Piramide: la droga dietro un suicidio, la pericolosa complicità dei genitori

Piramide: la droga dietro un suicidio, la pericolosa complicità dei genitori

Alessandra Serio

Piramide: la droga dietro un suicidio, la pericolosa complicità dei genitori

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martedì 10 Dicembre 2019 - 14:39

Il gruppo spacciava anche ai ragazzi delle scuole medie, taglieggiava i minorenni, ma se necessario chiedeva aiuto a mamma

Il dato più inquietante è che gli spacciatori siano giovanissimi, così giovani e già così spregiudicati, e vendono droga pesante a ragazzini ancor più giovani”. Il procuratore capo di Patti, Angelo Cavallo, sottolinea più volte il dato allarmante che emerge dall’operazione Piramide, conclusa oggi dai Carabinieri con l’arresto del “Cubano” e della rete di spacciatori che operava a Patti.

Erano giovanissimi, ad esempio, i tre egiziani che avevano postato su Facebook foto di un festino a base di alcool e droga, lo scorso anno. Quelle foto della cocaina esibita con tranquillità hanno attirato l’attenzione degli investigatori e dando il via all’indagine.

I carabinieri avevano ipotizzato allora, che si trattasse di una gang straniera che riforniva lo “sballo” della movida di Patti Marina. Invece hanno scoperto che gli stranieri erano soltanto dei consumatori e che a tirare le fila era un gruppetto di soggetti locali. Tra questi c’era anche il Cubano, una loro vecchia conoscenza.

Giovanissimi sono anche i clienti del gruppo: spesso anche minorenni, sedicenni e diciassettenni, se non addirittura più piccoli, anche di 13 anni, visto che in diverse occasioni i pusher sono stati notati intorno un istituto scolastico comprensivo.

Giovanissimo era l’adolescente che nel 2018 si è tolto la vita, nel pattese. Probabilmente un consumatore di droghe pesanti anche lui, anche lui nelle mani degli spacciatori, visto che due di loro sono stati intercettati a commentare la notizia, appena riportata dai giornali, rinfacciandosi la responsabilità di avergli venduto la cocaina.

Poco più che adolescente, 17 anni appena, era la ragazzina intercettata a più riprese a chiedere e pagare cocaina e marijuana ai pusher, a ripetizione quasi ossessiva. Non era minorenne, anche, il ragazzino che una volta sarebbe stato minacciato da Gonzalez, Corica e Calabrese, “reo” di non aver pagato 170 euro di “roba”. In due lo hanno inseguito, cercando di buttare giù a calci e pugni la porta dietro cui il malcapitato si era barricato. Per questo episodio i tre sono accusati anche di estorsione in concorso.

E giovanissimi, come detto, erano gli stessi pusher. “Il dato curioso è che malgrado la spregiudicatezza e la scaltrezza che hanno dimostrato – commenta il procuratore Cavallo – erano pur sempre dei ragazzi e non hanno esitato a comportarsi come tali, quando ad esempio hanno fatto ricorso all’aiuto dei loro genitori per evitare i controlli delle forze dell’Ordine.”

Come quella volta che, temendo una perquisizione domiciliare, uno di loro ha telefonato alla madre chiedendole di far sparire quelle “sette storie” che stavano a casa. “Capisco l’affetto genitoriale e la spinta materna a voler proteggere i figli – commenta Cavallo – ma questi silenzi sono complici e pericolosi, invece denunciare significa dare la prima possibilità a questi ragazzi di uscirne”.

“Sono arrivate alcune segnalazioni da insegnanti e adulti preoccupati – racconta il comandante Pezzi – ma episodiche. Gli adulti intorno questi ragazzi, sia nelle scuole che a casa, non sono riusciti a far venir fuori l’allarme per questo fenomeno”.

Giovani spacciatori e clienti, quindi, perciò “smart” i loro mezzi di comunicazione. Pusher e consumatori si accordavano via telegram o whattsapp per lo più, se non addirittura nelle chat dei social. Quando hanno capito di esser finiti sotto la lente degli investigatori, invece, hanno dirottato i loro traffici sulle conversazioni telefoniche vocali, cercando di usare alcune accortezze come i nomi in codice per mascherare lo scambio della sostanza stupefacente

Al mio assistito sono contestati esclusivamente 3 episodi di spaccio marginali , comunque a soggetti maggiorenni che nulla hanno a che vedere con il gruppetto di ragazzini coinvolti nell’indagine, allo stesso completamente sconosciuti. Anche rispetto alla fattispecie estorsiva è doveroso sottolineare che trattasi della contestazione di un concorso morale nel reato commesso da altri e, comunque, sempre nei confronti di persona maggiorenne.“, spiega l’avvocato Antonietta Privitera difensore di Gonzales Perez.

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