L'intervento/ I salari sono troppo bassi e il governo che fa?

L’intervento/ I salari sono troppo bassi e il governo che fa?

Redazione

L’intervento/ I salari sono troppo bassi e il governo che fa?

martedì 20 Novembre 2007 - 12:23

Henry Ford, il mitico fondatore della casa automobilistica americana, così rispondeva a chi si meravigliava dei salari di cui godevano i suoi operai, più alti di quelli pagati dalla concorrenza: -caro mio, ma così io fornisco ai miei dipendenti i soldi per comprarsi le mie macchine-. Questo per dire che le retribuzioni, nell’ambito di un’equilibrata politica dei redditi, sono una componente essenziale dello sviluppo economico per l’effetto che possono determinare sulla crescita dei consumi e della fiducia delle famiglie. E invece negli ultimi anni la politica economica del nostro Paese, è stata ossessionata dalla convinzione che le tendenze recessive si potessero arginare agendo prevalentemente sulla leva delle agevolazioni alle imprese. Dei salari non si è, purtroppo, ritenuto di doversi occupare, lasciando che le aziende utilizzassero la loro progressiva compressione come strumento per contenere gli effetti della perdita di competitività subita a livello internazionale per i pesanti ritardi sul piano dell’ innovazione.

L’indagine realizzata dalla CGIL e resa pubblica ieri da Guglielmo Epifani (nella foto), ha toccato con mano la drammatica riduzione del potere d’acquisto che ha falcidiato in questi anni i salari italiani. Questa constatazione oggettiva arriva a qualche settimana di distanza dall’ autorevole richiamo del Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi che, con la sua energica pacatezza, ha rilevato come gli stipendi nel nostro Paese siano troppo bassi, tra i più bassi d’Europa. Entrambe le analisi argomentano del gravissimo errore compiuto in questi anni dai governi che si sono succeduti: si è pensato molto alle imprese e troppo poco ai lavoratori. Di rimediare a questa strabica visione della politica economica e alle disuguaglianze che alimenta non è stato sinora capace neanche il Governo Prodi. Eppure il centrosinistra in campagna elettorale, criticando aspramente Berlusconi per avere creato un forte squilibrio di condizioni economiche tra le classi sociali, aveva promesso di riportare equità. Chi non ricorda a questo proposito l’impegno a contenere l’effetto del cuneo fiscale sul netto in busta paga, prosciugato dagli oneri tributari e previdenziali rispetto al lordo corrisposto dalle aziende? Si era detto che la sua riduzione sarebbe andata per una parte a beneficio delle imprese e per una parte a beneficio dei lavoratori. Le percentuali non sono mai state definite con certezza, oscillavano a seconda del partito dell’Unione che ne parlava. Fatto sta, comunque, che, vinte le elezioni, il provvedimento a favore delle imprese è stato assunto, mentre i lavoratori ancora aspettano, disorientati dal fumo di una rimodulazione delle aliquote Irpef che non ha portato benefici tangibili, anzi.

Adesso le famiglie italiane, costrette ad affrontare la dura quotidianità con un portafoglio che si alleggerisce sempre di più, vorrebbero non essere più lasciate sole dalla politica, che non dimentica mai di proclamarsi al loro fianco, per dedicare poi il suo interesse a questioni, certamente importanti, come la riforma elettorale, ma che non esauriscono certo il ventaglio delle priorità sensibili per i cittadini.

In questo quadro è essenziale il ruolo del sindacato, che non può limitarsi a svolgere un’azione di studio ma deve recuperare la forza e la lungimiranza della sua azione rivendicativa a beneficio dei lavoratori. Troppi passi indietro sono stati fatti, per garantire il risanamento del sistema paese. Adesso è necessario che il mondo del lavoro ne faccio qualcuno, anzi ben più di qualcuno e ben assestato, in direzione del riequilibrio dei diritti. Su questo fronte è lecito attendersi che il governo di centrosinistra faccia emergere con decisione la sua componente di progresso, dimostrando con iniziative concrete che lo sviluppo non significa soltanto l’incremento del P.I.L. ma anche la crescita della giustizia economica e del benessere sociale.

Pippo Trimarchi

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