Cercansi enti italiani e stranieri disposti a prestare 1.000 miliardi di euro

Cercansi enti italiani e stranieri disposti a prestare 1.000 miliardi di euro

Giovanni Mollica

Cercansi enti italiani e stranieri disposti a prestare 1.000 miliardi di euro

domenica 24 Giugno 2012 - 16:34

Dobbiamo scegliere tra 25 anni di recessione più o meno lenta e una traumatica uscita dall'euro. Ma nessuno dice questa semplice verità

Il 16 Novembre dello scorso anno il Governo Monti si è insediato alla guida del Paese. Era facile prevedere che la sua forza sarebbe andata scemando al passare delle settimane (Tempostretto 16.11.2011), mentre sarebbe cresciuta nei nostri eroici parlamentari la tentazione di riappropriarsi di un potere che raramente, nella storia delle democrazie occidentali, è stato usato così male (id.). In quei drammatici giorni, la speranza di ogni persona di buon senso era che il nuovo premier presentasse immediatamente un ampio e radicale programma di riforme, da accettare o respingere a scatola chiusa. Chi lo avesse respinto si sarebbe assunto la responsabilità del tracollo.
Purtroppo, le cose sono andate diversamente. Dopo l’intervento d’urgenza sulle pensioni – l’unico realmente efficace, ma anche una mazzata per i più deboli – e l’introduzione dell’IMU, la Casta ha “lavorato ai fianchi” il premier, annacquando i (pochi) provvedimenti proposti e paralizzando le iniziative che avrebbero danneggiato gli interessi di bottega di partiti e parlamentari.
Incuranti dei pericoli ai quali, con le loro beghe, espongono il Paese
.
Così, non sono cambiati i rimborsi elettorali; non sono stati fatti i tanto attesi tagli alla spesa pubblica – l’obiettivo dichiarato è ridurli di 4-5 miliardi su 700: un insignificante 0,57% -; ridicole le liberalizzazioni; niente riforma di una giustizia lentissima, che dissuade gli investitori più coraggiosi (soprattutto stranieri); siamo condannati a tenerci le Province e a pagare tanto i megastipendi dei grandi manager pubblici quanto le telefonate degli amministratori locali. E tanto, tanto altro.
Insomma, i privilegiati storici l’hanno fatta franca ancora una volta.

Questa verità è sotto gli occhi di tutti ma resta l’impressione che il teatrino della politica impedisca ai cittadini di vedere quello che effettivamente ci aspetta. Tra campionati europei di calcio, vergognose intercettazioni, furti e furtarelli di esponenti di tutti i partiti, politici e pifferai sfruttano l’alibi della cattiveria di Frau Merkel per nascondere la loro totale mancanza di idee su come uscirne.
I cittadini sembrano non rendersi conto che i partiti li stanno portando al macello.

Forse è il caso di riflettere un po’ su quel che il futuro prossimo riserva a noi e ai nostri figli.
Da qui alla fine dell’anno l’Italia avrà bisogno di rinnovare prestiti per 100 miliardi e, nei prossimi 3 anni, per 1.000.
Se non riacquisteremo la fiducia dei mercati, non ci sono prestiti di BCE o FMI che bastino.

Se, come ormai pare sempre più probabile, Monti – pur essendo qualche spanna migliore di tutti gli altri – non riuscirà a cambiare l’immagine del Paese, abbiamo poche possibilità di restare nell’Eurozona. Ma, anche se Monti – a dispetto dell’incoscienza dei partiti – riuscisse nel suo difficilissimo intento, dovremo sopportare 20 o 30 anni di recessione. Un’intera generazione vedrà abbassarsi il suo tenore di vita.
Non è una previsione campata in aria: Carmen e Vincent Reinhart, in una puntigliosa ricerca condotta sui Paesi che, dal 1800 in poi, hanno accumulato un debito pubblico superiore al 90% (quello dell’Italia è del 123%), mostrano come l’inizio della ripresa non sia mai arrivato prima di 23 anni, con un calo degli indicatori del benessere pari al 30%.

Senza voler sembrare Cassandre, lasciamo ai politici il compito di nascondere la verità.

Perché è ormai evidente che la Germania non consentirà ai Paesi mediterranei di riesumare la vecchia politica del deficit spending. Per la semplice ragione – come già detto un paio di mesi fa – che la situazione così com’è le va benissimo: Frau Merkel vede arrivare fiumi di capitali in fuga dai Paesi mediterranei; si finanzia a un tasso negativo; le esportazioni crescono grazie a un euro tenuto debole dai Paesi a rischio; è riuscita a paralizzare il suo concorrente più agguerrito nel settore manifatturiero (l’Italia); le banche tedesche (Bundesbank in testa) procedono speditamente nella vendita dei titoli pubblici traballanti (anche italiani) – e proprio da ciò derivano gli alti tassi su BTP, Bonos & C. che ammazzano i nostri bilanci -; ha ripetuto infinite volte che non intende garantire i debiti degli altri (con gli eurobond) …
L’inettitudine dei Paesi mediterranei europei, contrapposta alle straordinarie qualità teutoniche, continuano a dare prosperità e ricchezza alla terra di Wagner e Sigfried. Perché mai dovrebbe cambiare rotta?

Il paradosso è che politici e commentatori nostrani, in maggioranza, discettano sul tema con una superficialità da bar Sport.
Mentre altri illustri opinion maker, in vena di autofustigazione tafazzian-savonarolesca, strillano che la colpa è solo nostra, cittadini di un Paese popolato da cialtroni, evasori fiscali, mafiosi e incapaci. Trascurando il particolare che, se così fosse, per avere qualche speranza nel futuro, dovremmo attendere i tempi lunghi di un’improbabile mutazione genetica.
Per altro verso, uscire dall’Eurozona significa andare incontro ad anni di gravissima crisi sociale. Una specie di dopoguerra senza Piano Marshall. Solo dopo (forse) le cose potrebbero migliorare – come è accaduto per l’Argentina e come avviene per Paesi tipo Svezia, Polonia, Romania, Islanda, che appartengono all’Unione europea pur restando fuori dall’area euro – ma non possiamo esserne sicuri considerate le profonde differenza che ci dividono. E, sia chiaro, crisi sociale vuol dire vedere l’Esercito presidiare banche e centri commerciali.
Tra i nostri illuminati leader politici troviamo sostenitori dell’una e dell’altra soluzione, a volte contemporaneamente. In nome del realismo, definito da qualcuno la virtù di coloro che hanno la pancia piena.
Insomma, tutti pontificano dall’alto di privilegi che si sono ben guardati dal ridurre.
Concludendo, nessuno ha il coraggio di proporre un programma di riforme credibile, equilibrato e, soprattutto, adeguato alle dimensioni dei problemi che abbiamo di fronte. Come meravigliarci, quindi, se cresce il partito di chi vuole mandare tutti a casa? Monti compreso.

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