Riforma elettorale: chi non la vuole, perché non si farà

Riforma elettorale: chi non la vuole, perché non si farà

Redazione

Riforma elettorale: chi non la vuole, perché non si farà

lunedì 07 Gennaio 2008 - 13:01

Cracolici (Pd): «Invece che i voti si cercano i candidati». Leanza (Mpa): «La partecipazione di molti è un fatto positivo. L'intera coalizione ha detto no insieme a noi»

«Se dipendesse da me, la farei anche subito». Così Antonello Cracolici, capogruppo del Partito democratico all’Ars, commenta la riforma elettorale che, dopo lo stop di questa estate, si è arenata a Palermo e lì rimarrà chiusa nel cassetto, con il risultato che a maggio rivedremo le famose schede lenzuolo. «Sono tra coloro – afferma Cracolici – che pensano che lo sbarramento è una priorità innanzitutto morale. Le elezioni amministrative sono divenute ormai un grande concorso con migliaia di partecipanti e pochi posti a disposizione. Temo però che la vicenda politica non coincida con i miei desideri. Vorrei ricordare che è l’iter della riforma è stato bloccato dai ripensamenti del Mpa, spalleggiato sostanzialmente dall’Udc e alla fine anche da Forza Italia. Dal mio punto di vista rimane una priorità assoluta, ma mi pare complicato che possa giungere a compimento, anche perché non sappiamo neppure se nelle prossime settimane ci sarà un’assemblea regionale (il riferimento è alla vicenda Cuffaro, ndr)». Naturalmente una volta che si è nel ballo, ballano tutti. Quando a Cracolici facciamo notare che il prossimo candidato a sindaco di Messina del Pd Francantonio Genovese pare stia preparando ben cinque liste, lui risponde così: «E’ evidente che se non si cambia la legge, non ci si può scandalizzare che chi si candida a sindaco piuttosto che cercare voti finisca per cercare candidati. La campagna elettorale, ormai, si vice un mese prima delle elezioni, in base al numero dei candidati e delle candidature “pesanti- che si riesce a portare a casa. Finendo per prediligere la quantità piuttosto che la qualità».

La palette dell’altolà l’ha alzata, dunque, l’Mpa su tutti, appoggiata poi da praticamente l’intera maggioranza all’A.R.S., se si esclude Alleanza Nazionale (che invece a Messina è tra i partiti che si sbizzarriscono maggiormente con le cosiddette “liste civetta-). Secondo il deputato e assessore ai Beni culturali Lino Leanza «non ha senso fare una riforma perché già abbiamo una legge elettorale che consente stabilità nei Comuni, dove ognuno può essere rappresentato senza sbarramenti. Questa riforma servirebbe solo ad alcuni partiti per indicare dall’alto le persone stabilite dai vertici. Una riforma si fa a 360°, vediamo cosa succede a livello nazionale e poi se ne parla». La conseguenza, però, è il formarsi di un vero e proprio esercito di candidati. «Dipende dai punti di vista. Per me la partecipazione di molte persone è un fatto positivo, tenendo conto anche del fatto che formare una lista non è semplice. Uno sbarramento del 4%, ad esempio, in un piccolo Comune lo supera chiunque, ma in una città come Messina o anche Catania finirebbe per favorire sempre i soliti 6-7 partiti. Già su base regionale scompaiono partiti come Rifondazione, Nuova Sicilia, Verdi e altri. I problemi locali, invece, hanno bisogno di essere rappresentati da più voci».

Leanza chiude con una battuta con le linee guida del Mpa per le prossime elezioni amministrative di Messina: «Non c’è stato un tavolo perché non c’è più una coalizione. Per quanto ci riguarda, presenteremo un nostro candidato alla massima carica sia del Comune che della Provincia».

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