Se fossero tra gli amministratori di Messina ogni settimana organizzerebbero un congresso sulla musica classica. Questo il primo punto del programma politico del partito “Mose’s Quartet” composto da Giuseppe Ferraloro (piano), Renata Greco (voce), Renato Candia (basso) e Claudio Daudino (batteria). Li abbiamo intervistati per voi.

Quando è nato il “Mose’s Quartet”? Qual è l’obiettivo della band?

La formazione ha preso vita circa due anni fa e il nostro obiettivo è quello di proporre in chiave jazz brani di musica leggera italiana degli anni ’60. Stiamo pensando anche agli inediti ma per adesso eseguiamo solo brani noti così la gente, conoscendo già le canzoni, inizia ad apprezzare anche il jazz.

Che rapporto avete con la città?

È un rapporto tormentato. Innanzitutto esiste un ambiente poco sano tra gli stessi musicisti: manca la cosiddetta “cultura musicale” e c’è molta rivalità. Il secondo problema riguarda il modo in cui Messina è amministrata. Le istituzioni non danno molto spazio alla musica. Anche se nella nostra città il fermento culturale esiste e ci sono tantissime band si fa fatica a farsi conoscere.

Cosa fareste per risolvere il problema?

Se potessimo organizzeremmo molti incontri musicali. La musica è un linguaggio così come la pittura. Ma mentre un dipinto per essere compreso da chi lo guarda deve essere decodificato, la musica è un linguaggio universale che arriva dritto all’anima. Questi incontri avrebbero anche un’utilità sociale: la musica insegnerebbe alla gente ad aprirsi agli altri ed a collaborare, come all’interno di un gruppo tutti gli strumenti creano armonia solo se si ascoltano e si assecondano. Insomma la musica aiuterebbe le persone a vivere meglio.