Senza cordoli di protezione, può succedere che mezzi pesanti e non solo invadono, seppure parzialmente la pista ciclabile
MESSINA – Segnalazione WhatsApp al 366.8726275: “Questa è la nuova pista ciclabile di piazza stazione! Sicurezza pari a zero”.
La foto che ci è stata inviata mostra come sia possibile che qualche mezzo pesante e non solo, nel suo transito possa invadere, seppure parzialmente, lo spazio riservato ai ciclisti. Ne deriva un potenziale rischio per la sicurezza.

Classico esempio di improvvisazione e sciatteria.
E’ semplicemente osceno !!!
Questa foto conferma che non basta “tirare una linea” per fare un progetto, ci vogliono le conoscenze dei luoghi e un minimo di ragionamento.
Anche se saltuariamente la Via Campo delle Vettovaglie è una strada di congiunzione fra l’autostrada calabrese e le autostrade siciliane.
Mi pare che il Codice della strada preveda che sulle autostrade e sulle strade di grande comunicazione (e questa lo è) non possano circolare velocipedi e motocicli di piccola cilindrata.
Credo proprio che questi soldi siano stati buttati al vento, perchè tutti i residenti di Messina e Reggio Calabria sanno che quella è una strada da evitare per la possibile presenza di mezzi pesanti incolonnati per l’imbarco o lo sbarco dai traghetti.
D’altra parte anche la segnaletica di tutta la città impedisce ai mezzi pesanti locali di transitare sulla via Garibaldi o corso CAvour o altre vie del centro, ed indirizza anche il traffico pesante locale sulla cortina del porto e via Campo delle Vettovaglie.
Ragionate!
Se ci fosse un controllo da parte dell’Unione Europea, e tutto ciò fosse bocciato, mi piacerebbe che chi ha creato questi orrori restituisse di tasca propria i soldi buttati così senza ragionare e senza studiare e vedere come sono le piste ciclabili nei paesi civili!
Avevo già scritto ieri le mie perplessità essendo transitato con la mia MTB, troppo stretta e troppo pericolosa. Cosa hanno studiato i progettisti, quali materie in dettaglio? sono mai andati su una bici? Come ha scritto Franco non basta tirare delle linee. Dicono in Calabria braccia rubate all’agricoltura