Incendiarono la villa di chi depose contro il clan Mangialupi, arrestato terzo complice

Incendiarono la villa di chi depose contro il clan Mangialupi, arrestato terzo complice

Veronica Crocitti

Incendiarono la villa di chi depose contro il clan Mangialupi, arrestato terzo complice

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sabato 26 Luglio 2014 - 10:49

Le serrate indagini hanno permesso l’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, da parte del G.I.P., presso il Tribunale di Messina Genovese nei confronti del terzo complice identificato.

Lo scorso 7 maggio avevano incendiato la villetta e la macchina di uno dei testimoni chiave dell’Operazione Refriger, la maxi inchiesta che il 24 giugno dello scorso anno inflisse un duro colpo al clan di Mangialupi con l’arresto e poi la condanna dei messinesi Francesco Turiano, Eugenio Paone, Pietro Coppolino e Domenico Parisi.

La Squadra Mobile di Messina era riuscita subito ad identificare ed arrestare due degli autori degli atti intimidatori, il 30enne Giovanni Panarello ed il 40enne Salvatore Arena. Adesso, a distanza di pochi mesi, giunge il terzo arresto, quello di Giuseppe Arena, pluripregiudicato di 34 anni, sul cui capo grava l’accusa di incendio aggravato di abitazione. Indagini serrate che hanno permesso agli uomini della Mobile di risalire, anche grazie alla visione delle immagini del sistema di videosorveglianza, alla definitiva identità del terzo responsabile. Il ragazzo si trova adesso rinchiuso nel carcere di Gazzi.

LA STORIA. L’Operazione Refriger scattò lo scorso 24 giugno e condusse all’arresto del 28enne Francesco Turiano, conosciuto come Nino Testa, del 29enne Pietro Coppolino, del 44enne Pietro Coppolino e del 24enne Domenico Parisi. Le indagini della sezione Criminalità Organizzata avevano svelato l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e armi.

Due, in particolare, i maxi sequestri effettuati nei mesi precedenti che avevano spinto gli investigatori a ritrovare un filo conduttore e chiudere definitivamente il cerchio. Il primo avvenne il 14 gennaio 2013. Quel giorno gli agenti ritrovarono e sequestrarono un vero e proprio arsenale: una pistola mitragliatrice, tre pistole semiautomatiche, due revolver, una penna pistola artigianale, un fucile automatico calibro 12 modello Breda, un panetto di tritolo di quasi mezzo chilo, un cilindretto di tritolo di quasi 50 grammi, un migliaio di munizioni anche da guerra, un chilo di polvere da sparo e due chili di marijuana.

Il secondo, invece, avvenne il 7 febbraio dello stesso anno. Ad Acqualadroni, in un tratto di spiaggia a ridosso del muro che delimita la passeggiata del lungomare, ad una profondità di circa 40 cm dalla superficie, gli agenti ritrovarono una pistola mitragliatrice, due pistole semiautomatiche, tre pistole a tamburo, circa duemila munizioni di vario calibro, oltre a quasi 16 kg di eroina e 1 kg e mezzo di cocaina. Solo di recente il Gup ha inflitto ai quattro arrestati una pena totale di 46 anni di carcere. (Veronica Crocitti)

2 commenti

  1. Alla base sta una condizione sociale molto disagiata e accresciuta con la cultura dell’illegalità in quanto unica soluzione per far forte alle necessità odierne.

    No carcere sbagliato,

    Ci vorrebbero dei collegi anche per persone più grandi dove di insegna un lavoro una base familiare ecc…

    L’arresto è inutile!

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  2. Alla base sta una condizione sociale molto disagiata e accresciuta con la cultura dell’illegalità in quanto unica soluzione per far forte alle necessità odierne.

    No carcere sbagliato,

    Ci vorrebbero dei collegi anche per persone più grandi dove di insegna un lavoro una base familiare ecc…

    L’arresto è inutile!

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