Authority, la Sicilia non ha presentato osservazioni alla legge. E' la politica del giorno dopo...

Authority, la Sicilia non ha presentato osservazioni alla legge. E’ la politica del giorno dopo…

Rosaria Brancato

Authority, la Sicilia non ha presentato osservazioni alla legge. E’ la politica del giorno dopo…

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domenica 03 Aprile 2016 - 22:05

La Regione Sicilia, nonostante gli annunci di guerra, sulla riforma dei porti non ha presentato alcuna osservazione alla data del 31 marzo, come risulta dalla documentazione della Conferenza Stato Regioni. E' la "politica del giorno dopo" quella della protesta a frittata fatta. Adesso restano 2 mesi di tempo dopo la pubblicazione del decreto per presentare istanza di moratoria.

Chiusa la partita sul’Autorità portuale adesso spetta alla Regione non perdere il treno per la moratoria di massimo 3 anni di autonomia amministrativa e spetta ai messinesi, utilizzare il tempo a disposizione non in chiacchiere ma in fatti.

La vicenda, sotto il profilo politico, merita alcune riflessioni.

Non soltanto il presidente Crocetta era assente alla Conferenza Stato Regioni (in rappresentanza c’era la vicepresidente Mariella Lo Bello) ma la Sicilia è l’unica Regione a non aver presentato le osservazioni al Piano strategico dei porti, così come richiesto.

Il parere emesso il 31 marzo infatti (trasmesso al governo, alle Camere ed al Cinsedo) contiene 2 allegati: il primo è il pacchetto degli emendamenti votati in sede di Conferenza Stato Regioni ed il secondo è la raccolta dei contributi regionali al Piano Strategico dei porti.

Alla data del 31 marzo non risulta alcuna osservazione presentata dalla Regione Sicilia. Risultano infatti i contributi delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana e Veneto. A mancare all’appello sono quindi Sicilia e Calabria (con la differenza che alla Calabria la riforma piace così com’è).

Quel che rammarica non è tanto l’assenza delle osservazioni al Piano logistico ma il fatto che alle roboanti dichiarazioni del governatore dell’8 febbraio sia seguito il silenzio. Crocetta aveva annunciato ricorso per incostituzionalità, ogni forma di battaglia in Parlamento e con il governo che aveva ignorato il suo rango di Ministro. Invece non ha fatto nessuna battaglia nell’unica sede deputata, cioè la Conferenza Stato Regioni, ma quel che è peggio è che fino al 31 non ha presentato alcuna osservazione al Piano strategico dei porti. Chi tace, val la pena ricordare, acconsente. Eppure ha avuto quasi 2 mesi per passare dalle parole ai fatti.

La verità è che dalle nostre parti va di moda la politica del giorno dopo.

Ai nostri politici piace protestare a frittata fatta, salvo poi rimettere l’argomento nel cassetto. Dall’8 febbraio al 31 marzo è trascorso 1 mese e mezzo durante al quale alle dichiarazioni di guerra poteva almeno corrispondere un fatto concreto. Anzi, la Conferenza era stata fissata per il 23 marzo ed è stata prorogata quindi ci sono stati anche i tempi supplementari. Invece il copione messinese prevede la protesta “a salve”, quella quando il pateracchio è fatto ed è facile per tutti lamentarsi.

L’8 febbraio, nel corso della seduta consiliare aperta, voluta da Sicilia Futura e dai gruppi genovesiani, il governatore, alla presenza dei deputati regionali Picciolo, Germanà, Laccoto, Panarello e del sindaco Accorinti ha tuonato contro l’accorpamento con Gioia Tauro annunciando fuoco e fiamme. In realtà anche quella sua e degli altri deputati era una protesta del giorno dopo, perché la riunione di fine gennaio del Consiglio dei ministri che ha portato al varo della norma non è avvenuta in clandestinità ma era nota alla stampa ed all’opinione pubblica da settimane. Non solo, l’accorpamento con Gioia Tauro era noto sin dall’estate 2014, quando fu salutato con favore dall’intera classe politica messinese e regionale e dall’amministrazione. La riforma è stata approvata in Consiglio dei ministri nel gennaio 2016, di acqua sotto i ponti ne è passata e di tempo per opporsi o proporre soluzioni alternative se ne è avuto. Invece la protesta è scoppiata dopo il via libera della riforma, appunto la politica del giorno dopo.

L’8 febbraio comunque ancora non tutto era perduto, perché si è vista una seconda occasione per far valere le ragioni di un’Authority unica, battere i pugni sul tavolo, prima del via libera definitivo. Invece dal 9 febbraio al 31 marzo non è volata una mosca, non una dichiarazione ha fatto seguito a quegli annunci. Solo grazie a CapitaleMessina che in un comunicato ha avvisato del rinvio della seduta della Conferenza Stato Regioni qualcosa si è mosso. Molto poco per la verità, perché neanche Accorinti, che finora sugli scippi e sulle questioni vitali ha seguito la corrente senza mai guidarla, ha pronunciato verbo. Siamo arrivati al 31 senza che Crocetta abbia fatto quanto annunciato. E non è stato sollecitato da nessuno del Pd né di quelli che nei giorni della protesta lo avevano incalzato.

Adesso che è evidente che chi poteva fare non ha fatto, gridare allo scandalo sarebbe imbarazzante. Per fortuna c’è un’altra occasione da non perdere: i 36 mesi al massimo di autonomia amministrativa. Nell’emendamento approvato è previsto che la moratoria è subordinata alla presentazione della richiesta da parte della Regione di competenza. Ecco il testo emendato: comma 2-bis con decreto del ministero delle infrastrutture e dei trasporti possono essere apportate modifiche al fine di consentire d)l’inserimento di un porto di rilevanza economica regionale all’interno del sistema dell’AdSP territorialmente competente, su richiesta della Regione interessata approvata con delibera del Consiglio regionale e)la conferma, in fase transitoria e per un periodo non superiore a tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto dell’autonomia amministrativa di un porto già sede di Autorità portuale, mediante la sua trasformazione in AdSP f)lo spostamento di un porto da una AdSP ad un’altra AdSP su proposta deliberata dal Consiglio regionale della regione sul cui territorio ricade il porto d’interesse e d’intesa con la Regione nel cui territorio ha sede l’AdSP di destinazione.

La richiesta di moratoria deve essere presentata non oltre 2 mesi dall’entrata in vigore del decreto e può essere avanzata solo per i porti che nel triennio precedente abbiamo movimentato, secondo i dati forniti dall’Assoporti e dall’Istat un volume di traffici su base annuale non inferiore a 1,5 volte i valori di cui all’art.6 della legge 84/94 e quindi non inferiore a 4,5 milioni di tonnellate di merci al netto del 90% delle rinfuse liquide oppure a 300.000 TEU.

Un altro emendamento prevede che, decorsi 3 anni dall’entrata in vigore del decreto e d’intesa con la Conferenza Stato Regioni, valutate anche le interazioni tra le piattaforme logistiche e i volumi di traffico può essere ulteriormente ridotto il numero delle AdSP attraverso la loro incorporazione in una o più AdSP.

Speriamo di non perdere anche questa occasione e di non doverci trovare a stracciarci le vesti il giorno dopo…..

Rosaria Brancato

6 commenti

  1. Scusate…l articolo inizia ricordando che la politica messinese e’ sempre stata favorevole quindi la “meraviglia” e’ la fuffa successiva…. Magari nel silenzio stanno trattando le poltrone che e’ quello che per loro conto…per i territori cambierà pochissimo anche finanziariamente …la riforma prevede un obbligo di ripartizione dei fondi dipendenti dal porto che produce e gioia non produce… A lor signori contano le poltrone e stop

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  2. Scusate…l articolo inizia ricordando che la politica messinese e’ sempre stata favorevole quindi la “meraviglia” e’ la fuffa successiva…. Magari nel silenzio stanno trattando le poltrone che e’ quello che per loro conto…per i territori cambierà pochissimo anche finanziariamente …la riforma prevede un obbligo di ripartizione dei fondi dipendenti dal porto che produce e gioia non produce… A lor signori contano le poltrone e stop

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  3. Normalissimo: nessuno dei politicanti siciliani vuol rischiare di vedersi chiusa la porta in faccia alle prossime elezioni. Le candidature passano al vaglio “romano”, chi protesta viene estromesso dalle “vicende politiche” (cioè elezione, assessorati, incarichi di sottogoverno, spartizioni varie, cioè soldi tanti soldi e potere).
    Pagella politicanti siciliani: voto – 9 (pecunia non olet…)

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  4. Normalissimo: nessuno dei politicanti siciliani vuol rischiare di vedersi chiusa la porta in faccia alle prossime elezioni. Le candidature passano al vaglio “romano”, chi protesta viene estromesso dalle “vicende politiche” (cioè elezione, assessorati, incarichi di sottogoverno, spartizioni varie, cioè soldi tanti soldi e potere).
    Pagella politicanti siciliani: voto – 9 (pecunia non olet…)

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  5. SCUSATE,CAPISCO L’INSAPIENZA DI CROCETTA,MA IN PRIMIS A DIFENDERE GLI INTERESSI DI MESSINA DOVEVA ESSERE IL SINDACO FACENDO PRESSIONE SU CROCETTA UNITAMENTE ALA DEPUTAZIONE MESSINESE.CROCETTA PORTA LA CROCE MA GLI ALTRI CHI SONO, SAMARITANI SCALZI?

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  6. SCUSATE,CAPISCO L’INSAPIENZA DI CROCETTA,MA IN PRIMIS A DIFENDERE GLI INTERESSI DI MESSINA DOVEVA ESSERE IL SINDACO FACENDO PRESSIONE SU CROCETTA UNITAMENTE ALA DEPUTAZIONE MESSINESE.CROCETTA PORTA LA CROCE MA GLI ALTRI CHI SONO, SAMARITANI SCALZI?

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