I dettagli dell'ordinanza: Barrile ruolo chiave. Episodi e intercettazioni

I dettagli dell’ordinanza: Barrile ruolo chiave. Episodi e intercettazioni

Marco Ipsale

I dettagli dell’ordinanza: Barrile ruolo chiave. Episodi e intercettazioni

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venerdì 03 Agosto 2018 - 04:19

Due filoni d'inchiesta. Nel primo è sempre presente l'ex presidente del Consiglio comunale, nel secondo l'imprenditore milazzese Vincenzo Pergolizzi

L’ordinanza cautelare firmata dal giudice Tiziana Leanza riguarda due filoni distinti. Il primo nei confronti di undici persone: Marco Ardizzone, Emilia Barrile, Sergio Bommarito, Francesco Clemente, Angela Costa, Daniele De Almagro, Antonio Fiorino, Giovanni Luciano, Vincenzo Pergolizzi, Carmelo Pullia e Leonardo Termini. Gli episodi e i reati sono diversi, tutti tra il 2016 e il 2017, ma compare sempre l’ex presidente del Consiglio comunale, Emilia Barrile. Con lei c’è quasi sempre il commercialista Marco Ardizzone, indagato anche per avere abusivamente detenuto due pistole. “Io ne ho due di quelle cose – racconta in un’intercettazione, riferendosi proprio alle armi -, la prendo e l’appoggio sul tavolino. Loro erano quattro, seduti nella stanza, metto da bere e gli ho detto ‘il Signore, quello che ci stiamo bevendo, che porti bene per tutti e che non ci porti acido’”. Uno dei quattro è il pregiudicato Giancluca De Cesari, uomo in contatto con temibili contesti di criminalità organizzata, al quale “estorce” la cessione di un immobile. “Ti offro 110mila euro – gli ho detto -. Come, l’altra volta 120? – mi ha risposto -. Te ne offro 110, te lo ripeto. Siamo andati dal notaio, mio cognato e mia moglie se la sono intestata al 50 %”.

In una intercettazione la Barrile dice ad Ardizzone: “Io mi rendo conto che sono un personaggio un po’ importante a Messina e questa cosa un po’ mi sorprende. Vado negli uffici e le cose me le fanno, la gente si vuole mettere all’attenzione,. Se io per esempio a tante persone non le vedo, loro minchia proprio mi salutano, gente che prima non mi cacava proprio, mi temono un pochino. Rispetto a un anno fa è ancora di più e vedo che ogni giorno aumenta”.

Secondo il giudice, “è indubbio che le emergenze indiziarie attribuiscono alla Barrile la veste di protagonista centrale”. E il fatto che non sia più presidente del Consiglio comunale non annulla “il rischio che l’indagata reiteri delitti della stessa specie, anche in considerazione dell’ampio bacino di consenso raccolto nell’ultima tornata elettorale”.

LA NASCITA DELL’OPERAZIONE

Tutto nasce dall’operazione “Tekno”, in cui era indagato l’imprenditore Francesco Duca, per prebende ad un funzionario del Cas per aggiudicarsi appalti. In diverse conversazioni, Duca indicava il dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di Milazzo, Francesco Clemente, come coinvolto in traffici sugli appalti pubblici insieme agli imprenditori Mollica, coinvolti in diversi procedimenti penali.

Da qui sono emersi i rapporti tra Clemente e l’imprenditore Pergolizzi e, subito dopo, della Barrile. Tra gli strumenti “di cui l’indagata si avvaleva per rafforzare il suo bacino clientelare – si legge nell’ordinanza – era una holding di patronati dislocati tra la città e la provincia, dai quali ricavava importanti risorse economiche, anche finalizzate alla crescita di consenso elettorale”. Tra le persone vicine alla Barrile, spicca la figura di Marco Ardizzone, personaggio dai preoccupanti trascorsi criminali, che cogestisce le cooperative interessate.

LA PALAZZINA DI VIA SAN SEBASTIANO/VIA FELICE BISAZZA – BARRILE, ARDIZZONE, CLEMENTE e PERGOLIZZI

Pergolizzi e Clemente erano interessati alla vendita di un terreno comunale, per poi realizzare una palazzina in via San Sebastiano ad angolo con via Felice Bisazza, a Messina. La Barrile, con la complicità di Ardizzone, ne ha “sollecitato sistematicamente la trattazione presso gli uffici competenti, dando la garanzia che, nel caso fosse necessario il passaggio della pratica in Consiglio Comunale, sarebbe stata approvata, anche tramite escamotage irregolari, che lei suggeriva e tali da consentire di approvare la pratica, benché non fosse possibile una regolare imputazione contabile dell’entrata derivante dalla vendita dell’area comunale”. E, se fosse necessario, si rendeva “disponibile a presentare strumentali interrogazioni consiliari, per censurare l‘operato dell ‘assessore competente e del ragioniere generale del Comune”. “Dopo l ’approvazione della delibera di cessione dell’area, interveniva presso i vari funzionari comunali per velocizzare l’iter relativo al rilascio della concessione edilizia e delle altre autorizzazioni necessarie, accompagnando Pergolizzi, il suo factotum Elio Cordaio, e l’intermediario Clemente, presso gli uffici interessati, facendo pressioni affinché i progetti fossero visionati dai funzionari, prima delle valutazioni inerenti all’approvazione, ottenendo suggerimenti ed indicazioni per modifiche progettuali e correzioni, in modo da avere certezza dell’approvazione”.

In cambio, da Pergolizzi, otteneva promessa di sostegno elettorale e che, nei lavori di realizzazione della palazzina, sarebbe stata coinvolta un’impresa a lei vicina.

IL CENTRO COMMERCIALE AL PAPARDO – BARRILE, ARDIZZONE, CLEMENTE e FIORINO

La Barrile, sempre con la complicità di Ardizzone e Clemente, ha sollecitato anche la trattazione delle pratiche per il costruendo centro commerciale sul viale Papardo, di interesse di Antonio Fiorino, che accompagnava personalmente negli uffici interessati. Si era resa falsamente portavoce di consiglieri di quartiere e aveva fatto pressioni e false allusioni sui responsabili degli uffici “perché le fornissero informazioni riservate sullo stato delle pratiche” di iniziative imprenditoriali concorrenti a quelle di Fiorino, tentando di ostacolarle”.

Ancora “accedeva abusivamente al sistema informatico del Comune di Messina, relativo ai dati anagrafici, ottenendo informazioni riservate che forniva a Fiorino”. Se i dipendenti comunali si rifiutavano, lei minacciava ripercussioni.

In cambio, otteneva la “solita” promessa di sostegno elettorale, l’assunzione di più persone nelle attività di Fiorino e la corresponsione di contributi economici in favore della squadra di pallamano dove militavano le sue figlie.

Barrile e Fiorino anche hanno indotto un dipendente comunale a farli introdurre abusivamente nel sistema informatico, protetto da misure di sicurezza, costituito dai registri anagrafici comunali, effettuando accertamenti di interesse di Fiorino, concernenti la situazione anagrafica e familiare di Tindara Aiello, dipendente del gruppo Fiorino dal 2001 al 2016, che aveva fatto causa dopo essere stata licenziata per aver usufruito della legge 104, indebitamente secondo Fiorino, legittimamente secondo la Aiello.

Infine, Fiorino era preoccupato per l’apertura di un supermercato Maxi Sidis in via Carlo Botta, traversa di via Tommaso Cannizzaro, nei locali ex La Via Lattea Euronics, dove da anni a pochissima distanza esiste un altro supermercato Despar, di proprietà appunto di Fiorino. La Barrile, su sollecitazione di Fiorino, aveva contattato diversi funzionari e dirigenti, sollevando dubbi di diverso tipo sulla regolarità dell’operazione. Ma aveva sempre ricevuto in risposta che era tutto in regola. E infatti, dopo qualche tempo, il Maxi Sidis ha aperto proprio lì.

LA GARA PER LA PULIZIA NEGLI IMMOBILI AMAM – BARRILE, ARDIZZONE, LUCIANO e TERMINI

In concorso tra loro e con altri soggetti non individuati, hanno turbato la gara per l’affidamento del servizio di pulizia degli immobili dell’Amam (importo di circa 100mila euro) aggiudicata alla cooperativa Universo e Ambiente.

L’ex presidente dell’Amam aveva chiesto con urgenza di vedere presso la sede la Barrile e Ardizzone si era ancora una volta arrabbiato: “Sì ma è pure sbagliato il fatto che tu vada là! Va bene, fai come vuoi. Prima se li faceva lui i problemi e ora non dice niente? Gli dici, quando tu finisci, pure a mezzanotte, passi da casa mia e mi suoni. Speriamo che non vi mettono le cimici, che qualche volta, come si dice a Messina, va mettunu ‘nto culu cu tutti i cugghiuna. Sempre là sei. Perché vai là? Io magistrato ti faccio una domanda. Vai a parlare col presidente. Eh. E dove risulta? Mi fa vedere una richiesta di accesso agli atti ufficiale? Non pensate che le persone sono coglioni e che noi solamente siamo i furbi. Perché non è così eh!”.

Termini aveva segnalato alla Barrile che la sua cooperativa non era inserita nell’elenco delle ditte di fiducia da invitare alla gara e si era adoperato per inserirla, così come Giovanni Luciano, che aveva ottenuto di includere anche un’altra cooperativa riferibile alla Barrile, la Peloritana Servizi, e quindi togliendo il posto a un’altra impresa che avrebbe potuto essere invitata alla gara. Anche una terza ditta, la Dual Power Impianti, di proprietà di Giuseppe Cardile, risultava vicina alla Barrile. Delle cinque imprese ammesse, solo tre presentavano un’offerta, due delle quali, vicine alla Barrile, con un ribasso molto simile per tagliare fuori l’altra.

VILLA BOMMARITO e i RAPPORTI TRA FIRE e AMAM – BARRILE, ARDIZZONE e BOMMARITO

L’ex presidente del Consiglio comunale, insieme ad Ardizzone, ha sollecitato agli uffici comunali anche la velocizzazione di una pratica per la ristrutturazione di Villa Bommarito, dell’omonimo proprietario della Fire, Sergio, in via Consolare Pompea a Ganzirri. Il Comune aveva inizialmente chiesto oneri di urbanizzazione per 17mila euro, poi, dopo l’interessamento della Barrile, erano diminuiti a 6mila 700 euro. La somma precedente, è scritto in una successiva comunicazione del Comune, “risulta errato a causa di un mero errore di calcolo riportato nel conteggio effettuato”.

Inoltre la Fire si occupava del recupero crediti per conto dell’Amam e pretendeva alcuni pagamenti dall’Azienda acque, secondo il cui presidente, Termini, non erano dovuti. Allora la Barrile ha più volte pressato Termini, dicendogli che Bommarito era disposto a pagarlo, per sbloccare questi pagamenti alla Fire (VEDI PEZZO A PARTE).

In cambio di tutto ciò, la Barrile ha ottenuto migliori condizioni economiche e la stabilizzazione lavorativa per Angela Costa, collaboratrice presso l’impresa di Bommarito e prestanome della Barrile nel ruolo di amministratore della cooperativa Peloritana Servizi, e ancora la promessa dell’assunzione della figlia Stefania Triolo come funzionaria alla Banca di Credito Peloritano, di cui Bommarito era azionista, e un contributo economico in favore della “solita” squadra di pallamano. “A me serve la stabilizzazione di quella – dice -, sennò poi le cose all’urbanistica cominciano mi si rallentano”.

Il giudice Tiziana Leanza, “pur sussistendo i gravi indizi di colpevolezza” nei confronti di Bommarito, ha ritenuto che “non ricorrono i presupposti di legge per l’applicazione della misura cautelare” e ha revocato la misura dell’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria. “Tale episodio – scrive -, sebbene significativo dello spregiudicato modus operandi della Barrile, e che rappresenta un indicatore sintomatico di possibili comportamenti corruttivi che non hanno, tuttavia, trovato in seno all’indagine i riscontri necessari per assumere valenza di puntuali contestazioni, non rientra, infatti, tra le condotte specificamente ascritte all’indagato nel capo di imputazione oggetto di disamina”.

LE COOPERATIVE – BARRILE, ARDIZZONE, LUCIANO, CLEMENTE, COSTA e PULLIA

Hanno preso parte ad un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più reati contro la pubblica amministrazione, a favore delle solite due cooperative, “Universo e Ambiente” e “Peloritana Servizi”. Le direttive erano di Barrile e Ardizzone, l’esecutore Luciano, che è intervenuto sugli uffici dell’Amam per turbare le gare. Costa era prestanome nella cooperativa Peloritana Servizi (ma non sussistono elementi per qualificarla come facente parte dell’associazione), mentre Pullia reprimeva proteste e rivendicazioni dei lavoratori della Universo e Ambiente, con intimidazioni e irruenza di soggetti criminali ai quali la Barrile faceva favori. Clemente, infine, faceva da tramite con imprenditori per ottenere vantaggi economici e politico-clientelari.

In un caso, la Barrile aveva favorito una parente del boss Pippo De Leo, sollecitando al Comune alcuni lavori in una casa popolare da lei occupata abusivamente. Nonostante questo, la donna si era mostrata particolarmente insistente e maleducata, allora Ardizzone aveva detto alla Barrile di “servirsi” di Pullia per frenarla. Così come in un altro caso in cui un tale all’epoca ai domiciliari pretendeva un pagamento per un lavoro svolto dalla moglie in cooperativa, subito messo a tacere. Ma la moglie di Pullia si lamentava sia con Ardizzone sia con la Barrile per il ruolo affidato al marito, che poteva provocargli altri guai giudiziari: “Se succede qualcosa a Carmelo, tu e l’altra aviti cazzi i cacari cu mia”.

IL SECONDO FILONE DELL’INCHIESTA: PERGOLIZZI E LE SUE SOCIETA’

Il secondo filone dell’inchiesta riguarda altre sette persone: Michele Adige, Carmelo Elio Cordaro, Vincenza Merlino, Stefania Pergolizzi, Sonia Pergolizzi, Teresa Pergolizzi e Vincenzo Pergolizzi. Quest’ultimo, titolare delle imprese messinesi Peredil e Costesom, ne attribuiva la proprietà a terzi, compresi gli immobili costituenti il patrimonio sociale, per evitare misure di prevenzione.

Il 12 ottobre 2012 il Tribunale di Messina aveva confiscato il patrimonio di Vincenzo Pergolizzi ma il 7 dicembre 2015 la Corte d’Appello di Messina ha revocato la confisca. Il 14 settembre 2016 la Cassazione ha annullato il provvedimento della Corte d’Appello e ha trasmesso gli atti alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, dove il procedimento è ora pendente.

Nel frattempo, tra il 2016 e il 2017, su indicazione di Vincenzo Pergolizzi, Cordaro ha acquisito le quote di maggioranza della Peredil da Stefania Pergolizzi e ha ceduto alla Ergi Costruzioni di Torregrotta, intestata a Michele Adige e Teresa Pergolizzi, sei immobili a fronte di un debito inesistente di 70mila euro, poi ancora un immobile e sei posti auto per 90mila euro, infine altri due immobili per 5mila euro.

La Peredil ha poi ceduto a Vincenza Merlino due appartamenti con quattro posti auto e sette depositi a fronte di un debito inesistente di 280mila euro.

Alla Costeson, riconducibile alle due figlie Sonia e Stefania Pergolizzi, l’immobile di via Nardi, a Milazzo, dove ha sede la stessa società, per un prezzo di 20mila euro a fronte di un valore di almeno 110mila euro. Poi altri tre immobili, uno a Messina, uno a Torregrotta e uno a Gualtieri Sicaminò per soli 23mila 600 euro, come penale per non aver adempiuto all’impegno di trasferimento di un immobile nel 2010.

La Costeson, a sua volta, ha ceduto alla Ergi un terreno di duemila metri quadri a Roma al prezzo di 82mila euro più iva.

Per evitare di far pagare tasse sui redditi alle società Peredil e Costeson, simulavano vendite e acquisti di questi immobili o facevano altre frodi su questi beni e sulle quote societarie, per rendere inefficaci le riscossioni coattive.

2 commenti

  1. SaltaLaMacchia 3 Agosto 2018 10:48

    Una volta si chiamava Verminaio.
    Che schifo di gente.

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