto più ricoveri nelle terapie intensive. E ciò è successo perché i pazienti sono rimasti troppo tempo a casa.
Parlo di pazienti gravi, che hanno anche fatto ossigenoterapia in maniera scriteriata. Non devono rimanere a casa in quelle condizioni. Questo è fondamentale, vitale: quando un paziente giunge in ospedale tardivamente è destinato purtroppo a ventilazioni più aggressive, va incontro a rischi maggiori. Posso al contempo dire che pazienti senza patologie, senza multimorbilità, che abbiano avuto problemi importanti fino ad oggi non ne ho visti”.

Il suo reparto continua a rimanere covid, al contrario di quanto si ipotizzava ad inizio dicembre. Qual è al momento la situazione?

“E’ una situazione particolare. Il covid è diventato per certi versi una malattia come le altre. E bisogna dare la giusta importanza a tutte le malattie. La Medicina d’urgenza nasce grazie all’intuizione dei vertici aziendali per i pazienti ad alta intensità di cura e non soltanto quelli che hanno il covid. Purtroppo, il Policlinico sta supportando e sta tenendo in piedi tutta la provincia di Messina per quanto riguarda l’emergenza. Per questo motivo, dove ci sono medici con specifiche competenze bisogna utilizzarli per curare i pazienti con problematiche maggiori ed in questo momento il covid è il problema più importante che abbiamo. Non ci sono più posti di terapia intensiva e quelli di degenza ordinaria stanno per essere tutti occupati, tant’è che l’Azienda si sta attivando per aprirne altri. Aspettiamo indicazioni
dall’assessore regionale”.

A livello regionale, su oltre 800 ricoverati, 8 su 10 non sono vaccinati. I dati, per quanto riguarda Messina, sono simili?

“E’ così anche da noi. Otto su dieci non risultano vaccinati. Su questa domanda che lei mi ha fatto si dovrebbe discutere parecchio. Bisogna vaccinarsi, lo abbiamo detto e lo ripetiamo. E dobbiamo rispondere anche a
quanti ci dicono: io da vaccinato mi contagio… Sì, è vero. Ti contagi ma non muori di Covid”.

A Messina i positivi sono oltre 4mila. Considerati questi numeri ritiene che a gennaio e febbraio le strutture sanitarie possano “collassare”?

“Il sistema, se il trend è questo, rischia di collassare, avremo bisogno di altri posti e altri presidi ospedalieri. Noi prendiamo pazienti da Mistretta a Taormina, entroterra compreso. Quindi forse bisogna pensare ad altri reparti da
destinare al covid”.

E’ d’accordo con le ultime misure restrittive adottate dal Governo, sono necessarie?

“Io non sono un opinionista. Si parla tanto sui media e forse ciò è sbagliato. Quanto stabilito credo sia stato vagliato con attenzione e devo dire che sono d’accordo”. Il professore Antonio Versace ha chiuso l’intervista con l’augurio ai messinesi, essendo oggi il giorno di Capodanno, di “un 2022 di salute e serenità. Invito tutti a vaccinarsi e rispettare le regole: mettiamo le mascherine, sanifichiamo le mani, stiamo a distanza quando siamo fuori e cerchiamo di aiutarci. Noi ci siamo, ci saremo sempre. Aiutateci e vi aiuteremo”.

3 commenti

  1. Grazie di cuore per tutto quello che quotidianamente fate.

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  2. Conosco personalmente il prof. Versace, conosco la sua professionalità e preparazione di altissimo livello. Ha fatto una disamina perfetta e per certi versi sconcertante nei confronti di chi ancora oggi si ostina ad essere no-vax. Faccio i complimenti al prof Versace ed a tutto lo staff che lavora con lui per l’immenso lavoro svolto. Invito tutti a vaccinarsi ricordando che la vita è una sola e va vissuta pienamente in salute.

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  3. Pasquale Brizzi 1 Gennaio 2022 15:37

    Questa intervista e’ un piacere che il 2022 ci regala! Più chiaro di così non si può. Bravo Prof Versace e tantissimi auguri anche a Lei e suoi cari!

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