Morti sul lavoro. "Con soli 63 ispettori la Sicilia è una giungla, si risparmia su salute e sicurezza"

Morti sul lavoro. “Con soli 63 ispettori la Sicilia è una giungla, si risparmia su salute e sicurezza”

Marco Olivieri

Morti sul lavoro. “Con soli 63 ispettori la Sicilia è una giungla, si risparmia su salute e sicurezza”

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mercoledì 05 Aprile 2023 - 13:52

Lucchesi (Cgil): "La Regione attivi il protocollo per avere un centinaio d'ispettori. Nuovo codice degli appalti e precariato favoriscono i rischi"

MESSINA – Francesco Lucchesi (nella foto in basso), componente della segreteria regionale siciliana della Cgil, con delega su salute e sicurezza, che ne pensa della provocazione di Tempostretto dopo l‘ennesima morte sul lavoro? Fermiamo i cantieri, e diamo un sussidio ai lavoratori, fino a quando non saranno consentite le condizioni di sicurezza…

“Una provocazione di forte impatto. Naturalmente ci si scontra con le risorse economiche limitate nel poter dare un sussidio a tutti i lavoratori. Considerando che la stragrande maggioranza dei cantieri e delle aziende non rispettano le norme su salute e sicurezza, e tendono a risparmiare da questo punto di vista sui costi, ci vorrebbe un’enormità di risorse. La leggo ovviamente come una provocazione perché, dal punto di vista dei numeri, questa soluzione sarebbe insostenibile per governo nazionale e regionale. Una provocazione per dare un segnale ma non è questo lo strumento per risolvere i problemi”.

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Come si possono risolvere? Come valuta la situazione a Messina e in Sicilia da dirigente della Cgil?

“Premetto che, bloccando tutto, rischieremmo di fermare l’economia, dato che l’edilizia è uno dei settori trainanti. Con il bonus 110 per cento, hanno lavorato migliaia di lavoratori e aziende, determinando un forte incremento del Pil. Il punto è che non bisogna fermare i lavori ma lavorare in sicurezza, con norme sempre più stringenti. Non si può rischiare di andare a lavorare, per di più spesso con stipendi miseri, e non poter più tornare a casa dalla propria famiglia. La situazione in Sicilia e a Messina è drammatica. In base all’ultimo report dell’Inail, c’è, è vero, un calo di morti e infortuni sul lavoro rispetto ai primi due mesi del 2022. Un calo che è anche legato alla fine dell’incidenza del Covid. L’Inail considerava l’aver contratto la malattia, essersi contagiati, un incidente sul lavoro. Ma la situazione siciliana, ripeto, resta drammatica, con diversi caduti nella provincia di Messina: sette morti dal primo gennaio al 31 marzo 2023”.

Non c’è una reale inversione di tendenza?

“No, di fatto non si riducono gli infortuni sul lavoro nei cantieri”.

La Regione siciliana sta rimediando alla carenza di ispettori del lavoro?

“Gli impegni assunti dalla Regione e dall’assessora Albano, riguardo a salute e sicurezza, e messa in funzione del protocollo sottoscritto dal precedente governo regionale con l’Inl (Ispettorato nazionale del lavoro), non hanno avuto seguito. La Regione ci aveva garantito che avrebbe dipanato gli elementi del protocollo considerati critici, in merito ad assunzioni e risorse da parte sempre della stessa Regione. In realtà, il protocollo fuga ogni dubbio sul ruolo degli eventuali ispettori del lavoro mandati in Sicilia in missione. A mio avviso emerge una netta volontà politica di non dare seguito al protocollo dell’agosto 2022, che avrebbe permesso alla Regione siciliana di avere almeno un centinaio di ispettori del lavoro in più rispetto agli attuali 63. Un numero ridicolo se confrontato alle 360mila aziende, o poco più, dichiarate dalle varie Camere di commercio regionali”.

Ma così i controlli non possono essere molto limitati?

“Un’azienda rischia di essere controllata una volta ogni vent’anni, considerate l’esiguità degli ispettori in Sicilia e le migliaia di aziende nel territorio. La Regione deve agire e rompere l’immobilismo. L’Osservatorio regionale su salute e sicurezza si riunisce in maniera sporadica senza dare seguito agli impegni assunti durante le riunioni. Io giudico la Regione inadempiente su salute e sicurezza. Cgil, Cisl e Uil, insieme, stanno ragionando su una mobilitazione su questi temi”.

Che cosa pensa del nuovo codice degli appalti predisposto dal governo nazionale?

“Il codice peggiora la situazione perché la maggioranza degli incidenti sul lavoro si verifica nel settore dei subappalti, dove la carenza dei controlli e il risparmio dal punto di vista delle risorse sui dispositivi di sicurezza è la norma. Con il nuovo codice degli appalti si rischia d’aumentare gli infortuni perchè si favoriscono proprio i subappalti, che premiano solitamente piccole aziende, prive di risorse economiche importanti da investire in salute e sicurezza. Il rischio è d’affidare a illegalità e mafie l’intera filiera delle costruzioni a partire sia dalle formiture, sia dai servizi, condannando il settore edile alla corruzione”.

In quali settori s’applica il subappalto?

“Specialmente nei settori edili e della ristorazione. Altra conseguenza sarebbe una riduzione dei diritti di lavoratrici e lavoratori, della qualità delle opere e della tutela delle norme di salute e sicurezza”.

Ma, a suo avviso, che cosa occorre fare, data la situazione?

“Occorre rigettare i protocolli sottoscritti dal governo nazionale e dall’Inl con i consulenti del lavoro. Protocolli che prevedono che il consulente possa certificare le regolarità dell’azienda e che i controlli ispettivi debbano essere in modo preventivo concordati con i consulenti del lavoro. Non è difficile immaginare che il consulente risponda all’azienda in quanto pagato dalla stessa. In merito alla regolarità dell’azienda ci vorrebbe, invece, un controllo da parte di un soggetto esterno. Mi pare evidente che si creerà un conflitto d’interessi anche in relazione al ruolo che fino a poco tempo fa ricopriva l’attuale ministra del Lavoro Calderone (presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro dal 2005 al 2022, n.d.r.). A livello nazionale i protocolli vanno rigettati e rispediti al mittente”.

E a livello regionale?

“Bisogna dare seguito al protocollo sottoscritto a carattere regionale. Servono soprattutto, lo ribadisco, più ispettori del lavoro, un elemento determinante per ridurre gli infortuni sul lavoro. Un deterrente fondamentale. In più, l’Osservatorio regionale dovrebbe riunirsi con frequenza e ragionare lì sui problemi e sugli interventi da fare, in una cooperazione fra tutti i soggetti di quel tavolo: Inail, Inps, Regione siciliana, Spresal (Servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro), l’ispettorato del lavoro, i pochissimi ispettori, la guardia di finanza e i carabinieri. Serve un coordinamento delle varie forze ispettive, con una regia regionale, per rafforzare i controlli sul territorio”.

Sono sufficienti queste misure?

“No. In più, bisogna fare formazione e sviluppare la cultura della sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro, a partire dalle scuole. Già prima di lavorare, si deve essere consapevoli che lì dove si lavora si può morire. Acquisire questa consapevolezza sui banchi di scuola aiuterebbe la prevenzione. Sindacati e, dall’interno, i lavoratori devono pure esercitare una forte pressione sulle aziende perché cambi radicalmente l’approccio. Quello della sicurezza deve diventare un patrimonio comune per costringere chi elude queste norme a modificare i comportamenti”.

In generale, che lavoro è quello che si fa in Sicilia?

“La maggioranza dei contratti attivati, più dell’80 per cento a carattere regionale, risultano precari. O a tempo determinato o a partita Iva, oppure contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Questo quadro precario determina una situazione di maggiore sfruttamento e conseguente ricattabilità. Un soggetto che lavora all’interno di un cantiere a tempo determinato, di fronte all’assenza di dispositivi di salute e sicurezza, non chiederà mai che gli stessi gli vengano forniti. Per paura di ritorsioni, in primis per timore che il contratto non gli venga rinnovato. Ha paura di non poter più lavorare e quindi soggiace a tutte le richieste del datore di lavoro, a partire dal non pretendere i dispositivi di sicurezza. Caschetti, scarpe anti infortunistica, le imbragature e altro. Penso a chi lavora sotto al sole e sotto la pioggia nei campi d’agricoltura. La precarietà favorisce gli infortuni sul lavoro. Con 63 ispettori del lavoro, la Sicilia è un Far West, una giungla. Il datore di lavoro preferisce il risparmio nell’immediato, correndo un rischio davvero basso di essere controllato e sanzionato”.

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