Trasparenza, questa illustre sconosciuta: il Comune è sempre meno un palazzo di vetro

Trasparenza, questa illustre sconosciuta: il Comune è sempre meno un palazzo di vetro

Trasparenza, questa illustre sconosciuta: il Comune è sempre meno un palazzo di vetro

mercoledì 22 Aprile 2009 - 13:24

I consiglieri comunali lamentano le difficoltà ad accedere agli atti: le nuove disposizioni all'ufficio delibere rallentano tutto. E della pubblicazione su Internet di determine e delibere non se ne parla

«Tutto fa, questa amministrazione, tranne che ispirarsi a criteri di trasparenza». A pronunciare queste parole, durante la seduta di ieri sera del consiglio comunale, è stato Giuseppe Melazzo, esponente del Pdl, che di professione fa l’avvocato e dunque di trasparenza d’atti se ne intende. Per questo lui è uno dei primi, insieme ad un altro avvocato, Felice Calabrò del Pd, a protestare in maniera ufficiale di fronte agli ostacoli che sempre di più trovano i consiglieri comunali nell’accedere alle documentazioni che chiedono.

Proprio Melazzo è uno di quelli che, anche in qualità di presidente di una commissione consiliare tra le più delicate, la Bilancio, chiede più carte e sempre più spesso si trova costretto a solleciti se non a vere e proprie incursioni negli uffici che servono. Ma spesso si trova la porta sbarrata. E’ il caso della richiesta, inoltrata in seguito ad una decisione della commissione da lui presieduta, di una copia di tutte le determine dirigenziali che hanno comportato impegno di spesa. Si tratta di centinaia e centinaia di documenti, richiesta che secondo il segretario generale Filippo Ribaudo è inaccettabile: troppo onerose tutte quelle copie in termini di spese ed impegno del personale. Una risposta censurata dallo stesso Melazzo, che ha portato quest’ultimo a batibeccare con Ribaudo nella seduta di ieri sera.

Diversa l’origine della protesta di Calabrò. Il capogruppo di Genovese Sindaco ha aspramente criticato una disposizione di alcuni giorni fa ai dipendenti dell’ufficio delibere. Da ieri, infatti, tutte le copie, con relative richieste, vanno autorizzate dal dirigente del settore, la dottoressa Provvidenza Castiglia, o in alternativa dal segretario generale o dal vice, non più dal capo ufficio. Il tutto vidimato con un timbro nuovo di zecca arrivato sulle scrivanie dell’ufficio delibere, peraltro con un errore di battitura, che recita così: «E’ copia informale che si rilascia al consigliere comunale Tal dei Tali per l’espletamento del proprio mandato. Ai sensi dell’art. 43 del Testo Unico degli Enti Locali il consigliere comunale è tenuto al segreto d’ufficio nei casi specificatamente determinati dalla legge». Tra questi non rientrano certamente né le delibere, siano esse di consiglio o di giunta, né le determine, in quanto atti pubblici.

Cosa comporta tutto ciò: un consigliere che vuole una copia deve fare richiesta scritta, questa deve essere firmata dal dirigente, dunque si emette la copia dell’atto, lo si vidima col timbro, nel quale va corretta a penna la dicitura -conforme all’originale- con -informale-, la copia viene nuovamente firmata dal dirigente e finalmente consegnata al consigliere. Una lunga trafila che non farà altro che rallentare l’operatività di uno degli uffici più celeri di Palazzo Zanca, quello delibere, che sforna una media di più di quattrocento documenti al mese. Si dirà: ma i consiglieri avranno lo stesso le carte, cosa cambia giorno più o giorno meno? Proprio per questo non si capisce il senso di questa disposizione, così come non si capisce perché addirittura il dirigente, e non più il capo ufficio, debba autorizzare quello che è un sacrosanto diritto di ogni consigliere comunale, come riconosciuto peraltro dalla circolare del febbraio 2003 dell’assessorato Enti locali della Regione Sicilia.

Ulteriore aspetto della poca trasparenza di Palazzo Zanca è stato fatto notare, sempre nel consiglio di ieri, da Nello Pergolizzi del Pdl, il quale ha ricordato l’articolo 18 della legge regionale n. 22 del 16 dicembre 2008, nella quale si legge che «è fatto obbligo alle amministrazioni comunali e provinciali, ferme restando le disposizioni a tutela della privacy, di rendere noti, per estratto, nel rispettivo sito internet tutti gli atti deliberativi adottati dalla giunta e dal consiglio e le determinazioni sindacali e dirigenziali, ai fini di pubblicità notizia», e in più, come recita il comma 2, «è fatto obbligo alle aziende pubbliche (ex municipalizzate) di rendere noti nel rispettivo sito internet tutti gli atti adottati dal consiglio di amministrazione e le determinazioni presidenziali e dirigenziali». Disposizione ribadita dalla Finanziaria 2008, che ha ripreso e rafforzato l’art. 1 della legge 662 del ’96: «Le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso sono tenute a pubblicare sul proprio sito web i relativi provvedimenti completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell’incarico e dell’ammontare erogato. In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo per gli incarichi di collaborazione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto. Copia degli elenchi è trasmessa semestralmente alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica».

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