Solo due condanne parziali alla fine del processo nato dall'inchiesta sui lavori alle gallerie di A20 e A18
Messina – Si chiude con due condanne e 4 assoluzioni il processo per i sei tra dirigenti del Consorzio Autostrade Siciliane e imprenditori appaltatori coinvolti nell’inchiesta della Dia denominata Fuori dal Tunnel sui lavori nelle gallerie delle autostrade A20 e A18.
Nomi e dettagli
Il Tribunale (presidente Sciglio) ha deciso la condanna ad un anno, pena sospesa, per l’ingegnere Angelo Puccia e per Girolamo Ponzio, dipendente di una delle ditte impegnate nei lavori, ritenuti responsabili di una ipotesi di falso. Per tutte le altre accuse entrambi incassano le assoluzioni. Scagionati gli altri imputati: Alfonso Edoardo Schepisi (dirigente Cas, nel frattempo scomparso), e gli imprenditori Fabrizio Notari della Notari Luigi spa, Saverio Ferrazzano della Tindari scarl e della Capo d’Orlando scarl e Francesco Fundarò, suappaltatore dei lavori alla galleria Sant’Alessio.
Alla scorsa udienza l’Accusa aveva sollecitato condanne che andavano da uno a 7 anni peer le accuse, contestate a vario titolo, di falso ideologico, truffa, corruzione e turbativa d’asta. Il PM aveva invocato anche alcune prescrizioni. Ma il Collegio, sentiti anche gli avvocati Antonio Scarcella, Carmerlo Scillia, Nino Todaro e Vincenzo Alaimo, ha deciso diversamente. Impegnato nel processo anche l’avvocato Nino Favazzo con la Ricciardello Costruzioni, tra le parti civili-
Nel corso degli interrogatori di garanzia, sia i dirigenti del Consorzio che gli appaltatori si sono difesi rivendicando la regolarità delle procedure e respingendo in particolare l’ipotesi di corruzione.
Gli accertamenti sui lavori nelle gallerie Tindari e Sant’Alessio
L’operazione della sezione messinese della Dia è scattata nel luglio 2022 dopo gli accertamenti su alcuni appalti per i lavori alle gallerie, in particolare alla Tindari, Capo d’Orlando lungo la Messina-Palermo, e nella galleria Sant’Alessio sulla Messina-Catania. Lavori affidati malgrado ribassi anomali, in presenza di rilievi sul posto che segnalavano criticità, in cambio di assunzioni.
La prova di queste irregolarità, secondo la Procura di Messina, emergeva dalle carte sequestrate al Consorzio e nelle conversazioni telefoniche intercettate. Una ipotesi che non ha retto al vaglio del dibattimento.
